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"Non dire una parola in più, non voglio sapere niente di questa storia" biascicò, scolandosi un altro bicchiere di vino rosso

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"Non dire una parola in più, non voglio sapere niente di questa storia" biascicò, scolandosi un altro bicchiere di vino rosso.

Picchiettai le dita sul bordo del tavolo bianco senza distogliere lo sguardo dall'orologio appeso sulla parete, bianca pure quella. Segnava le cinque di pomeriggio, avevo ancora un po' di tempo per redimermi.

"Dovresti smettere di bere, Monica." Poi aggiunsi: "Tutto questo bianco è nauseante."

Smisi di fissare lo spostarsi veloce delle lancette e osservai quella che un tempo era stata la mia migliora amica. Dietro al rossetto rosso e una rigida pettinatura, riuscivo ancora a scorgere i tratti spigolosi di una ragazzina piena di lentiggini. Era ancora pallida, aveva lo stesso sguardo severo e quando sorrideva si accentuavano le due piccole fossette sulle guance. Ma la casa, i vestiti firmati e la sua compostezza tradivano il cambiamento che era avvenuto in quegli ultimi sei anni.

"Non dovresti dirmi cosa fare. Tu..." si trattenne un secondo, passò la mano tremante sull'ampia fronte e fece un profondo respiro.

"Tu sei morta sei anni fa. Ho assistito al tuo funerale, ho pianto settimane intere, ho passato l'inferno mentre tu, Helen, eri chissà dove a fare chissà cosa" singhiozzò.

Mi trattenni dall'alzarmi e stringerla tra le braccia per rassicurarla. Doveva calmarsi da sola perché il peggio doveva ancora arrivare. Non avrei mai voluto coinvolgere Monica nella mia vita, ma non avevo avuto altra scelta. Monica era l'unico modo per vendicarmi di coloro che avevano causato il dolore che stavo patendo, a costo di passare il resto della vita in carcere.

"Mi dispiace" mormorai.

"Ti dispiace? Non puoi presentarti qui dopo tutto questo tempo e dirmi che ti dispiace, Helen."

Accavallai le gambe, quando avevo preso quella decisione sapevo che non sarebbe stato facile. La reazione di Monica era stata prevedibile e, nonostante avessi ripetuto più volte il discorso davanti allo specchio, ora non ce la facevo ad iniziare. Inspirai l'aria famigliare di caffè e biscotti al burro e mi costrinsi a dire le parole che ronzavano in aria.

"Non mi chiamo più Helen. Sono Eleonor Stevens e..." esitai un attimo, giusto il momento per dare il tempo a Monica di assimilare l'informazione. "E sono la moglie del famigerato Fleubert. Sono la Mano d'oro che la polizia sta cercando e rientro nella lista delle persone più pericolose del mondo."

Le mie parole fecero l'effetto che avevo temuto di ottenere. Monica si alzò e boccheggiò, aveva trattenuto il respiro da quando avevo nominato Fleubert, il nome d'arte del più famoso criminale europeo. Nessuno conosceva la sua vera identità ma, sia in alti ceti che in bassifondi, tutti sapevano chi fosse Fleubert.
Era diventata ancora pallida quando, senza esitazioni, avevo confessato di essere la Mano d'oro, la ladra più ricercata negli ultimi tre anni. Nessuno aveva però mai collegato Fleubert alla Mano d'oro, figurarsi a una donna.

"Non è divertente, Helen" bisbigliò e si risedette sulla sedia. Afferrò la bottiglia di vino e mandò giù un lungo sorso. "Tu non puoi essere la Mano d'oro, non avrebbe alcun senso."

Sorrisi, la mente di Monica si era rifiutata di assorbire l'informazione su Fleubert e stava cercando di rielaborare a modo proprio l'altra novità.

"Perché non potrei esserlo?"

Non avevo tempo per discutere delle cose futili, ma avevo bisogno che Monica comprendesse a pieno la faccenda prima di diventare un fiume in piena e rovesciarle la mia vita addosso. 

"Perché tu sei così dolce, ingenua e altruista. Non faresti male a una mosca" ribatté con sicurezza.

Scolò un altro sorso direttamente dalla bottiglia. L'aria composta che aveva quando aveva aperto la porta si era sgretolata del tutto, scoprendo una donna fragile e spossata.

"Un viso d'angelo, un'anima da diavolo."

Finalmente Monica si ricompose, si alzò e si avvicinò all'enorme vetrata che dava sul giardino interno. Avrei dato tutto per sapere a cosa stesse pensando. Il silenzio rimase sospeso tra noi due.

"Cosa vuoi da me?"

Era stata diretta, schietta eppure mi fece male. Dopo i miei genitori, Monica era la persona a cui tenessi di più. 

A cui Helen Waldey tenesse

Ma io ero Eleonor e non potevo rimpiangere un passato che non mi apparteneva.

"Ho bisogno che tu sia il mio asso nella manica" dissi, riferendomi al poker che tanto amavamo giocare.

Era stato il padre di Monica a insegnarci le fondamenta, ma la nostra natura competitiva aveva permesso ad entrambe di essere molto più delle principianti. La madre di Monica diceva spesso che vincevamo perché avevamo un asso nella manica, ma avevo capito molti mesi dopo cosa intendesse la donna.

"Non posso, Helen. In nome della nostra amicizia ti chiedo di andartene e non ti denuncerò, se dovessi ritornare sarò costretta a fare presente alle autorità competenti la tua situazione."

Annuii, mi ero aspettata anche quella reazione. Le persone erano troppo prevedibili. Mi alzai e raggiunsi Monica, avrei fatto breccia in quello che lei aveva definito "amicizia".

"Sei riuscita a realizzare i tuoi sogni. Non sono stata presente, è vero, ma ho sempre vegliato su di te. So che sei diventata un avvocato, hai sposato Robert e sei sempre divisa tra la carriera e la famiglia. So per certo che, in momenti di stanchezza, esci da qui e vai sederti su quell'enorme poltroncina in giardino e che ti porti dietro sempre un thermos di the al limone e zenzero. L'odore di caffè che aleggia in aria è quello di Robert perché tu non lo bevi, o meglio, lo bevi ma solo in compagnia" conclusi, sbirciando di sottecchi la donna accanto a me.

Monica si avvolse nello scialle senza spostare lo sguardo dalla finestra. La sua mente stava rielaborando tutte le informazioni. Era sempre stata più intelligente e razionale rispetto a me, forse per questo era riuscita a realizzare i suoi sogni. Ma io non riuscivo ad invidiarla, per quanto la mia vita fosse un continuo casino di insicurezze, non avrei cambiato nemmeno una delle mie scelte.

"E va bene, Eleonor Stevens, sarò il tuo asso. Ma dovrai raccontarmi tutto, a partire da come Fleubert sia riuscito a mettere un anello al tuo dito."

Ci fissammo per uno, due, tre secondi. Distolsi lo sguardo per prima, ma non senza avere ricevuto un sorriso.

Ehila, eccomi qua con una nuova storia! In questi due anni mi sto cimentando con tutti i generi di storie e... mi sa che alla fine tornerò al mio vecchio buon fantasy! 
La bellissima copertina è stata realizzata da @Skadegladje , passate a vedere le sue opere: ci sono ancora alcune premade libere ;) 

Grazie a @smallcactusstories per l'aesthetic!

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