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Ero sempre stato definito strano, particolare, dai miei amici e da tutte le persone che ho conosciuto. Io non mi offendevo di certo, perché sapevo che lo dicevano con affetto. Anche io, delle volte, ammetto di essere un tipo particolare. Mi piace ogni genere d'arte, la musica jazz, i vestiti larghi e comodi; delle volte mi perdo nei meandri della mia mente e, di conseguenza, fisso il vuoto per minuti, ore; non mi piace indossare le scarpe, le trovo troppo limitative. Sono un po' superstizioso; non credo nel destino. Mi piacciono le leggende e ogni tipo di storiella che ha come protagonisti creature fantastiche e non mondane. Insomma, ogni creatura che é stata creata dalla mente umana per il semplice obbiettivo di far divertire la gente, attira la mia attenzione. Ma quel giorno, quando alzai gli occhi dal suo nome alla natura che mi circondava, mi definii completamente pazzo. Io guardavo lui e lui guardava me. Eravamo entrambi sorpresi, spaventati, tristi, forse nel profondo del cuore felici. Ma fuggii da quel luogo per il semplice fatto che lui non poteva essere lí, non era possibile. Tornai a casa quasi correndo e con l'angoscia che mi stritolava il cuore. Buttai la mia borsa in un angolo del mio monolocale e mi buttai sul letto a peso morto. Non riuscivo ad eliminare dalla mia mente la sua figura snella e delicata da ballerino. La sua espressione sorpresa su quel viso angelico. Indossava i suoi jeans preferiti, un paio di sneakers rovinate e sporche e la maglietta che gli avevo regalato. Era come se non fosse successo mai nulla, come se il tempo non si fosse mai fermato. Realizzai dopo questo ultimo pensiero che per lui il tempo si era veramente fermato. Più pensavo a ció che avevo visto, piú mi ripetevo che era impossibile. E alla fine arrivai alla conclusione che era stata solo un'allucinazione dovuta dalla stanchezza e che quindi avevo solo bisogno di una tisana e una bella dormita.

Nella settimana successiva ripensai molto a quello strano incontro. E tutto ció che vedevo o ascoltavo non mi era d'aiuto perché mi rendevano ancora più nostalgico, piú triste, piú voglioso di riaverlo indietro. Il tempo non sembrava mai passare, prendendomi in giro. Quella settimana sembrava un'inverno glaciale, nonostante eravamo agli inizi di aprile.
La domenica mattina mi svegliai all'ora di pranzo e, dopo aver mangiato qualcosa e aver colto un po' di primule, andai a trovarlo.
Le primule erano i suoi fiori preferiti e poi erano il simbolo della giovinezza, quindi erano perfette per lui.
Quando arrivai, mi sedetti di fronte a lui come facevamo da quando ho memoria, posai i fiori sul prato prendendo quelli che avevo lasciato la domenica prima, ormai appassiti, e gli raccontai come la settimana era trascorsa. Lasciai che tutta la tristezza mi scorresse nelle vene mentre gli raccontavo del "nostro incontro", creato dalla mia mente. Restai ancora un po' lí, poi decisi di ritornare a casa. Quindi lo salutai con un sorriso e tornai a casa per trascorrere quel che rimaneva della giornata sul letto a non fare nulla

Era notte fonda quando mi svegliai improvvisamente. Non stavo sognando e non avevo sentito nessun rumore. A svegliarmi era stata una strana sensazione che si era impadronita del mio corpo. Sentivo come un peso che mi schiacciava e poi freddo. Stavo per accendere l'abat-jour vicina al letto quando lo vidi. In mezzo secondo mi ritrovai dall'altra parte del letto con il cuscino a coprirmi il viso. Non poteva essere vero di nuovo. Era un sogno. Sí, ero sicuro. Era un maledetto sogno. Ma la paura che provavo e il mio cuore che batteva all'impazzata mi dicevano che non stavo sognando.
"Adesso calmati Taehyung. Togliti il cuscino dal viso e vedrai che lui non ci sará piú." mi dissi per incoraggiarmi.
Ma lui era ancora lí, questa volta con uno sguardo preoccupato e dispiaciuto. Aveva le mani leggermente alzate verso di me, come se avesse voluto avvicinarsi e rassicurarmi con una delle sue carezze. Piano piano il suo broncio fu rimpiazzato da un sorriso, il suo sorriso, e io non mi resi conto di star piangendo.
"N-non...non puoi essere vero..." riuscii a dire.
"Certo che sono vero." mi rispose. Da quanto non sentivo quella voce delicata, la perfetta cura per ogni malattia. Era, peró, come un eco.
"Non puoi essere qui." ribadii alzandomi in piedi.
"Perché non posso essere qui?"
"PERCHÉ TU SEI MORTO JIMIN!" urlai con tutto il fiato che avevo in corpo.
Più mi asciugavo le lacrime, più loro mi bagnavano il viso.
"Lo so." disse lui con quel suo tono triste, ma quando alzai lo sguardo sorrideva.
Ero in conflitto con me stesso. Forse era tutto un sogno, forse era vero, forse ero solo pazzo. Mi misi seduto sul letto, a piangere nelle mie mani.
"Mi sei mancato cosí tanto." dissi con i singhiozzi che mi mozzavano il fiato.
Sentii del freddo provenire dalle mie gambe e togliendo le mani dal mio viso, vidi le sue che erano poggiate in quella zona e alzando lo sguardo incontrai il suo. Era brillante di felicitá come lo era sempre stato.
"Mi sei mancato anche tu." mi disse, trattenendo a stento quello che sicuramente sarebbe stato un pianto isterico.
Potevo rimanere cosí per l'eternitá, non mi sarebbe importato più di nulla. Tutto per poter rimanere in compagnia del fantasma del mio migliore amico. Anche avvolti da quel dolce silenzio. Volevo che rimanesse lí per sempre.
"Non devi essere triste Taehyung. Quello che é successo é successo. Non si puó cambiare il passato. Ma tu sei sempre in tempo per cambiare il presente e il futuro. E, francamente, la tristezza non é un sentimento che ti deve appartenere." mi disse passandomi una mano sul viso nel tentativo di asciugarmelo dalle lacrime, ma invano. Sentivo solo il freddo che aveva lasciato al suo passaggio, ma mi era sembrato il gesto più caldo che avessi mai ricevuto. Cosí le asciugai io quelle lacrime e sorrisi, seguito da lui che annuì.
"Sai, ho ascoltato tutto ció che mi sei venuto a raccontare in questo anno. Io ero lí, ma non riuscivo a farmi vedere o a farmi sentire. Aspettavo la domenica come l'aspettavi tu. Non vedevo l'ora di vederti. E poi, tutto ad un tratto ci siami rincontrati. Credevo ormai che non accadesse piú e ho capito che questa é la mia occasione."
"Occasione per cosa?" domandai non capendo.
"L'occasione per aiutare i miei migliori amici. Per aiutarvi a risalire il baratro in cui siete caduti." mi rispose deciso.
Dopo la sua morte, il nostro gruppo era andato in frantumi. Abitavamo tutti in questo paesino di campagna, gli altri ragazzi si erano trasferiti dopo l'accaduto, io ero stato l'unico a voler rimanere. Non ero tanto coraggioso da lasciare il posto in cui potevo vedere Jimin ad ogni angolo.
"Ti prego Tae. Permettimi di aiutarvi. Tutto ció che voglio é che voi siate felici, tutti insieme." mi pregó lui.
"Va bene. Accetto il tuo aiuto."

Forever Together~BTSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora