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Dal capitolo precedente:
Non collegavo più nulla, mi sentivo come in una camera piccina piccina, tutta bianca, attorno a me il nulla più totale.
Sentii poi solo una voce prima di svenire.

CHRISTIAN POV'S

Quando aprì gli occhi, non mi fu difficile capire che non ero nella mia camera da letto, anche perché la stanza in cui ero era decisamente molto più bella, quasi lussuosa. Nell'aprile gli occhi e nell'alzarmi con la schiena per mettermi seduto sul letto, constatai che anche quest'ultimo era migliore del mio. Decisamente morbido coperto da lenzuola bianche candide che emanavano un fortissimo odore di vaniglia. Socchiusi gli occhi lasciando che quella fragranza invadesse le mie narici.
Aprii nuovamente i miei occhioni azzurri e mi diedi un'occhiata attorno, per poter meglio ispezionare il posto in cui mi trovavo, non avevo assolutamente nessun ricordo se non l'ultimo che vedeva me rannicchiato in un angolo di quel bagno. Scossi piano la testa e guardai le pareti dipinte di un rosso scuro, quasi bordoux, la stanza non era arredata con chissà quante cose, c'era solo il letto sul quale ero poggiato, che era colmo di cuscini e con un bellissimo piumino a coprirlo, che in quel momento copriva me, e poi c'era un enorme specchio appeso ad una parete con una cornice dorata, quasi pacchiano, avrei definito.
C'era un tappeto per terra a coprire parte del parquet che pavimentata la stanza. C'era una tenda che copriva una finestra dalla quale non trafilava nemmeno un po' di luce, probabilmente era notte fonda. Scossi un po' la testa tra me e me e mi portai una mano alla fronte, non mi era mai capitato di svenire durante un attacco d'ansia anche perché mi era praticamente impossibile dato che la causa di uno svenimento era la pressione bassa, ed un attacco la faceva alzare.
Ma probabilmente il tutto era legato a quella pasticca che Alessio mi aveva convinto a prendere prima di dirigersi alla meta segreta che si era poi rivelata un bordello.
Alessio, chissà dove diamine era finito, lui sapeva che non potevo restare da solo in luoghi affollati. Convivere con degli attacchi di panico dovuti ad idiozie, non era il meglio che potesse capitarmi. In pratica finivo sempre con l'impanicarmi quando mi ritrovavo da solo in posti pieni zeppi di gente e cercavo rifugio in posti isolati. Riuscivo però a cavarmela quando con me c'era qualcuno che conoscevo che cercava di distrarmi, pensare magari ad altro in modo che non mi rendessi conto che ero in mezzo ad una folla di persone.
Ma quando Alessio mi aveva lasciato solo, la visione di tutte quelle persone l'una addosso all'altra, il loro vocifera, mi avevano completamente mandato nel panico più totale ed il fatto che avessi anche bevuto un drink, ed il mezzo che Alessio aveva lasciato, non migliorata affatto la questione, considerando che non ero affatto uno di quelli che reggeva l'alcool. Spesso anche una birra mi mandava con la testa in palla.
"No, ti ho detto che questa notte non voglio nessuno in camera." Sentii una voce roca, mai sentita prima d'ora. Era un suono leggero dato che proveniva da dietro la porta di quella stanza.
Aggrottai le sopracciglia e mi tira in dosso, meglio, le coperte avvertendo un leggero freddo.
"Non mi interessa... Ho avuto un... uhm contrattempo, volevo solo avvertirti. Ci vediamo domani, di a Mike che mi farò perdonare" Probabilmente quella voce parlava con qualcuno per telefono dato che non sentivo altre voci fuori.
Non mi misi a pensare alle parole che erano state espresse, anche perché avevo la testa ancora girante e pensare peggiora a solo le cose.
La porta si aprì dopo che le chiavi si erano girate nella serratura e in qualche modo cercai di coprirmi il viso con le coperte, beccandomi così un occhiata sorpresa da parte del ragazzo che stava facendo il suo ingresso.
"Non voglio ammazzarti" Disse alzando le mani "Piuttosto, tutto okay? Come ti senti?" Mi chiese con un leggero tono preoccupato. Aveva una voce così roca, sexy, mascolina. Mi morsi il labbro inferiore ed abbassa la coperta ed in quel preciso momento sgranai gli occhi nel ritrovarmi proprio ai piedi del letto il riccio che quella sera era riuscito ad ammaliarmi.
Non indossava i vestiti che gli avevo visto in dosso quella sera, aveva una semplice t-shirt bianca ed un paio di pantaloni da tuta, insomma, il tipico abbigliamento da casa. Mi morsi il labbro e qualsiasi parola avevo prima pensato di dirgli, si bloccò in gola non appena incontrai i suoi occhioni verdi. Non era un semplice verde, pur trovandoci in una stanza buia, riuscivo a intravedere -grazie al chiarore della luna che trapelava dalle tende- le varie sfumature di grigio e verde scuro che si sposavano nei suoi occhi a fondo verde chiaro. Ma il peggio arrivò quando sorrise. Labbra carnose, lisce -o almeno così sembravano- larghe, che si incurvavano per fare un sorriso, uno di quelli che anche in una giornata triste riescono a metterti di buon umore, non so se rendo l'idea. Ai lati delle sue guance poi, si erano andate a formare due profonde fossette e dovetti resistere alla tentazione di portare le mie dita li per poter toccarli la faccia, cercando di non sembrare un completo coglione.
"B-bene. Cioè.... È tutto okay." Balbettai piuttosto imbarazzato dopo un paio di minuti in cui mi ero perso a fissargli il viso. Adesso la mia testa era piena era piena zeppa di domande alla quale non sapevo dare risposta, quella che più moriva data curiosità di essere soddisfatta, comunque, era sapere il suo nome.
Il nome di quel ragazzo così fottutamente stupendo che mi stava mandando in tilt il cervello.
E poi come ci ero arrivato lì?
Dove eravamo?
Dov'era Alessio?
Il riccio si spostò da dov'era per andare ad accendere la luce della stanza, giusto per vedere meglio e non appena il lampadario illuminò la stanza, strizza gli occhi per l'impatto improvviso con la luce fredda.
Mi strofinai gli occhi immediatamente ed il riccio fece semplicemente una risata allungandomi un bicchiere con un aspirina al quale, fino a quel momento, non ci avevo fatto caso avesse. Lo ringrazia con un sorriso e aspettami che l'aspirina diventasse un tutt'uno con l'acqua prima di bere tutto d'un sorso quest'ultima.
"Comunque un certo Alessio ti ha chiamato molte volte e inviato una ventina di sms che non ho letto" Mi I formò allungandomi sul letto il cellulare che aveva riposto sul cassettone accanto allo specchio di camera. Afferra immediatamente il mio telefono.
Alessio (15 chiamate perse)
Alessio (24 messaggi)
Deglutii rumorosamente è sbloccati il mio cellulare dopo aver appoggiato il bicchiere vuoto sul comodino alla mia destra.
"Cri, tutto okay? Dove sei?"
"Okay spero tu sia con qualcuno a scopare"
"Cri, sul serio, mi sto preoccupando..."
"CHRISTIAN FERRARI, CAZZO. DOVE SEI?"
Questi erano solo una serie di sms che il moro mi aveva lasciato, gli altri erano piuttosto simili. Sospirai immediatamente e decisi di alzarmi da quel letto, anche perché era piuttosto insolito il fatto che fossi ancora lì.
Il riccio mi guardò alzando un sopracciglio e corrucciò le sue labbra così perfette "È tutto okay?" Mi chiese con lo stesso tono premuroso che nemmeno per un attimo aveva smesso dj usare con me. Questa volta a sorridergli fui io e annui piano.
"Non voglio darti altro fastidio, chiamo un taxi e mi faccio accompagnare a casa. Piuttosto, mi spieghi dove siamo?"
Chiesi piuttosto titubante mentre mi portavo una mano dietro la nuca e mi massaggiavo appena i capelli lisci. "Ah, e grazie..." Esclama allampandò sulle guance, in tutto ciò non lo avevo ancora ringraziato e mi era completamente passato di mente.
Lui scosse piano la testa con ancora stampato in viso quel magnifico sorriso di cui era il solo proprietario e prima che potesse aprire bocca per rispondermi, il suo cellulare Iniziò a squillare e si scusò con lo sguardo prima di aprire la porta ed uscire per rispondere.
Afferra le mie scarpe che erano proprio ai piedi del letto e me le infilati in fretta e furia sentendo un
"Gem, lo so, scusami... No non torno a casa stanotte. No, no Gem... non è un cliente... per favore, ti spiego domani okay? Scusami... Ti prego, scusa scusa scusa, non capiterà più." La sua voce era così dispiaciuta e allo stesso tempo mortificata. Mi morsi il labbro quando lo sentii rientrare e infilarsi il telefono in tasca. Gem, era l'abbreviazione di un nome, Gemma forse?!
Quindi quella non era casa sua, bene, dove diamine ero finito? Con un estraneo tra l'altro. Un brivido mi percorse la schiena e feci un sospiro appena udibile, si stava scusano così tante volte che la curiosità mi stava invadendo ogni minima parte del corpo. Volevo sapere qualcosa di più di quel ragazzo, cazzo.
Poco dopo stacco la chiamata ed entro riposando il telefono da qualche parte, mi guardò con un mezzo sorrisetto.
"Comunque, puoi anche dormire qui, tranquillo, tanto questa è la camera in cui ospito i miei clienti"

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