Nono giorno

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Mi sveglio in una stanza in cui non ricordo di essere entrato. Sono seduto su una sedia che è al centro della stanza, davanti a me ci sono tre uomini che mi fissano, indossano tutti una giacca rossa e dei pantaloni della stessa tinta, portano degli occhiali da sole dalle lenti talmente nere che dubito riescano a vedere qualcosa. Nella stanza che è a forma rettangolare non ci sono finestre e non ci sono altri mobili oltre la sedia su cui sono seduto. Faccio per alzarmi ma i miei polsi sono bloccati ai braccioli della sedia con delle cinghie. Cerco di mantenere un tono di voce calmo mentre chiedo: < cosa volete da me? >. I tre uomini rimango in silenzio, immobili, poi, quello al centro inizia a tremare, da prima impercettibilmente, poi sempre più forte e adesso la stanza sta tremando con lui e le luci si spengono e sento un rumore di qualcosa di pesante che si sposta. L'uomo al centro della stanza si è tolto gli occhiali e i suoi occhi sono dei fari rossi. Il rumore si fa sempre più forte e sempre più vicino e io inizio ad agitarmi e muovo la testa a scatti per cercare di capire da dove venga. Il soffitto si sta abbassando. Credo che il loro piano sia che io rimanga schiacciato, cerco di allontanare da me l'immagine della mia pelle perfetta e dei miei muscoli sodi e dei miei splendidi occhi verdi e dei miei denti regolari sfracellati sopra questo pavimento, mi chiedo se qualcuno mi riconoscerà ancora dopo. Inizio a iperventilare e l'eccesso di ossigeno mi fa girare la testa e sento che sto per svenire, cerco con tutte le mie forze di stare sveglio perchè voglio essere presente nel momento in cui cesso di esistere, voglio esserci fino alla fine e adesso il soffitto è a pochi centimetri da me e i tre uomini se ne sono già andati, o forse non ci sono mai stati. Il cemento mi sta toccando la nuca e continua a spingere verso il basso. Sento come il rumore di un uovo che si rompe e qualcosa di caldo inizia a gocciolarmi sulla faccia. Sangue e cervello mi colano sugli occhi e io non riesco più a tenerli aperti, quando schizzano fuori dalle orbite fanno il suono di una bottiglia che viene stappata. Sono ancora vivo anche se il mio cervello mi è colato tutto addosso, mi chiedo come mai sia ancora qui.

Mi sveglio in un bagno di sudore e col fiato grosso, intorno a me tutto è buio, ma so di essere nel mio monolocale, lo so perchè sento il profumo dell'ammorbidente scadente delle mie lenzuola e l'aria ha quell'odore familiare che la stanza prende quando ci passi del tempo dentro. Mi alzo e accendo la luce, fregandome del fatto che Marion possa stare dormendo nel letto a fianco e vado in bagno per farmi una doccia fredda e vedere in che condizioni è la mia faccia. Credo che questo esperimento stia mettendo a dura prova la mia pelle, è visibilmente secca e sotto gli occhi mi sono spuntate delle occhiaie che sono inguardabili, decido che è tempo di tirare fuori il correttore che tengo nascosto all'interno dell'astuccetto in cui tengo lo spazzolino e applico una dose abbondante di prodotto sotto gli occhi e il mio viso si fa subito più luminoso e sano, poi impreco tra me e me perchè mi sono messo il correttore in faccia prima di lavarmi. Entro in doccia tenendo il viso sollevato, ma qualche goccia d'acqua mi colpisce lo stesso e dato che ormai il trucco è rovinato ne approfitto per passarmi sul viso un gel scrub al karitè, al trucco ci ripenserò appena uscito dalla doccia. L'acqua ha un effetto benefico su di me e posso quasi sentire il sudore che si stacca dalla mia pelle e scivola via. Dopo essermi fatto una sega pensando a Catherine esco dalla doccia.

Oggi devo denunciare Matt, ma devo anche fare il bucato e ho deciso che le mie camicie sporche sono più importanti ed è per questo che adesso sono in lavanderia invece di essere davanti ad un poliziotto. La lavanderia è in una stanza rettangolare con pareti bianchissime e delle panchine un po' meno bianche posizionate a casaccio su tutto il perimetro. Le lavatrici sono di nuova generazione, il manuale che sto leggendo dice che se seleziono il programma giusto posso fare lavaggio e asciugatura insieme, il che mi sembra una gran cosa anche se penso che alla fine le camicie usciranno completamente stropicciate e dovrò passare tutto il resto della mattinata a stirarle. Sto andando ad una delle lavatrici che sono ancora libere quando una vecchia che credo sia la stessa della partita di dodgeball e che indossa un vestito nero con delle spalline sottilissime esclama < meno male che sei arrivato tu >, < scusa? > le chiedo io confuso, < tu sei giovane > mi dice e io annuisco, < sai usare queste cose tecnologiche > continua indicando la lavatrice, < non sai usare una lavatrice? > le chiedo io scocciato, < so usare una lavatrice, la mia, quella che ho a casa, questa è diversa, o forse è rotta, non lo so, però non va >, io sbuffo e le dico che non è rotta e che c'è un manuale poggiato sopra ogni panchina, le dico che potrebbe provare a leggerlo, < ma l'ho letto > mi fa lei, < solo che non va lo stesso >. Io sono stufo di sentirla parlare quindi mi metto ad armeggiare con la lavatrice che ha davanti tastando bottoni a caso, senza chiederle che programma vuole usare, tanto visto il vestito che indossa, non credo che tra i suoi panni sporchi ci sia qualcosa di seta. < Vedi che non va > fa lei dopo un po' e io sollevo una mano per zittirla, < mi vai a prendere il manuale? > le dico indicando una delle panchine e lei annuisce con fare serio, non so perchè ma adesso voglio fare andare questa cazzo di lavatrice, quando la vecchietta torna con in mano il manuale ci mettiamo a sfogliarlo insieme, < non è che ci possiamo sedere? > mi chiede quando siamo a pagina cinque, < sono un po' stanca >, io ci penso un po' su e le dico che va bene.

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