I - Via Pietro Bernini, 27
«Io voglio andare da papà!»
Arianna sbuffò facendo sporgere un braccio dal divano. «Io vorrei un miliardo di Euro, invece. E un po' di silenzio» bofonchiò, strofinandosi la fronte con una mano.
«Voglio andare da papà! Voglio andare da papà! Voglio andare da papà!» Sofia aveva iniziato a correre intorno al tavolo al centro del piccolo salotto, cantilenando le stesse parole che si ostinava a ripetere da più di mezz'ora. In momenti simili, Arianna si pentiva amaramente di averle insegnato a parlare.
«Di questo passo Minou perderà la testa» commentò Arianna, osservando il povero pupazzo a forma di gatto che sbatteva contro ogni spigolo si trovasse sulla strada della sua proprietaria.
Sofia si strinse al petto Minou con fare protettivo e pentito, ma non interruppe il suo capriccio. «Voglio andare da papà! Voglio andare da papà!»
Arianna alzò gli occhi al cielo e si mise a sedere con un sospiro profondo ed insofferente. Lanciò uno sguardo ricco di sconforto alla superficie del tavolo ricoperta da pastelli, pennarelli e fogli scarabocchiati in un tentativo di sfogo artistico, allo zainetto aperto ed abbandonato in un angolo della stanza, alle scarpe lasciate sull'orlo della porta ed ai resti di una merendina appoggiati su uno dei mobili. Sofia aveva decisamente preso da suo padre: l'ordine non rientrava nelle sue prerogative e probabilmente nemmeno nel suo vocabolario.
Quando Arianna si alzò dal divano, Sofia si arrestò e spalancò gli occhi color nocciola. «Andiamo da papà?» Domandò speranzosa aprendo le labbra rosee in un sorriso raggiante, che lasciava scoperta una finestrella infantile tra i denti.
«Quante volte devo dirtelo?» Rispose Arianna, appoggiando le mani sui propri fianchi. «Papà sarà a casa tra poco, probabilmente a quest'ora sta già uscendo.»
Sofia si imbronciò e sbatté un piede a terra, facendo rimbalzare la frangetta sulla sua fronte. «Ma io voglio vederlo adesso!»
«Continua a comportarti così, signorina, e non otterrai un bel niente» la minacciò Arianna, puntandole un dito contro con poca serietà. Ormai si era arresa quasi del tutto all'indole capricciosa di quella minuscola peste.
Sofia assottigliò gli occhi, gonfiò le guance paffute ed inspirò a fondo: sostenne per pochi istanti lo sguardo di Arianna, poi riprese a correre intorno al tavolo ripetendo incessantemente la sua pretesa.
L'altra serrò le palpebre, fece per aprire la bocca ed urlare per la frustrazione, ma la suoneria del suo cellulare la riscosse dalle sue intenzioni.
«Ehi, papà...» rispose velocemente, sollevata. Si sedette di nuovo sul divano, giusto in tempo per rimproverare Sofia: nell'impeto della sua corsa aveva fatto vacillare un tavolino all'angolo della stanza rischiando di mandare in frantumi il vaso di girasoli.
«Ciao, fiorellino. Come stai?»
Lei sospirò ancora, assistendo allibita al terremoto che Sofia stava ricreando. «Be', potrebbe essere un tranquillo lunedì pomeriggio, ma qualcuno, qui, ha deciso di rendere le cose un po' più complicate» spiegò, lanciando un'occhiataccia alla bambina che le era appena sfrecciata davanti.
«La piccolina ti sta dando problemi? Dio mio, ma quanto urla?»
«Sono solo capricci: vuole a tutti i costi andare a prendere Jun a lavoro, quindi pensa di poter vincere portandomi all'esasperazione.»
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Il quarto punto
RomanceTorino. La città magica. La città della grandiosa Gran Madre illuminata, dell'onnipresente Mole Antonelliana e del maestoso Castello del Valentino. La città dei famigerati Murazzi, del Po notturno e scrosciante, di Piazza Castello e le sue fontane...