Capitolo 6

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Erano poche le cose di cui Jimin era certo, a quel punto della vicenda. Una di queste era il fastidioso odore della sigaretta che Yoongi si ostinava a fumare, la seconda, poiché era improbabile che uno solo di quei sottili cilindretti durasse più di tanto.

Erano pochi persino i concetti sensati che riusciva a formulare e tutti riguardavano il perché si fosse lasciato trascinare in quella situazione così assurda. 

Come magra consolazione, c'era da ammettere che l'atmosfera intorno cozzava terribilmente con le sue idee ingarbugliate; era tutto così piatto e pacato, e mai come in quel momento la metafora di "città dormiente" sarebbe stata più azzeccata. La pelle di Jimin era talmente impegnata a rabbrividire per l'imbarazzo  che neanche percepiva il freddo, mentre era il cielo a farla da padrone, esponendo stelle a destra e a manca. 

Jimin aveva perso il conto delle volte in cui aveva definito queste ultime  "gli occhi del cielo", certo che, in almeno una di esse, vi fosse un personaggio in ascolto, magari solo un guardone, magari qualcuno che non possiede altro se non la speranza di trovare vita altrove, oltre un oceano di vuoto assoluto e polveri rocciose. In una situazione normale avrebbe volto gli occhi solo e soltanto al cielo, ma gli era impossibile non osservare Yoongi di sfuggita, in attesa della sua stramberia successiva. 

Probabilmente era solo un modo per ingannare il tempo e schivare l'impellente bisogno di sapere il perché di tutto quell'interesse. D'altronde, cosa ne sapeva lui delle persone? Per quanto successo in quegli ultimi giorni, non era neanche più certo che quello seduto di fianco a lui fosse davvero un ragazzo di diciotto anni. 

E il canto dei grilli mori, che da sempre era stato una dolce melodia, d'un tratto sembrava solo tremendamente fastidioso.

Non seppe neanche dove trovò il coraggio di chiedere, mangiato dai dubbi e logorato dallo stress a tal punto da non interessarsi di preservare quel briciolo di orgoglio che gli era rimasto. <<Perché siamo qui?>> domandò, esausto come mai lo era stato in vita sua. Si ovvia alla stanchezza fisica con bel un bagno caldo, ma c'è davvero un modo per combattere l'affaticamento di un animo troppo provato?

Chiunque dicesse che l'espressione di Yoongi rimaneva impassibile indipendentemente dalle circostanze non l'aveva osservato abbastanza attentamente, e di questo Jimin si rese conto notando a fatica come le sue sopracciglia si fossero leggermente aggrottate dopo quella domanda.

<<Perché alla principessa dava fastidio che qualcuno fumasse in camera sua>> rispose, ma non sembrò acido o infastidito, piuttosto apparve divertito, ma con il buio a lambire ogni cosa era difficile da determinare. 

<<Parla lo squilibrato che entra dalle finestre altrui nel cuore della notte. Mi hai fatto prendere un colpo, Cristo>> 

Yoongi rise di gusto e Jimin ne rimase colpito per un attimo. Colpito soprattutto da sé stesso, poiché non era arrabbiato come si sarebbe aspettato, ma piuttosto aveva voglia di ridere e dimenticare ogni cosa, che fosse il suo astio per Yoongi o il silenzio di suo padre. 

<<E piantala di ridere! Guarda che mi sono fatto malissimo>> insistette Jimin, riferendosi alla caduta di pochi minuti prima. Forse un piccolo sorriso si stava facendo strada tra le sue labbra, ma di certo lui sarebbe stato l'ultimo ad ammetterlo e nessuno, a parte proprio Yoongi, avrebbe potuto testimoniare un suo cedimento. 

<<Fidati, mi ricordo, sei caduto come un sacco di merda>> disse Yoongi tra le risate, leggero come il fumo che fino ad un attimo prima stava inspirando con trasporto. Jimin credette che fosse davvero uno spettacolo sentirlo ridere, ed era certo fosse anche un evento piuttosto raro. 

Chissà se Yoongi aveva degli amici con cui rideva con la stessa allegria? Quasi quasi era invidioso. Invidioso di un rapporto tanto confidenziale, sia chiaro, non di Yoongi. 

I Grilli Cantano Solo Di Notte || YoonMinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora