Capitolo 4- Juliette

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Se c'era qualcosa che Juliette amava profondamente -dopo il cibo, ovviamente- era sentire la magia scorrerle dentro, nelle vene e nel sangue, percepire il potere muoversi sottopelle, tra i polpastrelli delle dita, procurarle quella sensazione di invincibilità capace di scombussolarla dall'interno anche dopo tanti anni di pratica: un brivido di cui non era mai sazia.

Juliette amava anche cacciare, quasi per lo stesso motivo.

Adrenalina e magia erano una combinazione incredibile, che riuscivano a farla sentire più viva che mai, una scarica di energia lungo tutta la spina dorsale capace di sconvolgerla, di darle più forza di quanta ne potesse desiderare. Era come una droga, una dipendenza dalla quale era impossibile staccarsi una volta provata.

Ciò che invece amava un po' meno, fra le altre cose, erano i preparativi prima della caccia, specie quando questi prevedevano interazioni con un certo megalomane di sua conoscenza, sempre intento a brontolare e, soprattutto, non offriva mai tè e biscotti quando andavano a trovarlo -imperdonabile.

Di chi era stata l'idea di salvarlo -peggio ancora, di rivelargli il segreto dell'immortalità- non lo ricordava, ma più passavano gli anni, più si convinceva che fosse stato un terribile errore.

«Coraggio, non fare la bambina.» la spronò Rikka, sistemandosi gli occhiali trasparenti sul naso.«E questa volta vedi di non iniziare a discutere, ti prego

Juliette arricciò il naso, corrugando la fronte e squadrando l'amica come se fosse sua la colpa: poteva portarsi dietro una qualunque delle altre e lasciare che fosse lei ad andare a controllare le Terre Nulle, invece era stata costretta a seguire Rikka nel posto in cui meno voleva trovarsi, per questo non avevano diritto di pretese e lamentele di alcun tipo. Era colpa loro.

«Rispiegamelo ti prego... perché ci serve lui?»

Rikka le rispiegò per la millesima volta che per catturare una corroccotta -senza ucciderla e senza possibilmente farsi massacrare dalla suddetta creatura nel mentre- serviva un approccio diverso dal solito, quindi le pozioni degli alchimisti erano il metodo migliore per risolvere il problema.

«E non potevamo andare da Nicolas?»

«Al momento è fuori città per alcune commissioni. E poi, Nicolas è bravo con il grimorio, le antiche ricette e la pietra filosofale, ma non ha la stessa predisposizione all'utilizzo della scienza moderna nella creazione di farmaci e pozioni.»

Sospirando affranta, Juliette si arrese all'inevitabile destino che l'attendeva varcata la soglia dell'enorme portone verde scuro del numero 1 di Rue Saint-Claude, proprio davanti ad uno dei negozi Franprix. Chissà, magari poteva fare una capatina a prendere qualche snacks mentre aspettava che Rikka finisse.

Non riuscì nemmeno ad aprire bocca. «Non azzardarti a lasciarmi da sola con lui. Se ci provi te la farò pagare.» e con quella sola frase si rassegnò completamente, chinando il capo e facendosi strada all'interno dell'abitazione.

Avevano suonato il campanello, e quando lo scatto dell'ingresso aveva dato il loro il via libera, vi si erano infilate senza nemmeno aspettare che il padrone di casa arrivasse ad accoglierle.

L'ingresso della casa era ampio e lungo, con niente più di un appendiabiti e una cassettiera a riempirne lo spazio: una sola pianta donava colore al lungo percorso, mentre alle pareti pendevano quadri rigorosamente monocromatici, un misto di bianco e nero su cui erano ritratti volti umani, studi e opere di importanti scienziati, vecchi articoli di giornale ritagliati ed incorniciati, alcuni scritti di alchimia incollati tra loro in collage male assortiti.

Era buio, nessuna luce accesa ad illuminare loro la strada, con un insopportabile odore di zolfo ad intorpidire l'aria circostante e una nebbiolina bluastra a rendere il tutto più spettrale e inquietante: Juliette si strinse nelle braccia, cercando di scacciare la sensazione di disagio che le correva lungo la spina dorsale. Si fece più vicina a Rikka, che invece non sembrava lasciarsi intimorire dal luogo.

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