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Baciarsi sotto il Colosseo.
Eccolo il sogno di ogni ragazza fidanzata.
Ma era anche il sogno di Martino.
Da quando aveva conosciuto Niccolò pensava solo a quanto sarebbe stato bello baciarlo davanti il Colosseo.
Roma era arte, l'aveva sempre pensato.
Niccolò lo era ancora di più.

Mercoledì 14 novembre

Martino entrò in classe con Giovanni, Luca e Elia, salutò Eva e si sedette al banco accanto a Gio «oh stasera ce sta il diciottesimo di un'amica de Eva, ci andiamo?» Martino scosse la testa, di feste di quel periodo non me aveva proprio voglia «c'ho da fare con mamma» Gio sbuffò «Che palle però Marti! C'hai sempre da fa!» Martino lo guardò male «oh ma che cazzo voi vacce tu al diciottesimo» Gio gli diede una spintarella «ma vaffanculo Marti»
Martino lo ignorò, e guardò fuori dalla finestra. Ed eccolo là
Niccolò Fares.
I loro sguardi si incrociarono, e come la prima volta, fu vera e propria magia.
Niccolò lo salutò con la mano e gli sorrise, ricambiò il sorriso ma distolse lo sguardo appena Gio si accorse di lui «ohh che guardi? Ce sta qualche bella figa?» Martino scosse la testa «te piacerebbe Gio. Ce stanno solo ragazzi stavo a salutá uno che sta alla radio co me» Gio rise «ma perché ce stanno altri sfigati che partecipano alla radio? Silvia li ha pagati o Federica li ha minacciati?» Martino rise e lo guardò «co quel cazzo di cucchiaino spaventa tutti»
Gio rise più forte, ma smise quando la prof lo guardò male e cercò di seguire la lezione.

Il telefono di Martino suonò, mise in pausa la partita a fifa e lesse il messaggio

Niccolò
Oi, sto a campo dei fiori ma me sto a fa du palle. Ti va se ci vediamo?
Casa mia, solo io e te.

Martino sorrise e rispose di sì.
Mezz'ora dopo era a casa di Niccolò, sul suo letto abbracciati, lui gli accarezzava i capelli e si guardavano negli occhi «sei proprio bello. Come e stelle de Roma, come Roma» Niccolò sorrise, quel sorriso mozzafiato che mandava a puttane il cervello di Marti «bello come Roma. Che vor di?» Martino gli prese la mano, intrecciando le dita «vor di che sei n'opera d'arte. C'hai presente quando vedi i fori romani e pensi, cazzo quanto so belli pensa quanto semo fortunati a esse de Roma? O quando  vedi il Colosseo e pensi, che sia stupendo? O meglio, quando stai vicino Castel Sant'Angelo, vedi tutte e luci de Roma, vedi San Pietro e stai la meravigliato de quanto sia bella sta città. Ecco. Lo stesso è quando guardo te.
Quando sorridi, penso, cazzo che ho fatto di così bello per meritarmelo? Quanno vedo che te luccicano gli occhi perché te sfioro, me sembra de vede er paradiso, tu sei n'opera d'arte. La più bella. Dentro l'occhi tua ce stanno e luci de Roma, brillano, so belli. E me fanno senti vivo. Roma è casa mia.
Tu sei roba mia.» Niccolò lo guardò meravigliato, nessuno gli aveva mai detto delle parole così belle, e sentirle dire da Martino gli faceva venire i brividi, non rispose, non aveva le parole adatte.
Semplicemente lo baciò.
Ed eccola di nuovo la magia.
Le loro labbra si sfioravano dolcemente, e poi si baciavano con passione.
Con possessione.
Le mani di Niccolò accarezzavano il corpo di Martino, senza limiti, lui era suo.
E lui era di Martino.
Non contava niente.
Solo loro. Quando stavano insieme, tutto il resto si spegneva, tutti i pensieri, i problemi, le ansie.
Spariva tutto.
C'erano solo loro.
Due ragazzi innamorati.
Due ragazzi che dovevano amarsi in segreto.
Ma Niccolò era stanco di nascondersi. Stanco di non poter fare come gli altri, camminare per il Tevere mano nella mano con Martino, attaccare il lucchetto con il loro nome a ponte Milvio. Era stanco di non potergli comprare una rosa a piazza di Spagna e regalargliela. Ma era stanco anche Martino, perché di sbagliato in loro  non c'era niente, s'amavano era questo l'importante. Come aveva detto Filippo, non c'era niente da nascondere.
Anzi.
E in quel momento, entrambi decisero che, il loro non sarebbe più stato un segreto e lo avrebbero mostrato a Roma.

Quella stessa sera uscirono, camminarono per i vicoli di Roma, tenendosi per mano «oh ma lo sai che m'è venuta un idea?» Martino guardò Niccolò e sorrise «e che idea?» Niccolò sorrise e lo trascinò senza dire niente davanti al cancello di villa Borghese «ma è chiusa a quest'ora!» Niccolò si appoggiò al cancello «e allora? Scavalcamo» Martino rise e insieme scavalcarono il cancello..
Camminarono in silenzio finché Niccolò non raccolse due fiori, uno rosso e uno bianco, poi guardò Martino «uno sono io, l'altro sei tu» Martino  ne prese uno e lo guardò sorridendo, pochi secondi dopo le labbra di Niccolò erano sulle sue.

Si sdraiarono sul prato, continuando a baciarsi «Roma ci guarda» sussurrò Niccolò, Martino scosse la testa e gli accarezzò una guancia «non ancora. Vieni con me»

Mezz'ora dopo, erano davanti al Colosseo.
E come se fosse segno del destino gli amici di Martino passarono li in quel momento «OH REGA!» Gio e gli altri si girarono. E in quel esatto momento, Niccolò e Martino si baciarono.
Tutti li guardavano. Chi sorpreso, chi sorridente.
Chi un po' stranito.
Ma a loro non importava.
C'erano loro.
E si amavano.
Roma li guardava, li invidiava.
Niccolò pensò, guardando il cielo pieno di stelle Roma te prego non fa la stupida stasera
E guardò Martino, l'aveva capito da tempo che lo amava, ma nessuno dei due aveva trovato il coraggio di definire quello che erano. Ma adesso lui l'aveva trovato.

Si allontanò con Martino fino ad arrivare sul lungo Tevere, c'erano solo loro, se non per qualche ragazzo ubriaco che pomiciava con le ragazze.
Si appoggiarono a una ringhiera e guardavano l'acqua  «secondo te ce se po' fa il bagno?» Nico rise e scosse la testa «pe me, se sfiori l'acqua te casca la mano... Comunque senti Marti. Te devo di na cosa»
«c'hai presente. Quanno c'hai quella sensazione de sta bene de esse felice? Tipo... Quanno segna la Roma al novantesimo al derby. Ecco Marti tu sei il mio goal al novantesimo. Sei er tiro de Totti più bello. Sei l'inno de a Roma cantato a squarciagola allo stadio. N'poche parole Marti. Tu sei magia. A mia de magia. Perché, n sai quanto so geloso. Geloso quando stai co l'altri, quando te chiamano Marti, quando te abbracciano o te accarezzano. Tu sei roba mia. E o sarai pe sempre. Te amo da morì. E non me frega se me sentono, io voglio che o sanno tutti. Che me chiamo Niccolò Fares. E te amo» Martino lo guardò sorridendo e si mise davanti a lui «sappi na cosa Nico. Ti amo anche io. N sai quanto. E dell'altri, non me frega. Perché sei tu quello che m'ha rubato il cuore. E lo po senti pure tutta Roma.
Io voglio sta con te»
E quella sera.
Accanto al Tevere due ragazzi si mettevano insieme.
Una Roma ignara di tanta bellezza faceva da testimone all'amore, che era stato nascosto per tanto tempo ma che ora veniva mostrato senza paura.
Non contava niente.
C'erano solo loro.
Loro, e la magia di Roma.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 14, 2018 ⏰

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