Tutto ebbe inizio quel fatidico maledetto giorno. Nulla di tutto ciò doveva accadere, ma non ebbi altra scelta...
La mia famiglia era una gilda di assassini, i migliori nel campo. Raggiunta la maggiore età, dovetti recarmi nel sacro Tempio di famiglia a nord delle Lande di Sangue per dimostrare di essere un vero Vladimir. Il viaggio fu estremamente duro; bisognava attraversare le Cascate della Morte, il Monte dei Takaichi (esseri con volti orribili, udito e olfatto straordinari, le loro armi erano le loro ossa taglienti come rasoi) e infine le Lande di Sangue, dove ogni passo poteva lacerare il corpo a causa del vento contaminato da un veleno sconosciuto.
Partii solo con una vestaglia, una daga e una maschera per coprire il mio volto, lasciando scoperto solo il mio sguardo dagli occhi rubino, tipici della nostra famiglia. Avevo anche una mappa. Arrivato alle Cascate della Morte, dovetti camminare il più velocemente possibile su un ponte di legno barcollante e corroso dalle acque. In fondo alle cascate c'era solo buio, un buio infinito che non potrei mai dimenticare. Era una visione oscura e interminabile, sentivo solo il rumore dell'acqua che cadeva in quell'abisso senza fine. Dovevo correre senza fermarmi. A metà strada mi resi conto che il tempo scarseggiava e che il ponte stava per crollare del tutto. Sentivo lo scricchiolio del legno, l'aria che mi spingeva verso l'abisso e le gocce d'acqua che mi colpivano come aghi, ognuna penetrando nella mia carne. Arrivai quasi alla fine quando il ponte cedette da un lato. Sapevo che sarei morto lì se non avessi fatto qualcosa, ma era troppo tardi. Prima di cadere, mi precipitai verso il prossimo gradino di legno, ma sapevo che non avrebbe retto a lungo. Corsi così veloce che quasi raggiunsi l'altra parte del ponte, ma quando cedette dall'altro lato, dovetti afferrare la mia daga e lanciarmi contro la parete rocciosa, conficcando la lama nella roccia. Ero a pochi passi dalla terraferma, ma stavo comunque cadendo sempre di più. Il vento e l'acqua mi torturavano, ma non potevo morire, dovevo rendere orgogliosa la mia famiglia, soprattutto mio padre, Eduard Vladimir. Usai la spada come un gradino e riuscii a spingermi verso l'altra parte del ponte. Ce l'avevo fatta, anche se avevo perso la daga, e sapevo che non sarebbe stato facile senza armi nel Monte dei Takaichi. Ma non avevo scelta. Appena giunto sulla terraferma, a qualche metro dal ponte, presi una boccata d'aria e sentii un magnifico odore floreale, la vegetazione era intensa in quel piccolo bosco purtroppo però non potevo restare a lungo, staccai un ramo per cercai di modellarla il più possibile con un masso lì vicino finalmente costruirmi un'arma, non sarebbe stata perfetta, ma contro i Takaichi mi avrebbe dato una possibilità aggiuntiva, faticai molto, ma riuscii a renderla adatta al maneggiamento e al trasporto. Una volta finito attraversai il fitto bosco e arrivai sotto il Monte dei Takaichi. I gradini erano molto ripidi e la stanchezza mi sopraffaceva. Rischiai più volte di cadere, ma per fortuna riuscii a continuare la mia scalata.
Salendo, mi resi conto che l'aria stava diventando sempre più fredda e forte. Nonostante tutto, continuai a scalare la montagna. Una volta in cima, dovetti fare molta attenzione. Presi la daga di legno che avevo costruito e mi nascosi tra i cespugli, vicino a un accampamento dei Takaichi. Mi avvicinai molto lentamente a uno di loro e gli infilzai la spada nella nuca, chiudendogli la bocca per impedirgli di urlare. Poi lo misi in un cespuglio e gli staccai l'osso che aveva nel braccio, utilizzandola io stesso come arma, in questo modo sarebbe stato più facile sopravvivere agli altri.
Camminai dietro i cespugli per tutto il tragitto finché non finirono. Sarebbe stato un problema avanzare senza un piano e con tutti i Takaichi in guardia. C'era il rischio di morire in meno di 2 secondi. Mi guardai attorno per trovare un'altra via di fuga o un luogo in cui nascondermi. Poi mi venne un'idea folle, da pazzi, ma non c'era altra via. Andai di soppiatto nella tenda del loro capo, tagliai il velo esterno con l'osso del Takaichi e mi intrufolai.
Entrando, sentii una puzza disgustosa. Poco dopo, entrarono 4 individui che parlavano una lingua sconosciuta a me. I quattro individui erano il capo, due soldati semplici e 2 generali. Lo capii perché vidi le ossa al collo che portavano come ornamento, come se fossero dei trofei. Quello che uccisi non ne aveva. Era sicuramente un novellino.
Mi sporsi di più per vedere. Il capo aveva una vera e propria armatura fatta di ossa. Si mise alla scrivania e iniziò a mangiare qualcosa. Camminai in modo veloce e silenzioso. Sapevo di avere poco tempo prima che mi sentisse. Arrivai dietro di lui. Si girò di scatto, ma riuscii a tagliargli la gola per impedirgli di urlare. Gli strappai quel poco di faccia che aveva. Era molto tozzo e grasso, quindi riuscii a farmi degli strati di pelle che mi avrebbero coperto le mani. Li legai con uno spago che si trova sulla scrivania. Uscii di nuovo, mi nascosi e aspettai che si accorgessero che il loro capo era morto. Mi accorsi che il panico iniziò a diffondersi quando udii le urla di donne e bambini, rendendo il campo un caos totale. Gli uomini si riorganizzarono e si misero in guardia, pronti ad uccidere chiunque sembrasse sospetto. Mi nascosi e lanciando la spada di legno verso il bordo della montagna da cui ero salito, attirai l'attenzione di tre guardie che si avvicinarono udendo il rumore. Mi avvicinai lentamente e riuscii a spingerne due nel burrone, mentre il terzo lo trafissi al cuore. Le guardie sentirono le urla e vennero verso di me. Dovetti correre verso le lande, mentre loro mi inseguivano e mi lanciavano delle lance addosso, causandomi solo graffi, ma nulla di grave. Giunto alla discesa per le lande, mi buttai, ma i Takaichi non mi inseguirono.
Scendendo la montagna, iniziai ad accendere un fuoco. Il freddo e la fame mi stavano uccidendo. Vidi un Contir (una specie di coniglio di montagna molto più grosso e succoso) e mi avvicinai lentamente. Gli lanciai la lama del Takaichi, colpendolo allo stomaco, e lo vidi cadere su un lato. Gli tagliai la testa per porre fine alle sue sofferenze. Trascinai il Contir fino al fuoco, lo scuoiai e infine lo misi a cuocere. Con la pelle del Contir mi feci anche una sorta di mantello per ripararmi ulteriormente dal vento delle lande. Dopo aver mangiato, mi rimisi in viaggio. Ora ero più protetto, poiché più cose si indossano, meglio è nelle Lande del Sangue. Continuai a camminare e dopo qualche ora vidi le lande, tutte rosse e caotiche, piene di ossa umane e non. Il dover camminare in quelle lande era inquietante, ma ormai nulla mi stupiva. Camminai in quelle valli per ore e iniziai a sentire dolore in tutto il corpo, soprattutto alle braccia e alle gambe. Era insopportabile, ma continuai a camminare e poi a correre fino a quando non ebbi il fiatone. Mancavano ancora qualche centinaio di metri dal tempio e non avevo più le forze, ma non potevo stare fermo o sarei morto. Camminando a testa bassa, vidi una borraccia. La aprii per vedere se contenesse dell'acqua, ma non c'era nulla. Era un giorno che non bevevo e iniziai a sentirne gli effetti. Vidi un'altra borraccia e questa volta sentii che c'era dell'acqua. Mi levai la maschera per qualche secondo, giusto per bere e riprendere fiato. Sentii il labbro distrutto e il naso bruciato, quindi rimisi la maschera e continuai a correre più veloce del vento.
Arrivato al tempio, ero distrutto. Ormai non sentivo più le gambe, che erano piene di ferite e acido lattico, così come le braccia.
Arrivato al Tempio mi levai i la pelle del Takaichi che avevo nelle mani buttandole a terra mi avvicinai a una tomba dove dovevo compiere un rituale per rimanere per l'eternità in quel luogo, come avevano fatto i miei predecessori. C'era un pugnale con una lama dalla luna rossa come il sangue, e notai una scritta su di esso che recitava:
"Se vuoi restare nel mondo, devi sacrificarti profondo. Riempi la vasca di sangue tuo, e rinascere presto potrai."
Presi il pugnale e sapevo che per potermi sacrificare, dovevo far fluire il più sangue possibile. Mi tagliai le vene del polso, facendo uscire il sangue necessario. Mi sentivo svenire; non avevo mai perso così tanto sangue in così poco tempo. Quando ci fu abbastanza sangue, le mie vene si cicatrizzarono immediatamente, come per miracolo. Vidi la tomba del tempio con scritto il mio nome: "Souls Vladimir". Ora quel pugnale apparteneva a me.
Tornai verso casa lungo un sentiero che potevo percorrere solo avendo superato le prove. Ero felicissimo. Finalmente ero diventato ciò che avevo sempre sognato e finalmente avevo superato tutte le mie paure. Lungo il sentiero verso casa, notai un gruppo di uomini che si dirigeva verso il centro di Rift, la città più grande di tutto il mondo.
Nel tragitto verso casa, tutti mi guardavano male. Ero un ragazzo con una vestaglia, un mantello di pelle di Contir, una maschera e un osso di Takaichi... Beh, anche io avrei reagito nello stesso modo. Corsi il più veloce possibile verso casa e la vidi... In fiamme sul prato di casa. Con il fuoco, i nostri peggiori nemici avevano scritto "Flame". Scosso, mi fermai un attimo prima di riprendere a correre dentro la casa...
E finisce qua la mia prima parte del l'assassino di sangue, ditemi cosa ne pensate consigli e altro ancora, grazie per la lettura.
By: vaanjesus
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The Killer of the Moon From Blindfolded
FantasyIl racconto parla di Souls Vladimir una ragazzo rimasto solo dopo che la famiglia è morta per colpa di una setta di assassini segreta i Flame. La vendetta di Souls sarà guidata soltanto dalla rabbia e dalla sete di sangue verso la setta ATTENZIONE ✋...