Eterea

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Guardavo fuori dalla finestra, picchiettando la matita sul banco sbuffando.
Più la professoressa di matematica dava i numeri, più mi veniva voglia di saltare giù dal secondo piano, dove mi trovavo.
Sarà pure un cliché, ma io, la matematica, non la capirò mai.

Annoiata seguo la massa non perdendo di vista il mio obiettivo. Scanso i ragazzi sudaticci reduci da una partita di calcio estremo e le ragazze, troppo preoccupate che un alito di vento scompigli le loro perfette acconciature.
Una mandria di pecore insomma.

Mi affretto verso l'uscita di quell'inferno e respiro profondamente l'aria autunnale.
Giro a destra, poi a sinistra. Scanso altra gente.
Non pensavo fossero in tanti in giro a quest'ora.
Scambio un cenno con qualche viso familiare e poi, finalmente entro in casa.

Mi metto comoda sul divano cercando di capire i piani per il pomeriggio, ma tutto tace.

Arrivo davanti alla sua camera, per fortuna la porta è aperta, e con la spalla mi appoggio allo stipite, incrocio le braccia e sospiro scuotendo la testa.

Sonnecchia indisturbato lui, come se per domani non avesse alcun compito da portare a termine.  A pancia in giù, le scarpe buttate ai piedi del letto, un braccio sotto il cuscino e la bocca dischiusa.

Non potendo resistere mi avvicino e passo una mano tra i suoi capelli. Storce il naso, ma poi si rilassa.
Mi sdraio di fronte a lui e lo osservo.

Dopo tutti i giorni e le notti passati insieme, sono ormai in grado di disegnare ogni più piccola imperfezione, ad occhi chiusi.
La piccola cicatrice sul sopracciglio, il neo sul mento.
Ogni ricciolo che gli ricade morbido sulla fronte e sul collo.

Tutto di lui mi è famigliare, tutto di lui sa di casa.

Prendo il mio quaderno e consumo l'ennesimo carboncino.
Non ne posso fare a meno.
Quando lo guardo le dita iniziano a pizzicare, davanti agli occhi passano tutti gli stili e i colori che potrei usare per ritrarlo.

Negli anni  quel pizzico si è diffuso lungo le braccia, le spalle, giù per il petto, e ahimè ha intaccato il cuore.
Anni passati nel silenzio, non un cenno od un azzardo.  Non una parola, o un contatto. Il nulla.

Non mi è permesso in fondo.
Non posso e non devo provare queste cose. Non per lui.

Ma non posso fare altro che pensare che questo ragazzo sarà il mio peccato, la mia dannazione.
Se mai osassi perdere il controllo, ne saremmo macchiati entrambi.

E questo, non posso permetterlo.

angelo
/àn·ge·lo/

sostantivo maschile

~Angelo custode, protettore divino assegnato a ogni singola persona; fig., chi sta amorevolmente a fianco di qualcuno~

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Scritta in un raptus di 10 minuti.
Fa schifo e lo so.
Foto creata da me usando Pinterest.

Insta per aggiornamenti: likereadbooks14

Allyxx

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