Era una sera fredda e buia a San Pietroburgo: era ormai arrivato Dicembre, ed io, Aleksej Kutusov, stavo tornando a casa dopo una lunga giornata passata alla Borso, dove lavoravo da ben 15 anni, verso la mia cara, vecchia e bella casa.
Era una vecchia villa neoclassica, acquistata finalmente dopo 4 lunghi anni di risparmi; non la avevo comprata perché fosse particolarmente moderna o sofisticata, anzi, era ancora da arredare.
Il vero motivo per cui la comprai era il panorama: tramite una grande balconata, la casa si affacciava sul Piazza Palazzo, alla fine della quale si stagliava il Palazzo d'Inverno, reggia degli Zar di Russia dal 1713, sovrani incontrastati dei terre che si estendevano dallo stretto di Bering al Mar Baltico, dalla Siberia più estrema alla verde Polonia.E
ro davanti al portone della ville, le chiavi in mano, stavo per infilare la chiavi nella sofisticata toppa della serratura, quando sentii dietro di me delle lontane, lontanissime grida... Eppure vicinissime.
Mi voltai di scatto e non vidi quasi nulla. Facevo per rigirarmi verso il portone ma, aggrottando gli occhi e acuminando la vista, intravidi, nel mezzo della piazzaz 5 bambini.Sembravamo delle matriosche, perché andavano diminuendo in altezza e, suppongo, in età: prima le quattro femmime, partendo da una di media altezza, fini ad arrivare alla quarta, che era 2/3 della prima in altezza... E poi il quinto, il ragazzo, il più piccolo di tutti.
Giocavano a palla nel centro della piazza ma... C'era qualcosa che non mi convinceva. Forse il fatto che giocassero a palla a mezza notte passata, da soli, era un perché più che valido, ma il vero motivo della mia inquitudine era il loro abbigliamento: erano vestiti con degli abiti che ad occhio e croce potevano risalire ai primi del secolo scorso, del Novecento.Mi incamminai verso i ragazzi, per chiedere loro dove fossero i genitori e cosa ci facessero in giro da soli a quell'ora della notte. Più mi avvicinavo, però, più notavo un altro particolare... I ragazzi erano quasi trasparenti e anche se mi avvicinavo, le loro risatine sembravamo lo stesso infinitamente lontane.
Continuavo ad avvicinarmi e ad un tratto i bambini si alzarono per correre in direzione del cancello dorato del Palazzo d'Inverno, dove due figur adulte li chiamavano e gli facevano cenno di entrare nella Reggia.
Erano un uomo e una donna: la donna era abbigliata con un abito lungo molto elaborato, eppure di sobria eleganza, un cappello a falde larghe le copriva la chioma dorata boccolosa raccolta in uno chignon estremamente raffinato; l'uomo invece, inspirava autorità. Aveva una tenuta militare nera, con molte spille e uno più grande a forma di stella, sul pettorale sinistro, una fascia rossa gli attraversava il torace dell'ascella destra fino al fianco sinistro, le spallucce dorare estremamente ricche e, sul viso, un paio di baffi alla francese molto folti.Ero terrorizzato, volevo tornare nella mia casa, ma non riuscivo a togliere lo sguardo da quelle figure misteriose.
Contro la mia volontà, lentamente, le seguii, scavalcai il grande cancello dorato del Palazzo d'Inverno e atterrai sul lastricato un attimo prima che quelli che sembravano in tutto e per tutto fantasmi, entrassero nel Palazzo.Li segui su per grandi scalinate di marmo, lungo lunghi corridoi con specchi e quadri, attraversando enormi saloni da ballo e da banchetti che mettevano una malinconia enorme, visti lo stato di abbandono che aveva colpito il palazzo e i suoi abitanti tango improvvisamente...
Arrivai, seguendo le strane figure, in una grande sale vuota, con un grande scala in parquet che portava davanti un enorme, gigantesco quadro che ritraeva la famiglia imperiale russa, signora indiscussa di quel palazzo e di tutte le Risaie fino a quel terribile ottobre del 1917.
Le strane figure ci si fermarono davanti, e poi ci si misero praticamente di fronte, a guardarmi.
Il mio viso sbiancò e le mia gambe iniziarono a tremare senza sosta.
Fu allora che li riconobbi.
Quell'uomo, quella donna, quei bambini... Non erano altro che i fantasmi della Zarina Alexandra, delle Granduchessa Olga, Tatiana, Maria ed Anastasia, dello Zarevic Alessio e dell'ultimo Imperatore e Autocrate di tutte le Russie: lo Zar Nicola II Romanov.
Caddi a terra per il terrore, avevo davanti i fantasmi dei Romanov!
Tentai di articolare qualche minima parola, ma mi morì tutto in gola quando vidi ciò che stava succedendo:
i fantasmi, da che erano in ottime condizioni e quasi umani, ora perdevano quell'aspetto e diventavano spaventosi, la pelle si decomponeva, mostrando quasi le ossa, i capelli e la barba si sporcavano di sangue, sugli abiti immacolati apparivano dei buchi di proiettile, dai quali zampillavano fiotti di sangue, sporcando gli abiti che al contempo si stracciavano. Le loro espressioni mutavano, da che erano dei lievi sorrisi, ora si distorcevano in malevoli e terrificanti ghigni. Ad un certo punto sembrò che si stessero avvicinando a me, sussurrando qualcosa.Preso dal terrore, mi alzai e fuggii, corsi per il palazzo, con gli spettri dietro di me, che sembravano non muovere un passo, eppure erano sempre dietro di me.
Riuscii a correre più veloce e spaccai una finestra, gettandomi giù per scampare ai Romanov.
Non mi devi nulla, solo qualche taglio poco profondo, ma continuai a correre, scavalcai e corsi, corsi e corsi.Il giorno dopo mi recai in una casa di cura, temevo di essere diventato pazzo. Raccontai la storia dell'accaduto allo psicologo, che dapprima si mise a ridere, e che poi disse che sarebbero state necessarie delle analisi per potermi poi dimettere del tutto.
Restai a dormire lì quella notte, non ce la facevo a dormire con la finestra che dava sul quel palazzo degli orrori.
Era notte fonda, ma aprii gli occhi, guardandomi intorno.
Sembrava non ci fosse nessuno, quando ad un tratto, su una poltrona, vidi la figura semi trasparente dello Zar, con un calice di vino in mano, che mi guardava. Quando si rese conto che ero sveglio, si alzò, mi fissò con uno sguardo penetrante e terrificante, e poi alzo il bicchiere brindando: " На доровье " (alla salute).
Socchiusi gli occhi e lo Zar bevve, li di aprii nuovamente e, fra il buoi e la luce, lo Zar cadeva lentamente a terra, colpito da 5 colpi di pistola, sparati da una mano, di cui non si vedeva il propietario.
Richiusi gli occhi... E fu il buio
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На доровье || "Zar's Ghost" || ONE SHOT
ParanormalQuesta è una breve storia che scrissi per un tema a scuola che mi andò particolarmente bene, quindi, spero possa piacere anche a voi