Epilogue.

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" When I leave, now you call me
And you tell me that you're sorry "

C'era una lapide che visitavi spesso, frequentemente, in maniera quasi ossessiva.
Su quella lapide vi era scritto un nome, un nome che per te significava molto, forse anche la tua stessa vita.

Hai mai provato a camminare tra la luce e il buio, tra la vita e la morte, tra la speranza e l'oblio? Io sì.
Camminavo sulla linea di confine tra questi due opposti, quando tu mi spinsi giù.
Mi spinsi dalla parte del buio, dalla parte della morte, dalla parte dell'oblio.
Mi lasciai avvolgere dal nero, da quel dolce nero che lentamente e sempre più dolcemente mi avvolgeva in un tenero abbraccio, al contempo soffocandomi in quell'amorevole menzogna.
Non avevo mai pensato che "sto bene" potesse essere una bugia così dolorosa, così opprimente, così agghiacciante.
Perché dietro a quel caldo sorriso io nascondevo l'amore e al contempo la tristezza, la disperazione, la follia che provavo per te.

Come hai potuto essere così cieco? Il giorno in cui finalmente decisi di aprire il mio cuore e rivelarti ogni cosa, lessi tutta l'oscurità che albergava nei tuoi occhi color della focosa passione con cui il fuoco bruciava. Quel colore blu faceva parte di te, della tua anima e del tuo corpo. Si mescolava alla perfezione con il profondo nero del tuo cuore.

« Devo dirti una cosa! » ti dissi con traballante decisione, la voce tremante e le guance rosse per l'emozione. Il mio cuore batteva a mille come uno stallone in libertà, ma il tuo?
« Cosa? » rispondesti tu, volgendo lentamente il tuo sguardo scuro verso i miei grandi occhi color dell'oro, che in quel momento brillavano al solo pensiero di scoprire la tua reazione a quello che stavo per dirti « ecco, io... » esitai come un idiota. Il tuo idiota, o almeno, avrei voluto esserlo.

« Keigo, che cazzo... » sbuffasti, irritato dalla mia insicurezza « Cosa devi dirmi? » Sussultai, spaventato da quella tua reazione, ma ormai avevo più o meno catturato la tua attenzione. Raccolsi tutto il mio coraggio e dissi: « Non riesco a vederti come un rivale! ».

Tu mi guardasti; i tuoi occhi spenti fissi su di me. « Che intendi dire con questo? » mi chiedesti senza lasciar trasparire alcuna emozione « Che tu mi piaci » ti risposi abbassando lo sguardo, aspettando la tua prossima mossa.

Alzasti il viso al cielo tinto di rosso.

Il silenzio mi lasciò sospeso tra quella linea, tra la sottile linea di confine tra luce e buio, tra vita e morte, tra speranza e oblio.
Forse, mentre io camminavo, di tanto in tanto volteggiando su quella linea, tu alloggiavi in quella tetra oscurità.

Non mi ero mai chiesto come ci si sentisse ad essere avvolti da quella sensazione di vuoto che forse tu trovavi appagante. O forse l'hai sempre considerata come la tua unica compagnia, la tua unica casa, il tuo unico conforto. La tua oscurità mi faceva paura, eppure ero deciso ad accettarla.

Avrei accettato tutto di te, perché tu eri tu. Nonostante la tua freddezza contrastante con i tuoi occhi infuocati, nonostante la tua indifferenza contrastante con le tue silenziose grida. Nonostante tutto, il tuo tutto ed il mio tutto, io avrei affondato la mia mano nel buio per riportare alla luce la tua.
E avremo camminato insieme su quella linea sospesa a metà tra il bene e il male, perché faceva meno paura con te in mia presenza.

Quando immersi la mia mano nella tua oscurità, i tuoi occhi color pece mi guardarono dal cupo rifugio della tua ombra. Tu l'afferrasti. « Keigo, cosa cazzo stai dicendo? » fu la tua reazione, parola per parola uscì dalle tue labbra come la lama di un coltello che andò a colpirmi ogni volta al cuore, facendolo sanguinare.

Ridesti.

Le tue mani pallide mi avvolsero come a stritolarmi il collo, lasciando di lì a poco violacei segni su di esso. Mi sentivo soffocare mano a mano che la presa si faceva più forte.

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