Decisioni

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Sedici anni sono troppo pochi per capire le dinamiche della vita. Troppo pochi per affrontare i vari problemi. Troppo pochi per capire i problemi.
Sedici anni sono troppo pochi per prendere decisioni. Decisioni che posso avere conseguenze gravi nella vita.
Ricordo quel giorno come se fosse ieri.
La casa puzzava di caffè bagnato e fumo. C'erano nuvole grigie che infestavano tutta la casa. Mia madre era seduta sul divano, una sigaretta tra le labbra e una bottiglia di vodka tra le mani. Erano le sette del mattino e lei era già sbronza.
"Devi fare la spesa, non c'è nulla in frigo."
Disse cacciando il fumo dalla bocca. L'alito d'alcol si sentiva a distanza.
Indossava un vestito striminzito di colore rosso. Il seno le arrivava in gola  e la vita era stretta da un cinturone nero.
Era vestita ancora come la scorsa notte.
"Quando torno da scuola, vado a comprare qualcosa." Biascicai.
"Ah, la scuola..." sospirò, "Ero un disastro, non avevo mai dei buoni voti."
Spense la sigaretta sul tavolino del soggiorno e bevve un sorso dal collo della bottiglia.
Entrai in cucina. Era una disastro, c'erano i piatti ancora da lavora nel lavandino, le bollette da pagare sparse sul tavolo, e un pacco di biscotti rovesciato a terra.
Vedendo quella scena mi veniva voglia di strapparmi i capelli.
Non avevamo soldi, il conto in banca stava andando in fumo; e mia madre continua a spendere quei pochi soldi per alcol e sigarette, e ovviamente per l'erba.
Da quando Carlo l'aveva tradita per una ragazza più giovane lei non faceva altro he fumare. Carlo era il fidanzato di mia madre, lui la usava per avere un tetto dove vivere e lei invece se ne era innamorata. E da quel punto non fa altro che bere e fumare. 
Avevo bisogno di un lavoro, ma tutte le volte che ci provavo mi ritrovavo delle porte chiuse. Se continuava in questo modo avremmo perso la casa.
Uscì di casa, ma quel giorno non andai a scuola. Andai in una caffetteria, mi sedetti e ordinai una tazza di caffellatte.
Ricordo che quando avevo sei anni mio padre mi portava sempre qui la mattina. Ordinavamo tantissime cose da mangiare e facevamo a gara chi finiva per primo tutto il cibo. Ricordo la sua risata calda che riempiva il locale. Al pensiero mi si scalda il cuore e una lacrima mi scende dagli occhi. Quando c'era lui andava tutto bene.
"Va tutto bene?" Una voce maschile mi fece tornare alla realtà.
Asciugai di fretta la lacrima e alzai lo sguardo. Un ragazzo sulla ventina circa mi guardava con dolcezza.
"Si, sto bene, grazie." Sorrisi.
"perché piangevi?" Chiede
Stavo per parlare ma lui mi interruppe.
"Scusami, sono troppo invadente." Scossi la testa.
"Sei solo stato gentile." Sorrisi.
Il ragazzo si sedette e so presentò.
"Mi chiamo Paul." Mi porse la mano e gliela strinsi timidamente.
"Ambra."
"Hai un nome particolare, mi piace." Disse scrutandomi intensamente.
"Mia madre voleva che avessi un nome non comune."
"E ha scelto davvero bene."
I suoi occhi azzurri non facevano altro che guardarmi insistentemente.
Era un bel ragazzo. Aveva i capelli corti neri e la pelle chiara, aveva due pozze azzurre al posto degli occhi, contornate da poche lentiggini. Era bellissimo.
"A cosa pensi?" Mi chiese. Lo guardai stranita.
"Hai la testa tra le nuvole, ancora brutti pensieri?"
Per essere una persona che non conoscevo era molto interessato a me.
"Scusami, ma è che non è una buona giornata."
"A volte raccontare i propri problemi ad uno sconosciuto aiuta molto. Se vuoi ti ascolto."
Mi piaceva quel ragazzo. E senza pensarci gli raccontai della mia vita e dei miei problemi.
"Quindi avresti bisogno di un lavoro per aiutare in casa?" Domandò retoricamente. Annuì.
"Potrei aiutarti, conosco qualcuno che potrebbe offrirti un lavoro." Mi brillarono gli occhi.
"Davvero?" Annuì.
"Ma non so se ti piacerà."
Rimasi stranita da quella affermazione ma nonostante ciò gli chiesi di aiutarmi.

Erano le sette di sera ed io e Paul ci saremmo dovuti incontrare alla caffetteria. Rimasi ferma lì per almeno un quarto d'ora, poi un auto si presentò davanti ai miei occhi. Era un audi A5 nera opaca. Il finestrino si calò e il volto di Paul fece irruzione.
"Entra che andiamo al locale." Obbedì ai comandi.
Venti minuti dopo co trovammo davanti ad un locale dalle pareti rosse. Entrammo e ci avvicinammo al bancone.
Non c'era ancora nessuno, ma quelle poche persone che erano presenti erano intente ad allestire la sala.
La sala era quadrata, circondati da tavoli rotondi. Le pareti erano di un rosso fiammante e il parquet era di legno scuro. C'era un piccolo palco difronte al bar, e c'erano tre pali grigi. 
Sulle pareti c'erano sparsi quadri in bianco e nero di donne mezze nude.
Stavo iniziando a farmi un'idea di che genere di locale fosse.
"Paul, amico." Un ragazzo alto e moro si avvicinò a Paul e lo salutò affettuosamente.
"Ambra, ti presento Jack, il proprietario del locale." Mi porse la mano.
"Tu devi essere la ragazza in cerca del lavoro." Disse Jack. Annuì intimorita.
Jack era grosso e muscoloso, tanto da ricoprire l'ombra del mio corpo.
"Sai ballare?" Mi domandò.
"Ballare?"
Jack mandò un'occhiataccia a Paul.
"Non le hai spiegato nulla?" Disse rivolgendosi a lui. Paul scosse la testa. 
"Ambra, cerco una ballerina per il locale. Sai che intendo vero?" Disse sottolineando la parola 'ballerina'. Lo capi' perfettamente.
"Posso provarci." Dissi cercano di sembrare sicura di me.
Jack mi guardò interessato.
"Allora proviamoci." Questa volta sorrise. "Ah, e per l'età, dirai a tutti che hai diciotto anni, per la carta d'identità provvedo io."
Sapevo di essermi cacciata in qualcosa di più grande di me e avevo paura, ma avevo bisogno di quel lavoro.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 26, 2018 ⏰

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