Riprodurre la sagoma di un membro o di una vulva non era cosa semplice. Per quanto il legno fosse un materiale caldo, prestante e profumato la sua dedizione non lo aveva sempre portato ad un risultato ottimale. Partire da un tozzo di legno stagionato e arrivare a ottenere una forma precisa ed armoniosa, era un'abilità a cui aspirava da sempre.Aveva imparato a lavorare il legno molti anni prima, da un vecchio scultore sull'orlo del precipizio. I falegnami non erano mai stati una categoria con tutte le dita. A questi ultimi aveva preferito di gran lunga la nobiltà di un genere di scalpelli, carta a vetro e sgorbie di chi aspira a qualcosa di più di un comò o un semplice cassetto; come gli altri materiali: marmo, bronzo, argilla o pietre varie... non facevano al caso suo. Appendici di testicoli, peni, agrumi di varie calibrature dotati di capezzoli, bianche mele esangui o aperture statiche tra le cosce fredde di figure inanimate, gli mettevano i brividi. Certo, alcune sculture erano davvero magnifiche, maestose, uniche. Nonostante ciò, preferiva che le sue creazioni rappresentassero un inno al godimento, puro ed assoluto, lungi dalla superbia o dal mero ornamento.
Dare vita a veri strumenti di piacere, ecologici, biodegradabili e tramandabili era il suo unico desiderio. Troppo silicone, nell'universo dei giochi per adulti, la faceva da padrone. Si parlava tanto di sensibilizzazione per poi darci dentro con tutta una serie di membri devoti esclusivamente alla plastica. Il suo prodotto avrebbe fatto la differenza.
Il legno di ulivo, dal vigoroso profumo, lubrificato da una linfa oleosa naturale, duro e turgido per un'eccellente resistenza e durata, avrebbe soddisfatto il sofisticato piacere femminile, mentre il legno di rosa, con il suo intarsio di accoglienza, un cesello di profondità e levigatura senza spine e un variegato tono di antichi e reconditi aromi, avrebbe dispensato piacere anche alla più materiale e viziosa furia mascolina.Aveva aperto un piccolo laboratorio nella canonica di una chiesetta sconsacrata. Una provocazione, qualcuno avrebbe pensato. E invece era stato solo a causa di un paio di combinazioni: il parroco era morto sotto al peso di una trave tarlata dalle preghiete inascoltate e l'intera struttura, in generale, rischiava il crollo per colpa di una sistematica perdita di fede. E così, si era fatto carico di far rinascere una nuova forma di credo, grazie alla quale invece di celebrare tante messe avrebbe benedetto pochi e meravigliosi incontri tra la natura e l'essere umano.
Stava ormai passando la penultima mano di cera. Se intagliare il legno era stata un'operazione lunga e laboriosa, la finitura di quelle che in tutto e per tutto considerava le sue opere d'arte, non era di certo altrettanto stancante.
Sul piano del laboratorio svettava un pene di circa diciassette centimetri, dalle venature sinuose e nette, al cui fianco una vulva perfetta apriva le labbra al mondo, offrendo l'orifizio di una prospettiva di vizi. L'intagliatore aprì il palmo della mano sinistra e lo cosparse di una generosa dose di cera. Mano che subito chiuse sulla punta di un membro eretto di quella che nulla avrebbe mai avuto a che fare con la cappella Sistina. Si dilungò in un ritmico, quasi ipnotico, su e giù lubrificante. Quando la luce fioca del laboratorio restituì il sobrio luccichio della pura e primitiva bellezza di un cazzo maestoso, riaprì la mano, la cosparse di una nuova e abbondante dose di cera e si dedicò con piacere alla vulva. Subito, la massaggiò con tutta la delicatezza che un palmo gentile sia capace di offrire, poi usò a turno le dita, seguendo il profilo delle labbra piene e carnose, finendo per infilarsi con la punta di un polpastrello nel pertugio in cui, per fortuna, non scoprì nessuna asperità, solo un'alcova tiepida, levigata e accogliente. Nessuna figa gli era mai riuscita allo stesso modo. Ne fu talmente soddisfatto che agguantò la scultura del membro con la mano sinistra e la scultura della vulva con la mano destra. Le alzò in controluce sulla sua testa e quando provò ad infilare il maschio dentro alla femmina, non solo i due sessi di legno si incastrarono con millimetrica precisione, ma la luce della lampadina riflesse sul muro alle sue spalle la sagoma di un perfetto, ecologico, biodegradabile e tramandabile modo di godere della vita.