LUCILLA ESPOSITO
Stamattina mi sono alzata con molta voglia di vivere; ho avuto un giorno libero dal mio lavoro e ho in mente di fare tante cose in questa giornata.
Naturalmente, però, la prima dovrebbe essere avere la capacità di alzarmi dal mio comodo letto. Cosa che non riesco a fare.Me ne sto, al contrario, stesa tra le coperte bianche, sfatte e in disordine.
Ho i capelli raccolti in uno chignon improvvisato, infatti qualche ciuffo mi cade davanti agli occhi e ogni tanto sono costretta a soffiare per spostarlo.Tra le mani ho il mio cellulare e sto messaggiando con mia madre. Grazie a Dio ho una madre tecnologica.
Le racconto del mio nuovo incarico a lavoro, e noto che è molto entusiasta per questa mia nuova esperienza.
Dopo aver parlato un po' di varie cose, ci salutiamo.Realizzo, quindi, che è ora di alzarmi dal letto.
Mentre vado verso il bagno, lancio uno sguardo al letto di Ambra: dorme con il cuscino premuto sul viso e la sento russare a tratti.
L'ho sentita tornare stanotte, ma avevo troppo sonno per chiederle dove fosse stata. Ed ora lei sembra completamente fuori uso, quindi mi toccherà aspettare ancora un po'.Quando esco dal bagno, il mio telefono inizia a squillare.
Lo recupero, senza guardare il nome, poiché troppo impegnata a cercare nel cassetto qualcosa da infilarmi addosso.
Sarà sicuramente mia madre: avrà dimenticato di dirmi qualcosa."Hey mamma, cosa...", mi interrompo quando sento al telefono una voce maschile, che non riconosco.
Allora allontano il cellulare dall'orrecchio e con un'espressione confusa leggo il nome sul display: Marco.Merda.
"Oh Marco, sei tu, scusami pensavo fosse mia madre", mi scuso per non averlo riconosciuto, mentre continuo a cercare qualcosa di decente tra i miei vestiti.
"Tranquilla Luce, volevo solo chiederti se ti va di venire a pranzo da me oggi", lo sento domandarmi, dall'altro lato del telefono, ed il pensiero di rifiutare mi tenta molto. Non posso sempre accettare, o potrebbe fraintendere il mio interesse puramente lavorativo con altro.
Basti pensare al tentato bacio di ieri.Poi però, alla fine, accetto e lui mi dice che mi verrà a prendere per ora di pranzo.
Noto che ho due ore. E realizzo che, ufficialmente, ho troppo poco tempo per prepararmi.
Dopo due ore, sono a casa sua.
Questo posto è così grande che sembra un albergo ed io, in confronto a lui, vivo in uno scantinato.Marco si chiude alle spalle la porta d'ingresso nera e, in seguito al rumore di essa, scende dalle scale una figura femminile.
È slanciata ed esile, ha lunghi capelli mori che le ricadono lungo le spalle e indossa una maglia di Marco a giudicare da come le sta grande.
"Oh, sei tornato", esclama con la sua voce leggermente fastidiosa, più simile ad uno stridio che ad una vera e propria voce.
Parla e nel frattempo gli si avvicina, baciandogli frettolosamente le labbra.
Osservo la scena con molta confusione, analizzando l'espressione di Marco che non mi sembra totalmente a suo agio.Dopo dieci minuti che siamo seduti a tavola, la mora (ancora mezza nuda e la quale non si è degnata neppure di presentarsi) si alza, dicendo a Marco che deve assolutamente tornare a casa.
La picchierei per il solo fatto che mi sta letteralmente ignorando, fingendo che io non esista.Ad ogni modo, sale le scale e sparisce.
"La tua fidanzata è leggermente maleducata, o forse si tratta soltanto di arroganza", gli faccio presente, posando gomiti sul tavolo ancora apparecchiato, e tenendomi il mento con entrambe le mani.
Marco mi guarda, strabuzzando gli occhi e scoppiando a ridere.
"Fidanzata? È solo una di quelle che mi dicono sempre di sì", mi rivela lui,
scuotendo poi il capo."Mi dispiace solo che tu abbia dovuto assistere a questa triste parentesi della mia vita, ma pensavo che fosse già andata via", mi rivela con una nota di amarezza nella voce.
"Posso ometterlo dall'articolo se vuoi", gli dico per smorzare la tensione che avverto nella sua voce, con un leggero sorriso. D'altra parte, lui non ha nessun diritto di giustificarsi con me.
Lo spagnolo ride, annuendo.Mentre stiamo per continuare la nostra conversazione, quella strana ragazza ricompare in cucina, da un bacio sulle labbra a Marco e lo saluta.
Per fortuna, mi ignora di nuovo, o penso che sarebbe finita male se mi avesse calcolata proprio ora.Quando è fuori casa, Marco, che l'ha accompagnata alla porta, ritorna in cucina e si siede sulla sedia più vicina a me. Inizia così a parlare.
"Senti mi dispiace tanto, non volevo che mi vedessi in queste vesti. Ti giuro che non è una prostituta, credo solo che sia innamorata di me. O meglio, dell'idea che ha di me dato che non sa niente di chi sono", parla a raffica, talmente veloce che mi è concesso rispondergli solo quando resta zitto, fissandomi negli occhi, in attesa di una mia risposta.
"Ascolta Marco, a me non interessa la tua vita privata. Tu puoi fare quello che vuoi. Io sono qui per lavorare, non per farti ramanzine moraliste. Non ti conosco. So solo che ti chiami Marco Asensio e giochi nel Real. Tutto quello che so riguardo te è mediatico. Dunque, non so niente", rispondo io, mentre lui mi fissa ancora e ad ogni parola sembra volermi interrompere. Cosa che gli impedisco di fare, continuando a parlare.
"Puoi fare quello che vuoi della tua vita, Marco", gli ripeto di nuovo, allungando la mano per accarezzargi la sua, che tiene sul suo ginocchio. Continua a picchiettare le dita di essa nervosamente, ed io mi chiedo perché gli interessi così tanto ciò che penso di lui.
Forse perché teme che il mio articolo possa essere influenzato da ciò che penso di lui, rovinandogli la reputazione, o semplicemente perché vuole che cada nella sua trappola.
Se così fosse, dovrebbe sapere che non ci riuscirà mai."Eppure sento di conoscerti da sempre e di avere delle responsabilità nei tuoi confronti. Voglio che tu sappia di più su di me, al di là dei fatti mediatici", mi rivela e la cosa mi fa sorridere. Vorrei dirgli che anche io voglio sapere di più dei fatti mediatici, ma resto zitta, accarezzando ancora la sua mano e sorridendo come meglio mi riesce.
Marco Asensio potrebbe essere la mia condanna, ma anche il mio successo.