Capitolo due

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Al mio arrivo, come previsto, c'era una macchina nera che mi stava aspettando all'uscita dell'aeroporto pronta per portarmi nel luogo stabilito.

Controllai velocemente l'orologio e notai che mancavano due ore per l'inizio della festa che i Burton avrebbero dato in onore dell'anniversario della loro azienda. Fortunatamente ero già vestita e durante il viaggio in macchina ebbi tutto il tempo di rifarmi il trucco e darmi un aggiustata. Quando finii tutto mi incantai,guardando fuori dal finestrino lo scorrere delle macchine e della città: non ero mai stata fuori dal Blokk, tranne che per la mia città natale, Sofia in Bulgaria, ma dopo ciò che è accaduto decisi di non metterci mai più piede.

Chiusi gli occhi per evitare che i ricordi mi inondassero la mente, e mi accorsi che eravamo arrivati a villa Diamond.

''Signorina, porterò le valigie direttamente al suo appartamento. Ecco prenda queste'' l'autista iniziò a scavare nelle sue tasche porgendomi tra le mani un bigliettino e un paio di chiavi. Li guardai con uno sguardo corrucciato.

''Quelle sono le chiavi dell'appartamento, mentre invece su quel bigliettino c'è scritto l'indirizzo. Arrivederci'' non mi diede neanche il tempo di replicare che si dileguò senza lasciare tracce. Arrabbiata scavai nella mia ridicola pochette e presi l'auricolare che mi aveva dato Jul, lo portai all'orecchio e aspettai di sentire qualcosa dall'altro lato.

''Hey Kat mi senti? Finalmente credevo che non arrivassi più''

''Ma posso capire, quanto cazzo di tempo devo rimanere qui? Addirittura un appartamento Mark? Cosa è vuoi per caso liquidarmi in modo brillante?'' urlai ben consapevole del fatto che Mark fosse all'ascolto.

''Non ti scaldare Katrina, rimarrai il tempo giusto. Ora entra in quella casa e cerca di sapere quante più cose possibili senza avvicinarti al soggetto, chiudiamo la conversazione, se hai bisogno riattiva l'auricolare''.

''Fanculo Mark'' dissi tra me e me riponendo l'auricolare nella pochette.

Mi incamminai verso la maestosa villa che mi si presentava davanti: all'esterno era di un colore avorio con il tetto di un colore scuro, non distinguibile a causa della mancanza di luce solare, vicino all'entrata c'erano due colonne che ricordavano molto i templi degli antichi greci e per accedere nella casa bisognava salire su delle scale di marmo con delle venature dorate su di uno sfondo nero. Una volta entrata all'interno mi ritrovai davanti agli occhi un enorme scalinata di marmo bianco con un tappeto di velluto rosso che accarezzava tutti gli scalini. La parete alla mia destra era piena di dipinti che si alternavano tra gli anni 700 e 900. Mentre alla mia sinistra si accedeva al salone dove erano concentrati tutti gli invitati. C'era u enorma tavolata vicino alla parete dove c'erano le bevande e le cibarie varie, ovviamente tutto impiattato dai camerieri. Quello che più mi aveva stupita era il lampadario, un tripudio di brillanti che luccicavano sotto la luce delle lampadine. Nonostante la mia apatia avevo un debole per i brillanti, ero pur sempre una donna.

''Quale bellezza hanno incontrato i miei occhi'' disse una voce profonda nel mio orecchio.

Inspirai con profondità, cercando di infondere un po' di calma nel mio corpo e mi girai scontrandomi con due occhi color miele.

''Stai respirando la mia aria'' dissi cercando di allontanarmi finché una mano non arpionò il mio braccio.

''Sono Fosco Burton, il padrone di casa. Mi sono avvicinato a te oltre al fatto che sei bellissima, anche per chiederti chi sei, non mi ricordo di te e questa è una festa privata'' ribadì accarezzandomi il braccio per poi mettersi la mano in tasca.

Ecco perché odiavo le missioni sottocopertura.

Cercai di ricordarmi le parole scritte nel fascicolo riguardante la mia copertura che Mark mi aveva dato e subito mi ricordai di una parola.

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