Capitolo 1.E inzia tutto così

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Non so se avete presente cosa significa non poter fare qualcosa perché i tuoi genitori non ti permettono di farlo.
E no, non parlo di andare in discoteca o partecipare a feste notturne.
No.
Parlo di decidere quali amici frequentare e quale sogno seguire.
La maggior parte di voi si può permettere di sceglierai la propria migliore amica e di scegliere la risposta alla domanda "cosa vuoi fare da grande?".
Io no. Io non sono come voi.
Io non ho mai scelto nulla che caratterizza la mia vita. Io sono come un malloppo di pagine per i miei genitori e loro sono delle penne e pezzo per pezzo progettano la mia vita. Nei dettagli. Non tralasciano nemmeno un secondo, nemmeno una pausa. Decidono il mio stile e la mia personalità. Come devo rispondere e come devo apparire. Sono come una marionetta e loro sono i burattinai.
Quanto si può resistere così?
Voi resistereste?
Voi riuscireste a reprimere pensieri, idee e sogni?
Ditemi la verità, ci riuscireste?
-
La mia giornata inizia come al solito.
Mi sveglio alle sei in punto grazie al suono irritante della sveglia.
Mi vesto con i vestiti che mia madre ha preparato ieri sera. Poi pettino i capelli e li lego in una coda, come mamma mi ha sempre detto di fare. Lei dice che con i capelli sciolti non sembro seria e che i miei capelli rossi rovinano l'aspetto da "ragazza educata" che mi sono creata. O che ha creato lei. Ma è uguale...
Scendo al piano inferiore e vado in cucina.
«Elisabeth, tieni la tua colazione» esordisce mia madre passandomi un piatto con dentro i pancake. Odio essere chiamata con il mio nome per intero, ma tutti mi chiamano così. Nella mia mente a volte sogno che qualcuno un giorno mi chiami "Ely" o "Beth" o "Betty". Tutto tranne Elisabeth.
Ma ovviamente nessuno lo fa.
Mia mamma e mio padre dicono che è più professionale il mio nome per intero e che mi da più classe ed eleganza. Ovviamente i miei amici, quelli accuratamente scelti da mamma e papà, fanno quello che fanno i miei genitori.
Che cosa irritante!
Mangio i miei pancake in silenzio e nel frattempo le parole di una canzone ascoltata in un locale mi ritornano in mente. Inizio a muovere il piede a tempo di musica.
Ovviamente è una canzone che non hanno scelto i miei genitori. Quando in radio c'è una canzone "moderna" o che non c'entra con i loro gusti, ovvero anche i miei a prescindere, cambiano immediatamente stazione. La mia playlist è stata creata dai miei, così quando qualche giorno fa ho sentito questa canzone dal telefono di una ragazza in un bar ne sono subito rimasta sorpresa. Ricordo la voce maschile calda del cantante. Sarebbe bello sapere il nome di quella canzone, magari la potrei cercare su YouTube di nascosto.
Sorrido tra me e me mentre le parole rimbalzano nella testa come palline da ping-pong. Mia madre mi schiocca le dita davanti agli occhi.
«Elisabeth! Ti vuoi sbrigare? Farai tardi a scuola!» esclama mia madre infastidita.
Annuisci velocemente. Lei afferra la giacca e se la infila con classe, poi mi esorta ad affrettarmi. Mia mamma odia il ritardo.
Salto in macchina e allaccio la cintura di sicurezza.
Il tratto casa-scuola è sempre silenzioso. Mia mamma ha ammesso nostra playlist, più sua che mia in realtà. Tiene le mani strette sul volante. Il rossetto rosso messo a pennello sulle labbra e il trucco impeccabile. Sempre così perfetta, sempre così fantastica in tutto.
Mi lascia davanti scuola. Li la mia amica, quella che mamma ha scelto per me, mi aspetta davanti all'entrata.
«ehi Elisabeth!» mi saluta lei.
«ehi Marianne» le dico sorridendo forzatamente. La verità è che Marianne mi sta molto antipatica.
«questo pomeriggio ti va di venire a studiare a casa mia?»chiede lei.
«ehm, in realtà ho da fare» mento. Ormai sono brava a mentire. Ho mentito tante volte a Marianne. Il fatto è che i pomeriggi a casa sua si posso ridurre a tre parole: studio, studio e ho già detto studio?! Solo questo. Niente chiacchiere. Niente musica. Niente scambi di opinione, idee, pensieri. No. Nulla di tutto ciò.
«ah ok! Non importa. Domani?» ritenta Marianne.
Annuisco poco decisa.
La giornata a scuola non è necessario che ve la racconti.
Scommetto su quello che vi pare che vi annoierebbe a morte.
Per il ritorno a casa solitamente prendo l'autobus, ma oggi, davanti alla fermata il bus non passa. Stringo le labbra e mi stringo nelle spalle. Il freddo mi si scaglia contro le labbra e le screpola. Sbuffo e una nuvoletta di alito congelato esce dalla mia bocca.
Ad un certo punto il mio sguardo si sofferma su un piccolo bar. Un bar che mio padre ha sempre guardato con ribrezzo. Dice che è squallido. Un posto per ragazzini tempisti. Per quanto io sappia che i miei odierebbero l'idea che io ci entri, scrivo un messaggio a mia madre, "l'autobus è in ritardo", ed entro nel piccolo bar.
Quando apro la porta un ondata di calore mi avvolge. Osservo tutte le persone nel locale: il barista sereno, un gruppo di persone che chiacchiera sottovoce ad un tavolo, qualche studente che ripassa gli appunti con le cuffie nelle orecchie e gente che mangia qualcosa seduta ai tavoli con sedie rivestite di pelle rossa un po' vecchia. Mi siedo ad un tavolo affianco alla finestra così da poter vedere quando l'autobus passerà.
Resto a fissare ogni singola persona. Ogni loro reazione. Adoro fare questo genere di cose: osservare le emozioni della gente. Certamente questo mio "hobby" è odiato dai miei genitori. Sospiro tra me e me. Inizio a canticchiare a bassa voce la canzone che ho in testa da questa mattina ed ad un certo punto mi accorgo che la mia voce sta in realtà seguendo una melodia. Alzo lo sguardo e cerco di capire da dove provenga la canzone. Mi accorgo che è una ragazza con un telefonino in mano. Ascolta la canzone oscillando la testa qua e là.
Mi alzo e mi avvicino a lei piano.
Sono impacciata. Non so che chiederle.
Rimango un po' distante da lei, cercando di spiare il nome della canzone.
Lei si accorge di me e mi fissa interrogativa.
«ehm...posso fare qualcosa per te?»chiede lei inarcando un sopracciglio.
Annuisco velocemente e scivolo sulla sedia di fronte alla sua.
«come si chiama la canzone che stai ascoltando» chiedo cercando di apparire sicura.
Lei sorride e risponde:«è la canzone di un ragazzo che pubblica le sue canzoni su YouTube. Il suo nome è Shawn Mendes! Cercalo e ti innamorerai di lui e delle sue canzoni!».
«beh ti questa sua canzone è fantastica»dico sorridendo. Lei annuisce.
«non è molto famoso ma in poco tempo sta spopolando qui sul web. Dovresti fare un salto sul suo canale» ripete convinta.
«lo farò»dico sorridendo sincera.
Poi lei da un'occhiata al suo orologio e sgrana gli occhi.
«diamine avrei dovuto essere a casa tre minuti fa!»esclama prendendo tutte le sue cose.
«sarà meglio che vada!» dice infine.
«ci vediamo»aggiungo mentre accenno un sorriso. Lei ricambia con un sorriso a trentadue denti e schizza via dal locale. Mi annoio mentalmente il none del ragazzo e poi fissa fuori dal locale. Probabilmente il mio autobus starà per passare. Esco dal locale. Mentre aspetto davanti alla fermata entro su YouTube e mi affretto a digitare sulla tastiera il nome del ragazzo.
Come risultati escono vari titoli e video di canzoni. Infilo le cuffiette e schiaccio su una canzone intitolata "Life of the party". Quasi mi viene un colpo al cuore quando riconosco le parole. La melodia sembra poter farmi volare. Osservo il ragazzo nel video. È davvero carino. Inspira anche simpatia.
Resto a fissarlo.
Chi l'avrebbe detto che questo ragazzo avrebbe cambiato l'esito della mia vita?

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Hola todos!
Questo è il primo capitolo della mia storia. Lo so che all'inizio è un po' pesante ma è solo perché dovevo farvi comprendere lo stile di vita che conduceva Elisabeth. Dal prossimo capitolo le cose si faranno interessanti!
Siete curiosi di sapere cosa succedere ad Elisabeth?
Volete sapere cosa succedere con il nostro amato SHAWN MENDES?
Se si, lasciate una stellina e il vostro parere nei commenti perché ci tengo tantissimo.
Spero che la storia vi sia piaciuta! (O almeno che questo inizio vi abbia catturato!)
E nulla, un bacio e un abbraccio💋

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 26, 2018 ⏰

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