C'era ogni giorno, nel centro di Piccoloborgo, un pittore di strada.
Ogni mattina, nessuno sa a che ora, nessuno sa da quanti anni, s'appostava al suo solito angolo della calle, tra via delle luci e vicolo della frutta;
col treppiedi e i suoi millemila pennelli.
Tutti, nella monotona cittadina, s'erano almeno una volta soffermati in quell'incrocio ad ammirare con stupore le sue tele;
e quasi tutti, a dire il vero, s'erano fermati almeno due volte.
I forestieri di passaggio, incuriositi dalla folla, si facevano spazio per vedere di chi e di cosa si trattasse,
e una volta trovato uno spiraglio, faticavano a comprendere cos'a dir il vero ci fosse di speciale.
Certo erano tele meravigliose, ricoperte di colori sfavillanti e ricche di curiose figure che nessuno aveva visto mai prima,
eppure -a prim'impatto- nessuno capiva il motivo di cotanta eccitazione.
Una fanciulla che da poco s'era trasferita al paesino, al notar 'sì cosa nuova, sgomitò tra quella ressa che le ostruiva la visuale,
fino a giungere a pochi metri dall'artista;
e quando impavida si fece verso di lui, capì ch'egli non la vide.
Fu dunque chiaro a tutti, che la magia di quelle opere, stava nella cecità del loro autore.
"Fatemi un ritratto" fece allora, senza troppo ponderare, la fanciulla.
Il pittore sobbalzò, osservando quella voce giunta così di soprassalto, e interruppe una pennellata di verde a metà.
"Fatemi un ritratto" ripeté la fanciulla; e allora gran vociare s'alzò dalla folla.
"Sfacciata!", "Irrispettosa!", "Non hai timor di Dio?".
La giovane indietreggiò, pensando che forse veramente, aveva osato troppo, chiedendo un ritratto a un cieco.
"Basta!" l'interruppe pacatamente il pittore, e la folla s'ammutolì in un istante. "È un ritratto che volete, fanciulla?"
"Lo vorrei, veramente tanto."
E i colori non li vedeva, quell'uomo, ma li sentiva. Con le mani. E li conosceva così. Sapeva che le voci e gli odori eran come i colori.
Il pittore allora vide dolcezza nella sua voce, e la dipinse. E fu una calda curva scarlatta.
Il pittore vide gioia di vivere in quella voce, e la dipinse. E fu uno sfarfallio di goccioline colorate.
Il pittore vide ancora, e vide che quella fanciulla era bella, vide che sorrideva, e dipinse tutto il calore che emanava.
Una volta concluso il ritratto della giovane, l'artista lo mostrò al pubblico e ad ella stessa, e nessuno si trattenne dal restare annichilito,
ché quei segni non somigliavano a un volto, ma -in qualche modo- veramente somigliavano a quella fanciulla.
E fu così che la voce si sparse, e il fenomeno del cieco che colorava l'essenza delle genti fu sulle labbra di tutti gli abitanti di Piccoloborgo, e delle campagne, e dei borghi vicini e distanti.
Cento ritratti il pittore terminava al giorno, eppur non dimenticò quella fanciulla.
Ogni terzo dì della settimana, puntuale, ella veniva a visitarlo.
"Fatemi un ritratto", diceva. E ogni ritratto era meraviglioso un po' meno di quello della settimana precedente.
Ebbene sì, man mano che la fanciulla tornava, i suoi colori erano più freddi, più scuri e più opachi.
"Fatemi un ritratto" fece la fanciulla, quel mercoledì. E il pittore bagnò soltanto il nero e il bianco.
Passarono otto dì, nove dì, dieci dì da allora. Passarono lune intere. E la fanciulla e la sua aura svanirono.
L'artista, di ritratti, non ne volle fare più.
Era una domenica mattina ch'il pittore cieco s'accingeva a disegnare il 'din don' d'una campana, quando una voce di fanciullo l'interruppe.
"Signore, sono il figlio del lattaio, ho da portarvi un messaggio da parte d'una vicina." fece, con una nota forse troppo matura nella voce.
Una nota blu di prussia.
"Parlate, dunque, amico mio" rispose l'artista.
E il ragazzetto prese a leggere righe e righe di parole, e in quelle parole, l'artista rivide la sua amica.
"Vi devo ringraziare, amato amico, per avermi donato d'esser bella ogni giorno della mia malattia.
Vi devo ringraziare, perché se nei miei ultimi giorni so ancora cantare alla vita, è merito vostro.
E voglio che sappiate, che se i miei ritratti son stati incantevoli, tutti, fino all'ultimo, seppur senza colori,
era perché la vita m'abbandonava, ma il sorriso no.
Buona vita e grazie di cuore, amato amico."
Si dice che dagl'occhi vuoti dell'artista, allora, scivolò una lacrima.
Una lacrima color grigio argento.
Da ciò che si narra, il mattino seguente, il pittore cieco non stava nel suo angolo tra via delle luci e vicolo della frutta.
Non stava in nessun angolo di nessuna strada di Piccoloborgo.
Alcuni sostengono d'averlo visto vagare per le strade d'un altro paese, col treppiedi sulle spalle;
altri invece, di aver sentito di un artista cieco alla corte di un sovrano d'un regno lontano.
Se vi capitasse un giorno di vedere
un uomo che pare osservare il suono delle onde sugli scogli, o il dolce schiamazzare dei fanciulli al parco,
sappiate ch'è lui,
e che se glielo chiedete per favore, forse, un ritratto ve lo farà.