Quando mi sveglio, il giorno dopo, niente è cambiato. Mi sento ancora confusa e con un forte mal di testa che peggiora man mano che realizzo di non aver recuperato nessun ricordo durante la notte. Avevano detto che serve tempo ma perché così tanto? Il dolore al petto torna a farsi sentire e fatico a respirare.
Mi devo calmare. Devo essere forte e credere che, come ha detto la dottoressa, andrà tutto bene. Dev'essere così perché non vedo alternative. Chiudo gli occhi e cerco di controllare il respiro e il mio battito. Andrà tutto bene.
La Dottoressa arriva verso le undici e appena la vedo cerco di sorriderle in modo da mascherare l'ansia che mi tormenta.
«Ciao, Alessia. Stai meglio oggi?»
Provo a mettermi seduta e appoggiarmi al cuscino ma nel farlo iniziano a farmi male le gambe e faccio una smorfia.
«Più o meno.»
Prende una cartelletta da un comodino e comincia a leggere quello che l'infermiera ha scritto poco fa. Poi la chiude e la rimette al suo posto.
«Hai ricordato qualcosa?»
Come faccio a risponderle? Io ci ho provato veramente. I miei pensieri facevano a gara a raggiungere informazioni a me segrete ma è stato tutto inutile. Non ho ricordato niente. Dentro la mia testa c'è un vuoto assoluto e questo mi fa paura. Scuoto la testa e cerco di trattenere le lacrime che minacciano di uscire.
«Non ricordi nessuna persona? Come si chiama tua madre o tuo padre?» mi chiede come se non ci avessi pensato. Certo che l'ho fatto, forse le lacrime che trattengo sono perlopiù proprio per le persone che mi amano e che potrei addirittura non riconoscere.
«No. Non mi ricordo niente e questo mi preoccupa. Che cosa significa?»
Si siede e mi guarda negli occhi mentre io cerco di evitare il contatto visivo perché non voglio mostrarle come mi sento davvero.
«Alessia, come ti avevo detto ieri, tu hai sbattuto forte la testa nell'incidente ed è già un miracolo che il tuo corpo abbia resistito. Vedi, può succedere che alcuni danni al cervello provochino delle perdite di memoria. A volte sono recuperabili.»
«Ma a volte no» continuo la sua frase.
Lei accarezza la mia mano con la sua e segue il mio sguardo verso la finestra. Fuori sembra una bella giornata.
«L'importante ora è che tu stia bene. Dai tempo al tuo corpo di riprendersi del tutto.» Annuisco e cerco di fissarmelo bene in testa. «Sai chi c'è fuori?»
Scuoto la testa incuriosita.
«È venuto quel ragazzo a farti visita, come ogni giorno» mi dice sorridendo. «Ti va di vederlo? Magari parlargli potrebbe stimolare la tua memoria.»
Non riesco a nascondere l'entusiasmo. È da quando mi sono svegliata che ci stavo pensando.
«Che ne dici, lo chiamo?»
«Sì. Va bene. Forse ha ragione.»
«Perfetto, prova a chiedergli più dettagli o semplicemente fagli le domande che più ti incuriosiscono. Io passo comunque stasera con la mia assistente e magari facciamo dei controlli per vedere e capire meglio come stai. Okay?» Annuisco. «Buona giornata, Alessia.»
Appena la dottoressa esce mi vengono quasi i brividi: sono entusiasta di vedere quel ragazzo, tutto il mio corpo freme di gioia solo al pensiero. Mi si contrae lo stomaco quando entra in camera. È un ragazzo alto e snello ma la sua maglietta bianca non nasconde del tutto la corporatura da fisico allenato. Lui mi guarda e il mondo sembra fermarsi, non so come comportarmi e anche lui sembra confuso come me. Scorgo gli occhi dal colore scuro e profondo.
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Ricordami chi sono
ChickLitDisponibile su Amazon - QUI I PRIMI DUE CAPITOLI Ti immagini di svegliarti in ospedale e non capire il perché? Come ti sentiresti se alla semplice domanda "come ti chiami" non sapresti rispondere? Questo è quello che succede ad Alessia in un ospedal...