Roma Capoccia

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Quando l'albanese scese dal treno, venne immediatamente investito dall'aria fresca che si respirava in stazione. Prese un grosso respiro e con molta calma inizio a camminare verso l'uscita, sistemando lo zainetto dietro le sue spalle e cercando di attirare il meno possibile l'attenzione .Nonostante avesse viaggiato tante volte da Milano a Roma, ogni volta gli sembrava fosse come la prima volta. Alzò lo sguardo e abbassando leggermente gli occhiali da sole guardò il cielo blu che lo accoglieva nella città. Accanto a sé, delle ragazze iniziarono a mormorare qualcosa e presto capì che era stato riconosciuto ma preferì non fermarsi visto la giornata pesante che lo attendeva. Il tour estivo era finito da un pezzo e dopo un piccolo lasso di tempo in cui si poté rilassare a Milano, dovette andare incontro ai nuovi impegni legati al nuovo tour invernale. Non che la cosa gli dispiacesse: da tempo aveva desiderato di suonare nei teatri accompagnato da un'orchestra ma ciò che non riusciva a tollerare era la pressione dai piani alti. Per questo quel giorno, avrebbe certamente preferito rimanere a casa a scrivere qualcosa piuttosto che raggiungere il suo manager per l'ennesima riunione nella capitale.

Con I Promise degli Radiohead sparato nelle orecchie, iniziò quindi ad indirizzarsi verso l'ufficio seguendo sempre la stessa strada che ormai da qualche anno a questa parte aveva memorizzato meccanicamente. Le poche ore di sonno di certo non lo aiutavano a tenere un passo veloce ma comunque ne approfittò per godersi a pieno il panorama che la città gli riservava. Si fermò più volte infatti ad osservare non solo i vari palazzi illuminati in maniera artistica dal sole ma anche piccoli squarci di vita quotidiana che lo incuriosivano. Vide per esempio un bambino biondo, molto piccolo, rincorrere varie colombe in piazza e divertirsi a farle volare. Un'altra immagine che lo colpì fu quella di un ragazzo che camminò per pochi secondi al suo fianco prima di sorpassarlo nel marciapiede. Aveva i capelli molto scuri e stringeva tra le labbra una sigaretta ormai consumata. Attraverso i vetri oscuri degli occhiali da sole, Ermal riuscì a guardare la sua espressione dura, come se fosse incazzato con il mondo. Il cantautore rise involontariamente, forse perché vagamente quel ragazzo gli ricordò qualcuno. Strinse le labbra e assottigliando gli occhi ripensò all'ultima volta che aveva visto questa persona e gli sembrò essere passata un'eternità. Per questo motivo, non appena la fatidica riunione fu conclusa si fiondò fuori a digitare quel numero, sperando che l'uomo dall'altra parte rispondesse. Mentre attendeva che il compare si decidesse a rispondere, posizionò il telefono tra l'orecchio e la spalla e una volta avuto le mani libere, le impegnò per rollarsi una sigaretta. Prese il drummino e lo strinse tra le labbra mentre gli squilli sembravano diventare interminabili. Capì ben presto che il romano non avrebbe risposto e stando attento a non far cadere il tabacco, prese il telefono con una mano e lo posò in tasca. Passò le dita lungo la cartina, posizionando alla perfezione il tabacco. Delicatamente fece sfregare le due estremità del rettangolino trasparente e mise il drummino nella parte finale, a destra. Avvicinò la sua opera d'arte al viso e uscì la punta della lingua per leccare la carta ma proprio nel momento in cui aveva toccato la cartina, venne colto all'improvviso dallo squillo del telefono. La sua opera cadde a terra ed il tabacco si rovesciò su tutto il pavimento. Ermal alzò gli occhi al cielo ed imprecò, prima di rispondere alla chiamata.

"Ma che cazzo Bizio, hai un tempismo perfetto!" sibilò l'albanese fissando ancora il disastro accanto i suoi piedi.

"Oh compare, scusa. Qua nun prende bene e devo spostarmi pe rispondere alle chiamate" rispose il romano con la voce rauca.

"Ma dove ti trovi? In un bunker per caso?"

"Storia lunga, nun te sto qua a spiegà. Passamo alle cose serie, che succede?" chiese Fabrizio mentre in sottofondo si alternavano rumori di motori e conversazioni dal lessico alquanto discutibile.

Ermal si fermò un attimo prima di rispondere e si appoggiò al muro dietro di sé rilassandosi. Non c'era in realtà un motivo preciso per cui l'aveva chiamato. L'aveva fatto e basta.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 22, 2018 ⏰

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