CAPITOLO I

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La sorella di Scott 

Arrivo a scuola in anticipo e trovo già il cortile pieno di ragazzi e ragazze con gli ormoni a mille che non fanno altro che pomiciare. Sbuffo.

Non mi piace Beacon Hills, non mi piace la sua scuola, la gente che la frequenta e soprattutto quel coglione del mio gemello che si è fregato altamente di darmi un passaggio.

Il solo pensiero di- no okay non ci voglio pensare. Sente il sangue ribollire nelle vene e cerco di mantenere la calma. So controllarmi, devo controllarmi.

Faccio un respiro profondo ed entro all'interno dell'edificio che sarà la mia scuola per i prossimi anni. Vedo un uomo vestito in modo sportivo venirmi incontro con una velocità sorprendente.

<Sei tu Charlotte McCall?> mi chiede e appena confermai la cosa mi trascinò in un aula del secondo piano per poi aprire la porta e spingermi dentro di essa.

<questo è il tuo orario bla bla bla la tua classe bla bla bla e il resto te lo spiega il professore di matematica> disse scontroso per poi uscire. Vidi il professore seduto alla cattedra alzare gli occhi al cielo per poi puntarli sulla mia figura.

Indossavo delle calze coprenti nere e un tacco non troppo alto dello stesso colore. La gonna mi arrivava a metà goscia ed era rossa. il top bianco mi lasciava scoperto un po' del mio ventre piatto mentre le maniche scendevano morbide fino al polso. Avevo i capelli castano scuro legati in una coda alta e i miei occhi erano verdi a differenza di mio fratello che li aveva scuri.

<bene... Prima si presenti alla classe e dopo potrà sedersi vicino al signor Stilinski> mi disse con fare frettoloso l'uomo, già mi stava antipatico.

<mi chiamo Charlotte McCall e sono tornata a Beacon Hills, dove sono nata, dopo aver studiato in Francia per sette anni> dissi fredda per poi sedermi vicino al ragazzo indicatomi dal professore. Era magrolino, con i capelli corti e castani, gli occhi dello stesso colore e un espressione da pesce lesso mentre mi guardava.

<sei imparentata con Scott?> mi chiese balbettando su più punti del discorso, io mi limitai a guardarlo male. Odio quando la gente mi chiede di Scott e venendo a vivere qui sapevo tutti mi avrebbero conosciuta come sua sorella, facendosi un impressione di me ancora prima di conoscermi.

<siamo gemelli>

<che cosa?!>

<ho detto che siamo gemelli>

<non lo sembrate>

<me ne farò una ragione>

<sono un suo amico>

<mi dovrebbe interessare?>

<non mi ha mai parlato di te>

<la cosa non mi sorprende affatto, ora hai finito?>

<si>

<Amen> sussurrai. Lo sentii ridere ma non mi unii alla sua risata perché lo trovavo un tipo irritante.

La lezione continuò e verso la fine il professore chiamò me e una certa Martin alla lavagna a svolgere due problemi separatamente.

Lei era bassina e i capelli erano boccolosi e rossastri. Era vestita più o meno con il mio stesso stile e sembrava molto sicura di sé. Aveva l'aria di una che aveva studiato perfettamente ogni singolo movimento da fare.

<Non ti chiederò se sei la sorella di Scott, è abbastanza ovvio dato che avete lo stesso cognome> iniziò il discorso voltandosi a volte verso di me e a volte verso la lavagna per scrivere. Io nel frattempo svolgevo il mio problema senza fermarmi a guardarla. <Al contrario- continuò a parlare con il suo tono di superiorità - voglio chiedermi come era la Francia> dovevo solo scrive il risultato mi voltai a guardarla notando che era rimasta molto in dietro per fare il suo discorso. Finsi di pensare al risultato per fra credere al prof che non avevo concluso.

<Credo di aver capito che tipo ti persona sei. Vuoi distinguerti dalla massa in tutto, ti fingi stupida perché sai che le sapientone non piacciono a nessuno. Davanti agli altri fai la dura o meglio dire l'indifferente ma poi la sera tardi ti metti a frignare per lo stress per poi coprire il trucco colato con un po' di correttore... Giusto?> dissi usando il suo stesso tono di voce per poi rivolgerle un sorriso falso e tornare a posto. La vedo rimanere pietrificata davanti alla lavagna con il gesso sospeso a mezz'aria per poi riprendersi e continuare il problema.

Il suono della campanella segna la fine della quarta ora e l'ora di pranzo. Quattro ore di fila di matematica il lunedì mattina, non sopravviverò mai a questa scuola. Entrò nella mensa e vedo mio fratello mangiare davanti a Stilinski, sicuramente non mi metterò vicino a loro. Un po' più avanti vedo la Martin e un'altra ragazza sedersi ad un tavolo con tutti ragazzi palestrati, alcuni nella mia classe di matematica altri no. Prendo il cibo che mi offre la signora della mensa e mi siedo a un tavolo isolato dagli altri. Sento il telefono vibrare.

Ho imparato ad usare i felefoni
- Fleur

Un mezzo sorriso mi compare sul viso a leggere quel messaggio, la mia amica è proprio ignorante in questo campo.

E come mai hai imparato ad usare i Telefoni?

Perché sarebbe strano vedere una babbana senza telefono

Cosa intendi Fleur? Non dovresti essere a Londra?!

Shh è una sorpresa!

Sbatto la testa contro il tavolo il più forte possibile cercando di calmarmi. Sento gli occhi diventare di un verde più intenso e corro fuori dalla mensa senza aver toccato cibo. Forse è meglio, non aveva un aspetto invitante...

Entro in bagno e mi posiziono davanti allo specchio guardando i miei occhi, sospiro vedendo che sono diventati azzurri. Li rifaccio diventare normali e corro fuori dal bagno, mi fermo davanti al mio armadietto per prendere la borsa e mi incammino verso l'uscita dalla scuola.

Il mio passo da veloce diventa una corsa. Sono sempre stata a mio agio sui tacchi, a scuola facevano parte della divisa, e correrci non era un problema. Sento una persona afferrare il polso e fermare la mia corsa verso l'uscita. Incontro gli occhi di Scott.

<Dove stai andando?> mi chiese. non c'era traccia di preoccupazione o amore fraterno nella voce, solo irritazione. Da quando ero tornata in città mi trattava così e questo mi faceva male.

<Non sono affari tuoi> risposi togliendo la sua presa dal mio polso e  continuando a correre.

Appena fuori dalla scuola una biondina mi sorrise mesta appoggiata a una colonna.

<Charlotte McCall, che piacere rivederti> un cinguettio uscì dalle sue labbra mentre si sforzata di non ridere.

<Non posso dire la stessa cosa,
Fleur Delacour> quasi ringhiai mentre lei mi faceva segno di seguirla.

Welcome Back || Derek Hale Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora