Chapter 2.

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Avevo dormito sì e no tre ore quella notte, prima di sentire la fastidiosa suoneria del mio telefono che mi perforava i timpani. Se non fosse stato per il fatto che adoravo il mio iPhone, l'avrei sicuramente scaraventato fuori dalla finestra.

Mi alzai di malavoglia per spegnerlo, prima di trascinarmi in cucina al piano di sotto. Addentai pigramente un biscotto al cioccolato mentre mi preparavo psicologicamente a quello che mi aspettava quella mattina. Per fortuna la scuola distava solo dieci minuti a piedi, perciò avrei potuto prepararmi con calma. E stranamente oggi ero in largo anticipo.

Mia madre, con il sorriso ancora stampato in faccia -era da quando eravamo partite che non smetteva di sorridere e saltellare allegra per casa, solo per questo le avrei volentieri lanciato dietro qualcosa- si stava preparando per andare al suo nuovo lavoro.

Comincio a pensare che avesse organizzato tutto mesi fa a mia insaputa, ovviamente non le importava di cosa pensassi al riguardo e non ha ritenuto che fosse una buona idea rendermi partecipe dei suoi piani, per questo da quando avevo messo piede su quell'aereo non le avevo più rivolto la parola e avevo intenzione di continuare così per i prossimi due o tre secoli.

Ma lei non sembrava particolarmente offesa o disperata, anzi, si ostinava a trovare infiniti lati positivi per convincermi che io sinceramente non vedevo minimamente, come se fosse la cosa più bella del mondo vivere qui, lontano da tutto e da tutti. Forse perché lei non aveva mai avuto chissà quale legame con l'Italia e con i nostri parenti, il lavoro era l'unica cosa di cui fosse particolarmente fiera, quindi questo nuovo prestigioso impiego con tanto di notevole aumento di stipendio, era l'unica cosa alla quale pensasse in quel momento.

Ormai mi ero rassegnata perciò non potevo fare altro che offrirle uno dei miei più finti sorrisi di circostanza, appositamente senza cercare di farlo sembrare convincente, e dirigermi nuovamente al piano di sopra.

Dopo aver indossato un paio di skinny jeans neri, un maglione bordeaux e le mie adorate Dr Martens, applicai una linea non troppo spessa di eyeliner sulle palpebre e del mascara per risaltare i miei bellissimi occhi verdi -sì la mia modestia non ha limiti- e completando il trucco con una generosa spolverata di blush sugli zigomi. Anche se non serviva a molto, almeno mi faceva sembrare leggermente meno pallida del solito, dato che la mia carnagione era talmente chiara che a volte sembravo davvero un cadavere. Ah, c'est la vie.

Sciolsi lo chignonne che mi facevo tutte le sere per dormire, in modo da avere dei boccoli pressoché decenti e cercai di dar loro una specie di piega, riga rigorosamente in mezzo.

Una volta pronta presi il cappotto, una sciarpa a caso, misi il cellulare e le chiavi di casa in tasca e uscii per dir- oh che idiota lo zaino, cominciamo bene.. per dirigermi verso quello che d'ora in avanti sarebbe stato il mio nuovo liceo.

Struttura enorme, stile ultra moderno, proprio come nei film. Oltrepassai il cancello, passando tra migliaia di studenti svogliati e tutt'altro che entusiasti di cominciare un'altra settimana d'inferno.

Personalmente mi era sempre piaciuta la scuola, non perché fossi una secchiona o cose simili, ma per l'ambiente, le amicizie che si creano, l'essere parte di una classe. Non era come la mia vecchia scuola ma almeno finora mi aveva dato una buona impressione, speravo solo che fosse la stessa cosa con i nuovi compagni.

Non feci in tempo ad entrare nella struttura che due studentesse mi raggiunsero sorridendo. Quasi mi travolsero dall'emozione di raggiungermi.

"Ciao tu devi essere quella nuova!" esclamò la ragazza con i capelli ricci che mi stava davanti.

"Piacere Lisah, puoi chiamarmi Liz se vuoi, lei è Micol" rispose sorridendo la sua amica. Aveva i capelli di una straordinaria tonalità di blu elettrico, gli occhiali e un'aria molto simpatica. Suppongo che le due non fossero tanto male.

"È un vero piacere conoscerti! Coraggio, ti accompagniamo in classe! Ecco questo è l'elenco dei libri e delle lezioni che dovrai seguire. Oh e la combinazione del tuo armadietto. Ma puoi cambiarla se ti va. Frequenteremo tutti i corsi insieme non vedo l'ora!" mi abbracciò eccitata, quasi le brillavano gli occhi dalla felicità.

Wow questa ragazza parlava anche più di me, il che era tutto dire. Mi sorprese il fatto che avesse detto tutto d'un fiato, ma non sentiva il bisogno di respirare? Nonostante tutto era abbastanza simpatica al primo impatto, per quanto intenso e improvviso fosse stato, e in un certo senso era stato meglio così, perché ero molto timida quando non conoscevo letteralmente nessuno, la sua esuberanza aveva accelerato il processo. In più aveva dei capelli davvero stupendi. Ricci, castani e lunghissimi, quasi le arrivavano al sedere. E ad osservarla meglio mi era parso di scorgere qualche lentiggine sulla sommità del naso.

Mi ci volle del tempo per recepire tutto ciò che aveva detto. Mi ero scordata che qui in Inghilterra le lezioni sono organizzate in modo diverso, avrei dovuto abituarmici. Ma soprattutto avevo sempre sognato un armadietto. Fa molto high school.

Dopo quelli che mi sembrarono anni, riuscii finalmente a dire "Wow non mi aspettavo tutta questa accoglienza. Ehm grazie, io sono-"

"Alice Elizabeth Collins, ormai sappiamo tutto di te! Sei italiana ma hai un cognome straniero perché tuo padre che è venuto a mancare poco prima che nascessi -a proposito mi dispiace tantissimo- aveva origini inglesi. Hai sedici anni, frequenti il terzo anno di liceo, vivevi in una città vicino a Milano ma tua madre ha dovuto trasferirsi qui a Londra perché ha ricevuto un'importante offerta di lavoro e riteneva che fosse una splendida opportunità farti continuare gli studi qui. Sono mesi che si parla del tuo arrivo!"

Ora ero davvero scioccata. Non solo sapevano quasi tutto di me ma a quanto pare tutto il mondo era a conoscenza del fatto che mi sarei trasferita in questa stramaledettissima città a parte la sottoscritta. Davvero grandioso.

Ero senza parole, così mi limitai a sorridere e seguirle fino al mio armadietto. La campanella non era ancora suonata ero in larghissimo anticipo. Per quanto ne potevo sapere, magari era già tutto calcolato, chissà.

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