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[ spero non sia un problema ma vi lascio questa bella canzone da ascoltare mentre leggete! ]

La prima nevicata dell'anno era ormai vicina e una leggera e fredda brezza soffiava per le strade della periferia di Seoul, ormai buia ed illuminata solo da qualche lampione.

In una palazzina color crema, un ragazzo dai capelli corvini si affacciava alla finestra, ammirando la bellezza e l'eleganza che la notte portava con sé. I morbidi capelli gli ricadevano sugli occhi, quasi a voler carezzare i rosei zigomi, ora leggermente alzati dato il suo sorriso rivolto alla luna.
Yoongi. Questo era il suo nome.
La notte lo aveva stregato e trascinato con sé fin da bambino; lo affascinava come essa potesse ingannare così facilmente chiunque non la sapesse ascoltare, spaventati dal buio e dal silenzio cupo che si portava dietro. Yoongi aveva capito che quel buio, quel silenzio da far parere la notte un buco nero, pronto ad inghiottire tutto, fosse solo una faccia, solo una maschera che celava e custodiva altrettanta luce e speranza, che solo un occhio attento, sensibile e puro avrebbe saputo vedere e riconoscere. Yoongi sapeva che dietro di essa si celassero segreti, lacrime, speranze e chissà cos'altro che le anime notturne confidavano solo alla luna, tanto fedele e silenziosa quanto, a volte, meschina, affiancata dalle stelle, testimoni e custodi di poesie e artiste indiscusse, padrone della notte e del cielo, che catturarono lo sguardo e il cuore di Yoongi fin dalla tenera età.Fu questo suo curioso affetto verso la notte che spinse i suoi genitori a dipingere il suo soffitto di un blu scuro, quasi a voler imitare quello del cielo notturno, e di installare un proiettore, così che il figlio potesse avere un cielo e delle stelle tutti suoi a cui rivolgersi.

Yoongi era sempre stato un bambino sveglio, voglioso di apprendere, di scoprire.

Dopo essersi trasferiti a Seul, a causa del lavoro del padre, aveva cominciato ad ispezionare la loro palazzina ogni giorno, quando, dopo pranzo, la madre si recava a lavoro. Così, dopo qualche settimana, era riuscito a trovare una piccola mansarda, raggiungibile solo attraverso un buco ancora da chiudere nel muro. Si chiese come mai avessero voluto murarla, sigillare quel posto per un tempo indefinito o forse per sempre. Senza esitare si fece strada tra le fini ragnatele che riempivano il buco, sentendo qualche brivido percorrergli tutto il corpo, ritrovandosi in un piccolo locale, grande meno di 4 metri, completamente in legno e totalmente vuoto se non per l'eccessiva polvere a ricoprire ogni angolo della stanza. Tossicchiò leggermente a causa del prurito provocatogli dalla polvere e si guardò intorno, notando una piccola finestra sul soffitto, che puntava dritta al cielo illuminato dal sole, ricoperta anch'essa da un fitto strato di ragnatele e polvere. Decise comunque di aprirla, spinto dalla curiosità di vedere il panorama, di sapere se l'aria, lì in cima, fosse diversa da quella del terzo piano, trovandosi davanti un piccolo terrazzo a vasca incavato nel tetto. Si osservò intorno, sentendo che avrebbe dovuto, in un modo o nell'altro, approfittare di quel posto abbandonato e dimenticato e che, in un certo senso, cominciava a sentire solo ed unicamente suo.

Nel giro di poco tempo era riuscito a ripulire tutto a fondo, arredandolo con qualche suo oggetto, che lasciava comunque al locale un'aria impersonale; aveva portato delle lucine dal colore caldo, per compensare l'assenza di luce - attaccandole al muro della parete di fondo, un po' più bassa delle altre a causa della forma del tetto - che illuminavano una piccola e morbida coperta stesa sul pavimento e qualche libro affiancato ad essa. Aveva portato anche la sua pianola, posizionandola quasi sotto alla finestra, che apriva ogni volta che suonava, come se avesse avuto paura che suonando avrebbe potuto cominciare a volare e sbattere la testa al soffitto. Tutto, però, ad insaputa dei suoi genitori, che non si accorsero comunque mai di nulla, se non dell'assenza della pianola, che Yoongi giustificò dicendo l'avesse prestata ad un amico.

Da quel giorno, quando era da solo e sicuro che nessuno lo potesse vedere, Yoongi sgattaiolava fuori di casa, andando in quel grazioso e, per lui, posto sicuro. Suonava, guardava il cielo, leggeva, scriveva e disegnava in totale serenità, sapendo che nessuno avrebbe mai frugato o letto la sua roba in quel posto, all'apparenza, solo e soltanto suo.

Era un ragazzo come gli altri, frequentante il quarto anno del liceo, con tre amici fidati e sempre disponibile per gli altri. Non era il migliore della classe ma neanche il peggiore, come tutti, aveva alti e bassi ma eccelleva particolarmente nella fotografia, portandosi a casa i migliori voti della classe e diversi premi di concorsi e bandi.
Aveva questa abilità di riuscire a cogliere l'attimo e, senza effetti o modifiche, riusciva a rendere un semplice scatto un turbine di emozioni, che anche l'occhio meno esperto riusciva a cogliere e vivere. Voleva cogliere un attimo vero, senza filtri, senza impostazioni né canoni e questo gli donava quel pizzico, anche abbondante, in più rispetto agli altri e tutti avrebbero voluto farsi fotografare da lui, entrare in qualche modo nelle sue grazie per avere un suo scatto, nonostante sapessero benissimo che lui non avrebbe mai scelto nessuno di loro, se non per qualche progetto obbligatorio. Odiava come le persone davanti all'obbiettivo cambiassero, diventando come corpi senza un'anima che cercavano di trovare posizioni, espressioni, che li facessero parere migliori. '' Uno scatto fatto senza cuore, senza purezza, ti ruba l'anima'' era questo ciò che diceva sempre, anche ai suoi professori, che apprezzavano molto questo suo amore infinito per la fotografia, per l'espressività, la sincerità e la trasparenza, tutto ciò che rende una fotografia un ricordo impresso su carta.

Fu questo suo bisogno di vivere attraverso l'obbiettivo, che lo spinse a salire in soffitta, quella sera, dopo aver fissato la luna per chissà quanto tempo e dopo aver visto il primo chicco di neve cadere dal cielo. Non si preoccupò del fatto che i genitori fossero a casa, poiché già tra le braccia di Morfeo, e, munito di chiavi di casa e macchina fotografica, salì a grandi passi la scala, facendo comunque attenzione a non fare rumore, entrando nell'ormai pulito foro del muro e accendendo le luci. Nonostante le temperature fossero calate, a causa dell'inverno, il posto era caldo e accogliente, non facendogli sentire il bisogno di una giacca. Uscì nella terrazza e una brezza tagliente gli sfiorò il viso facendolo rabbrividire, si strinse nella felpa e si affacciò dal terrazzo: il cielo grigio e nuvoloso si era tinto di un leggero arancione, dovuto dalla luce dei lampioni e dei palazzi, e piccoli puntini bianchi cominciavano a cadere su tutta la città. Fece uno scatto del panorama e si godette un po' la vista, fino a quando la brezza, ora diventata un forte vento, lo spinse a rientrare.

Si sedette sulla coperta e notò un libro, poggiato su un'incavatura del tetto, che non avrebbe mai notato neanche se l'avesse cercato. Si avvicinò e trovò un album fotografico, nel quale erano contenute delle fotografie di panorami che fecero sorridere Yoongi, notando quanto la mano di chi le avesse fatte fosse inesperta. Non si chiese di chi fosse, né come fosse arrivato lì, pensando che fosse stato dimenticato da qualche vecchio affittuario prima della chiusura della soffitta, lo rimise al suo posto e spense le luci, decidendo di tornare a casa per riposare.

La terrazza nel cielo - myg.pjmWhere stories live. Discover now