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Neven arrivò nella sala dell’assemblea con un largo ritardo, come al suo solito. Si buttò sulla prima sedia libera accavallando le gambe sul tavolo di fronte a lui. Era perfino un bel tavolo, dall’aspetto massiccio, su cui -a parte i suoi piedi- poggiavano i soliti pochi oggetti, tra cui: una tazza piena di caffè che riportava la scritta “Miglior papà del mondo!”, una di quelle che vendevano nel primo autogrill sulla strada, un computer portatile decorato da sticker di gattini che aumentavano in numero di giorno in giorno e un pennarello nero indelebile che era tutto fuorché indelebile, tant’è che lo si utilizzava per disegnare baffi e corna agli uomini immortalati in fotografie appese alle pareti.
Se Neven non fosse stato un asso del mestiere, gli avrebbero riservato una punizione con i controfiocchi per il suo comportamento irrispettoso, ma quel ventenne dai capelli neri come il carbone e gli occhi azzurri slavati era tenuto in considerazione almeno quanto il capo.
A proposito del capo, lui non si accorse nemmeno dell’arrivo del ragazzo, troppo preso a raccontare l’idea che aveva partorito dopo due mesi di osservazione del Circo dei Matti, un manicomio dalle dimensioni di una metropoli. Per anni Neven e i suoi colleghi si erano dedicati allo studio di quel complesso e delle persone, i Matti, per l’appunto, che vi vivevano. Dopo innumerevoli tentativi di introdurvi una spia che puntualmente perdeva la ragione e diventava matta anch’essa, il capo aveva deciso di cambiare tattica. Alla buon’ora, c’era da dire.
Neven non lo ascoltava più da diverso tempo. Reputava il suo superiore un uomo abbastanza suonato da poter mandare avanti il Circo dei Matti da solo e ad occhi bendati, seguire un suo discorso era pressoché impossibile. Ci avrebbe poi pensato Lullaby a metterlo al corrente delle stupidate che aveva sparato in quei suoi momenti di gloria, mentre probabilmente si credeva ancora giovane e potente.
Lullaby era, formalmente parlando, l’assistente di Neven, il suo braccio destro, ma lui la considerava la sua serva. Si trattava di una diciottenne minuta nata nel Circo dei Matti, avente per tale ragione un occhio viola. Nessuno era riuscito a scoprire per quale ragione, ma tutti i Matti avevano una sola iride viola. Questa doveva avere un’importante funzione, visto che Lullaby era stata esiliata dal Circo in giovanissima età, per un difetto di quell’iride. La ragazza era poi albina, perciò il secondo occhio tendeva al rosso, ma gli altri Matti non le somigliavano in questo.
Le poche conoscenze che si avevano sul Circo arrivavano perlopiù dai ricordi della Matta. L’avevano trovata abbandonata ai confini più esterni del manicomio che era ancora una bambina, e se inizialmente avevano pensato di lasciarla lì, ben presto si erano accorti che avrebbe potuto essere decisamente più d’aiuto rispetto alle spie che non tornavano mai.
In quel momento erano state invertite le direttive: non più esseri umani infiltrati fra i Matti, bensì Matti a fianco degli umani sani di mente. Neven aveva accolto il progetto con entusiasmo, ma a parte lui, pochi altri.
Purtroppo anche quell’idea si era rivelata pessima (un paio di Matti avevano ucciso i loro umani in modi atroci, roba da far venire la pelle d’oca ad immaginare) e il progetto “Lupo in vesti d'agnello” era stato ripreso, condannando altri uomini a perdere il senno nel tentativo di studiare i curiosi vicini di casa. Il problema era il fatto che i Matti non uscissero mai dal Circo e, anzi, avessero il terrore di abbandonarlo. Pertanto, per incontrarli era necessario, se non obbligatorio, entrare nel manicomio. Una volta dentro, uscirne era impossibile.
Lullaby si era stranamente ambientata bene fra i normali, si comportava come loro, aveva i loro stessi pensieri riguardo al Circo ed i suoi abitanti, ma era da sempre guardata con aria scettica.
Neven era impegnato a trasformare un foglio di carta in un cigno quando il collega più vicino a lui si alzò dalla sedia esordendo “È un’idea folle, un piano suicida!”.
Immediatamente il corvino scattò in allerta rinunciando all'origami. Il capo, un uomo sulla cinquantina dai capelli corti e brizzolati, spinse indietro con un dito gli occhiali che gli cadevano dal naso. «È la nostra unica possibilità, prima che il Circo dei Matti ci inghiottisca.» replicò guardando a terra.
Lullaby gettò un’occhiata spaventata a Neven, mentre lui ricambiava con uno sguardo pieno di curiosità ed entusiasmo. Il problema della convivenza fra Matti e normali era rappresentato da dati certi: negli ultimi anni, il Circo si era allargato notevolmente. Aveva inghiottito il centro storico della città, spostandosi poi verso le vie di periferia, fino ad appropriarsi dei sobborghi.
Quel che si temeva era, perciò, che i Matti giungessero anche sotto le porte di casa di quella piccola percentuale di popolazione rimasta sana, che a quel punto non avrebbe più avuto scampo.
Per anni, l’obiettivo dei colleghi di Neven era stato quello di curare gli abitanti del Circo dalla loro follia, ma dopo il fallito progetto “carpe diem” la situazione si era fatta drammatica, al punto da costringerli ad avere come solo obiettivo quello di ucciderli tutti. Neven non aveva mai voluto fare il medico, se quell’associazione avesse portato avanti “carpe diem” lui non si sarebbe mai unito. I Matti erano a suo avviso un errore che andava semplicemente cancellato.
«Abbiamo già perso troppi uomini cercando di trovare il nucleo di tutto questo.» intervenne un altro collega, risvegliando l’attenzione del corvino.
Il capo lo corresse «Li abbiamo persi poiché cercavano di osservare il nucleo. Però ora passeremo all’offensiva e lo distruggeremo.»
Lullaby sobbalzò. Il nucleo di cui parlava era un leggendario personaggio di nome Jordan, che a quanto risultava dai suoi vaghi e confusi ricordi era stato il responsabile della nascita dei Matti. Aveva creato un gas nervino che anziché rendere gli uomini delle macchine perfette come desiderava, li portava alla follia. E questa si espandeva come una malattia infettiva.
La situazione si stava scaldando, nessuno desiderava veramente entrare nel Circo dei Matti per scovare Jordan e distruggerlo. Era da pazzi. Il manicomio non aveva vie d’uscita che non prevedessero la perdita del senno. Erano tutti d’accordo.
Chiaramente, tutti eccetto Neven. Lui non aspettava altro che quel momento.
Il capo sistemò nuovamente gli occhiali sul naso. Era una sorta di tick nervoso che lo coglieva quando era sottoposto a stress eccessivo. Quando alzò lo sguardo, la luce dei lampadari al neon si specchiò sulle lenti oscurando gli occhi. Una scena da film.
«È la nostra unica possibilità.» sentenziò l’uomo, la cui voce, suo malgrado, non era affatto ferma. Per la terza volta spinse indietro gli occhiali. «Diamo inizio al progetto Carnival.»

Per CinqueC e chi, come lei, vorrebbe vedere sul mio profilo qualcosa di diverso dall'ennesimo capitolo di Escape: I got u.
Per piacere aiutatemi a capire in che genere vada rifilato Carnival, che spero possa piacervi. È un progetto del tardo 2016 che è riuscito, miracolosamente, a non disgustarmi con il passare del tempo. Per domande, sono qui. Maggiori dettagli nei prossimi capitoli, che verranno pubblicati (se riesco) alternati a Slaughter.

CarnivalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora