Oggi, per la prima volta, mi sono resa conto di quanto sia difficile definire i sentimenti. Oggi, quando l'ho vista sparire sotto i miei occhi, oggi, quando le ho rivolto quel ciao sforzato, che nemmeno sarà arrivato alle sue orecchie, oggi ho capito, ho capito di non aver mai capito nulla del tempo passato assieme.
Ci conoscevamo da cinque anni, ma ogni giorno mi rendevo conto di quanto poco sapessi sul suo conto. Non so se ho conosciuto la vera Lei, ho se in realtà non l'ho nemmeno mai intravista. Il nostro rapporto non saprei proprio come definirlo. Non eravamo amiche, non ci disprezzavamo, non ci amavamo, non eravamo come sorelle, ma nemmeno estranee.
Ci incontrammo all'inizio delle superiori. Emtrambe non conoscevamo nessuno nella classe e per i primi giorni ognuna era nel suo piccolo mondo che osservava e metabolizzava i comportamento del resto dei compagni. Io, abbastanza estroversa, cercai subito di mostrarmi simpatica agli occhi degli altri. Lei, al contrario, sembrava stare bene nel suo piccolo mondo che non amdava oltre i confini del suo banco. Guardandola mi ricordai di quanto la me del passato fosse introversa, di quanto avesse paura di essere giudicata, fino alla fine della terza media avevo avuto questa sensazione di impotenza, ma qualcosa successe durante l'estate che mi portó ad essere apparentemente più sicura. Per tutta la durata delle superiori chiunque mi avesse visto avrebbe giurato che mi trovassi bene, che fossi felice, ma in realtà dentro di me mi sentivo abbastamza sola. Sorridere mi aiutava ad integrarmi, ma ecco, semplicemente non mi sentivo accettata. Infondo non avevo nulla di diverso dagli altri se non un paio di occhiali diciamo "strambi". Avevo amici al di fuori della scuola, ma ci vedevamo raramente, e anche lì, spesso e volentieri, mi sentivo di troppo, ma sorridevo, e nessuno sembrava accorgersi di quanto la mia mente mi stesse logorando.
Un giorno io e Lei fummo costrette a diventare compagne di banco. Quella fu la porta di ingresso per il suo mondo, oppure quel muro insormontabile che non mi permetteva di gurdarle dentro, quel muro alto e spesso che non mi permetteva di sentire il suo cuore battere.
Da quel giorno iniziammo a parlare. Non ho mai capito se lo facesse per compensare la solitudine che provava, oppure se veramente le piaceva il nostro scambio di parole fra gli intervalli. Per un periodo iniziammo anche a vederci al di fuori della scuola, ma anche qui, non so se lo facesse perchè le piaceva la mia presenza oppure perchè ero l'unica disposta a passarci del tempo assieme.
Più i giorni correvano più in me cresceva una strana sensazione. Non sapevo se fosse solo semplice ammirazione, oppure qualcosa di più. Ecco, sono sempre stata un "maschiaccio" per così dire, ma sempre con la ferma convinzione che un giorno mi sarei fidanzata con un bel ragazzo. Non ho mai preso in cosiderazione che il mio principe azzurro sarebbe potuto essere una principessa, una principessa con la saggezza del vento, la forza di una tempesta e la fragilità di un fiocco di neve.
Più passava il tempo più diventava insopportabile, pensavo spesso a lei cercando di mettere in ordine la mente e il cuore, ma nulla. Non capivo come facesse ad attirarmi così tanto.
Mi ricordo che il nosrro primo ed unico abbraccio fu qualcosa di strano ed inaspettato, ma non voglio raccontarlo, perderebbe per me di significato, perchè alcune cose sono fatte per non essere raccontate.
Un giorno, durante l'ora di matematica, notai le sue labbra. Non avevano nulla di speciale, semplicemente erano sue, e volevo in un qualche modo che le condividesse con me. Ero molto confisa, ma non volevo parlarne con nessuno. Pensai fosse solo un momento, ma da lì in poi iniziai ad avere spesso pensieri di quel tipo. Volevo che le nostre vite si collegassero, volevo far parte del suo mondo e volevo che lei fosse parte integrante del mio. Ma lei non sembrava volere lo stesso. A dire il vero non sembrava nemmeno essersene accorta.
Un giorno, nel nostro piccolo gruppo di due persone, si inserì Quella. Era arrivata a scuola all'inizio del terzo anno e anche lei era sola, decisi di invitarla nel nostro gruppo e quello fu il mio più grave errore. Lei e Quella legarono subito. Sembrava che i loro mondi fossero entrati in conratto fin fa subito e che io fossi solo un satellite che vi girava attorno. Stetti male. Lei sorrideva come non aveva mai sorriso con me parlando con Quella ed io la odiavo, la odiavo profondamente, ma allo stesso tempo ero felice di vedere il suo sorriso. Sentivo di aver perso qualcosa, sentivo che la nostra "amicizia" si stava distruggendo. Come un bambino che riceve i nuovi giocattoli e fiero li mostra ai suoi amici, ma se questi ultimi provano a toccarglieli si arrabbia. Io ero quel bambino e il nostro rapporto era quel fatidico giocattolo e Quella lo stava rompendo, lo stava man mano sgretolando con i suoi sorrisi ingenui. Quel che fu dopo è storia.
Ad oggi non ho avuto ancora il coraggio di dirle tutto questo, non penso lo avró mai, anzi penso che la dimenticheró presto. Lei si è fidanzata con un mio compagno di classe, sembra felice. Quella è diventata la sua migliore amica ed io, be io sono rimasta uguale a com'ero all'inizio. Con il mio slrriso finto, la mia idea teoppo complessa di amicizia e con un sacco di sogni inrealizzabili.
Una cosa l'avevo guadagnata peró, grazie a Lei ho scoperto che non esistono solo il bianco ed il nero, ma infinite sfumature di grigio. E se mi chiedono: "Da quando e come hai scoperto che ti piacciono anche le ragazze?" io racconto questa storia.
Quindi grazie, spero tu possa vivere la tua vita in modo dignitoso e che tu possa essere felice, ti odio, questo è vero, ma spero comunque che tu stia bene senza di me.
Grazie.Fine
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Come ho capito di essere bisessuale //Monologo//
Short StoryCome e quando hai capito che ti poacciono anche le ragazze?