Ero crollato, tra le bozze del nuovo lavoro. Me l'ero portate a letto, la scadenza si avvicinava, dovevo rubare i minuti al sonno. Caffè.
Infilai le ciabatte e ciondolai in cucina. Aprii il barattolo. Un disegno astratto di pochi granelli scuri. Bar.
Infilai i pantaloni sopra al pigiama. Non per pigrizia, si trattava di una precisa strategia: l'aria era gelida. Infilai il giubbotto, mi calai un cappello di lana fino agli occhi e uscii. Le chiavi di casa dondolavano ad ogni passo: mi sembravo Tom Hanks nel Miglio Verde.
Al terzo sorso di caffè, la tv accesa attirò la mia attenzione. Era su un telegiornale e parlava di una fiera del fumetto. Una fiera del fumetto? Quandodovecome? Alzai le spalle e continuai a bere: forse era un servizio vecchio. Mi avvicinai al tavolino, dove tenevano i quotidiani a disposizione dei clienti. Fumetti.
Fumetti? Sgranai gli occhi. Roba vecchia: il numero 17 di Venom, uscito a novembre, sembrava urlare la sua stranezza dalla spalancata bocca violacea, con la lingua sinuosa e lunga come l'inferno. Mi venne da ridere: Alfredo, il gestore del bar, mi aveva sempre guardato con sufficienza. Per lui io ero "uno che campa facendo i disegnini". Perché ci andavo? Boh. Me lo chiedevo spesso. Il caffè faceva anche schifo. Accanto ai fumetti c'era il solito quotidiano. Lo aprii e trovai i soliti titoli di cronaca nera. Nell'angolo, però, la pubblicità di un servizio fumetti unlimited.
-Che è quest'abbonamento "Occhio!"?– mormorai tra me e me.
-Non lo conosce? È un servizio via internet che dà ogni mese la possibilità di leggere intere serie, ad un prezzo modico–
Un ragazzo col cappellino da baseball. Cielo, sono su Netflix. Giusto!
-Come Netflix?–
Il ragazzo si allontanò con un'alzata di spalle:
-Non ho mai sentito questa net flix-
Decisi di prendere la metropolitana: la macchina era parcheggiata troppo bene. Una luminosa gigantografia del cane della Bao Publishing mi accolse all'ingresso alla stazione. Sulle sedie di metallo c'erano tre o quattro persone: tutte avevano un fumetto. Che davvero ci fosse un'accidenti di fiera? Mi stranii: so tutto del mondo del fumetto, come potevo essermi perso una roba del genere? Una conversazione attirò la mia attenzione: una vecchietta distinta, con un completo tipo la regina Elisabetta, stava parlando con una donna alta e robusta, con una grossa sporta della spesa in mano.
-La pubblica Monsieur Toussaint Louverture, là. Sopravvalutata, fatto sta che il premio della critica dell'ACBD è andato a lei. Non trova che sia assurdo, signora mia? Ai miei tempi non si sarebbero fatti abbagliare da quella finta intellettuale!–
-Oh, signora! In fondo l'aura autobiografica ha fascino! Deve ammettere che la signora Ferris ha avuto una vita non facile, ricca di circostanze bizzarre! La gente è pettegola e curiosa, ovvio che ne sia attratta! Diciamo la verità, anch'io ho dato una sbirciata–
Dio mio. Emil Ferris. La conoscono una decina di persone in Italia? Non so. Ero capitato in paradiso? O finalmente il mondo dei miei sogni era reale?
La metro arrivò sferragliando. Le carrozze erano tappezzate da un solo manifesto pubblicitario. Un fumetto. Wow! Mi avvicinai per studiarlo. Era qualcosa che non conoscevo, tratto tondeggiante e rassicurante, uno stile simile ai fumetti Radice-Turconi. Non riuscivo a riconoscere la mano. Strano. L'occhio corse al logo della casa editrice. Sentii la testa che girava: non conoscevo quella casa editrice. Allora c'era davvero qualcosa di strano. Sfiorai il simbolo con le dita, squadrandolo a occhi sbarrati. I fumetti sono una letteratura di second'ordine, nessuno valuta i fumetti una cosa importante. La gente non va in giro con i fumetti in mano come con un quotidiano o un libro. I fumetti non fanno notizia.
-Ehi, amico, guardi come se non l'avessi mai visto!– rise un ragazzo con i dreadlocks –Come se ogni santo giorno non iniziasse con un fumetto dell'Occhio!–
Nessuno si sognerebbe di ridere di qualcuno che non conosce fumetti. Deglutii.
So bene che tutto il resto del mondo intorno a me pareva uguale. Il messaggio di buongiorno di Lucia su whatsapp, il pessimo caffè di Alfredo, la scomodità dei sedili della metro. Era solo una piccola nota anomala? No, non direi.
Alla prima fermata scesi: dovevo trovare un'edicola. Dovevo leggere qualcosa. Dell'Occhio, ovviamente.
L'edicola era stupefacente. Fumetti di ogni genere. Appena mi avvicinai, l'edicolante mi allungò un fumetto dell'Occhio e poi mi chiese:
-Altro?–
-No. Le devo?–
-Niente, non ha preso altro!– mi rispose, stupito.
Lo sfogliai. Non conoscevo quei personaggi. Non erano Marvel o Dc o Bonelli o nulla che fosse nella mia esperienza.
Google esiste? Mi chiesi
Mi sedetti su una panchina. Google. Erano tutti personaggi creati dopo il 2000, l'anno in cui avevo cominciato a pubblicare, proprietà intellettuale dell'Occhio. Incrociando le dita cercai ancora.
Non potevo crederci. Avevo trovato un blogger, che si autoproclamava sovversivo. Il Cinema era alla fine. I personaggi dell'Occhio erano passati anche da lì, giocando la carta di un universo condiviso ma gli incassi erano andati peggio dei fumetti da cui erano tratti, quindi avevano rinunciato. Era partita un'operazione talmente grossa che alcuni multisala erano stati convertiti in fumettoteche, librerie. Il blogger concludeva che il 2000 era stato l'anno della svolta, della conquista del mercato da parte dell'Occhio.
Decisi di vedere con i miei occhi uno di questi multisala depurati. Entrai e mi girò la testa. Mai visto operazioni di marketing così forti, legate praticamente a ogni ambito ipotizzabile.
Mi sentivo stanco da morire. Mi sedetti e ripresi a sfogliare quel fumetto. Lentamente, cominciai a capire. Era politica. Quel fumetto gratuito era propaganda abilmente fatta filtrare da uno di gran mestiere. Senza farmi scorgere, con la sensazione di paranoia che ormai mi prendeva, continuai a sfogliare. Chi è il proprietario dell'Occhio?
Ed ecco sotto i miei occhi uno spazio elettorale: il proprietario dell'occhio, nonché premier del governo, si ricandida dopo che le scorse votazioni aveva vinto con più del 50% dei voti.
Il 2000 è l'anno della svolta, ripensai. Mi venne un brivido. Perché sono qui? Cosa ho fatto io nell'anno 2000?
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L'Occhio
Short StoryPartecipa alla seconda prova della Libreria del Cappellaio Matto: La vita dopo la notte