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Era un Giovedì. Ero appena tornato da un lungo viaggio che mi aveva separato da casa per una settimana. Ancora non riuscivo a capire bene dove fossi, sarà stato il troppo fumo o il troppo alcool delle serate passate in terrazza con gli amici di una vita.
Quattro giri di chiave per entrare in casa, l'unico ad aspettarmi era il mio gatto, i miei genitori ovviamente erano fuori a qualche riunione noiosa di qualche gruppo noioso a cui avevano deciso di aderire. Era l'unico ad avermi accolto in casa, ma nel contempo l'unico che aveva paura di me e della mia valigia di stazza media. Con uno scatto era balzato dal salotto alla cucina in due secondi, senza nemmeno lasciarmi il tempo di poterlo accarezzare e fargli capire che ero io e che non si doveva preoccupare. Chiusi di nuovo la porta a chiave, di sti tempi non si sa mai chi potrebbe entrare in casa tua a caso e rubarti tutto ciò che hai o addirittura accoltellarti alle spalle.
Messa giù la valigia e dopo aver fatto un giro turistico in uno dei due bagni in nostro possedimento mi feci una bella tazza di the caldo ammirando le nuvole che quella sera coprivano la luna.
Era tutto tranquillo, forse troppo rispetto a tutte le altre sere che passavo in quella casa. Nessun rumore sospetto, i vicini sembravano dormire tutti. Strano non si stessero lamentando per l'ennesima volta di qualcosa.
Decisi di finire in fretta la mia tazza di the e andarmi a fare una bella doccia calda, cosa che non faccio mai quando sono a casa da solo, ma ne avevo proprio bisogno. Così andai nell'altro bagno, l'unico con la doccia e mi rilassai. Entrai in doccia senza pensieri, con un brano di George Ezra nella cassa bluethoot al massimo e il tepore dell'acqua che saliva piano piano stagnandosi nelle pareti e nei vetri delle finestre.
Era da tanto tempo che non mi tagliavo i capelli e avevo proprio voglia di farlo quella sera. Non so cosa mi fermò, so solo che non riuscii a utilizzare il rasoio elettrico e le forbici non le trovavo. Mi accontentai comunque del mio vecchio taglio, oramai sono quattro anni che non vado più dal parrucchiere e mi posso ritenere soddisfatto del lavoro che faccio io tutte le volte.
Scesi in salotto ad aspettare i miei genitori, così, per poterli salutare dopo tanto che non li vedevo, mi sembrava un gesto carino. Rientrarono in casa dopo circa venti minuti in cui il mio gatto finalmente mi aveva riconosciuto e si faceva accarezzare senza fare storie. Sentii i due giri di chiave nel portone, erano loro. Dopo vari saluti e racconti avevo molto sonno, decisi di andare a dormire nel mio letto, evitando di addormentarmi sul divano in salotto.
La notte fu davvero lunga, non riuscivo a dormire. Lei era sempre nella mia testa, lei non se ne voleva andare dalla mia testa. Non sapevo cosa fare, fissavo fuori dalla finestra, con una sigaretta rollata almeno due giorni prima, trovata nello zaino totalmente a caso. Lei era lì, in tutto quello che vedevo e che pensavo. Lei era una ragazza davvero bella e con un carattere tanto difficile da sopportare e tenere a bada. Ma a me piaceva così come era, spontanea quando doveva. Forse troppo sensibile, ma mi piaceva parlare e consolarla, anche se piangeva per cose che facevano piangere anche a me.
Avevo passato una settimana d'inferno con lei, con lei e la sua voglia di non farmi capire le cose. Con lei e la mia voglia di ritornare a come si era prima e rimediare a tutto ciò che io le avevo fatto di male. Si, io e lei avevamo avuto una relazione, durata davvero poco, iniziata e passata troppo in fretta. Finita per la mia testa del cazzo che non capisce quando le cose che faccio non vanno bene e che non sono l'unica persona sulla faccia della terra.
Perchè io ho questo piccolissimo problema, che mi rende la vita invivibile. Quando inizio ad affezionarmi davvero tanto a una persona, inizio a schifarla, inizio a non volerla nemmeno più guardare in faccia. Non le parlo più e cerco di evitarla. Potete benissimo chiedere a tutte le persone di cui mi sono innamorato. E non parlo di cottarelle e colpi di fulmine. Parlo di relazioni o storie basate su qualcosa. Perchè lo senti quando sei innamorato, senti quando è l'amore che parla al tuo posto, che ti fa tremare quando la baci e che non ti fa pensare altro che a lei.
Ho provato questa sensazione solo due volte nella mia vita e tutte e due le volte, dopo aver spezzato il cuore, mi sono trovato per terra col cuore spezzato io, chiedendomi come fosse possibile. Perchè io sono tutto no? Sono il più grande sulla terra, il pù intelligente, il più simpatico, il più bello e potrei andare avanti per tanto. L'unico che sa fare tutto e l'unico che non ne sbaglia nemmeno una.
Ma non è così, sono solo un pezzo di merda. Un pezzo di merda che distrugge le persone con le sue stronzate, un pezzo di merda che vuole tutto per se e non riesce a trovare un posto per le persone che lo circondano. Un pezzo di merda che quando le cose non vanno come dice lui o come aveva programmato che andassero piange per ore e si rinchiude in se stesso. Un'orgoglioso che non vuole uscire dalla sua bolla di vetro. Un orgoglioso claustrofobico però, che ha paura di far del male alle persone pur facendolo ogni giorno.
Ero lì, con la faccia fuori dalla finestra, sentivo i passi di mia madre salire le scale per andare a letto. Mi sa che era arrivata l'ora pure per me, il giorno seguente avrei avuto scuola e non avevo intenzione di dormire tutto il giorno su un banco scomodo. Feci gli ultimi tiri di sigaretta, la spensi e nascosi il posacenere nel suo solito posto. Mia madre odia il fumo in casa. Mi stesi sul mio letto, ancora insonne, abbracciando il cuscino e chiudendo gli occhi sperando di riuscire a dormire.
La sveglia del mattino fu traumatica. Era da troppo che non la utilizzavo e il mio orecchio doveva ancora abituarsi. Scesi in ritardo a fare colazione. Avevo un sacco di pensieri in testa quel giorno e mi sentivo davvero strano.
Non facevo altro che pensare al fatto che dopo un anno in cui io e lei non ci parlavamo, per colpa mia ovviamente, finalmente avevamo ricominciato a calcolarci, avevamo ricominciato, forse, a volerci bene. Mancava solo la fiducia. In quella settimana passata ci fu una sera in cui parlammo, probabilmente anche per poco, ma a me sembrò un'infinità di tempo, tanto che mi accesi una seconda sigaretta per farla rimanere a parlare un po' di più. Era stata una giornata pesante per lei e anche per me, col costante desiderio di volerla avere. Anche quella sera piangeva, non stava andando bene col suo nuovo ragazzo. A me piaceva consolarla, mi piaceva stare in sua compagnia. Mi piaceva parlarle e consigliarle anche cose che facevano male a me. Mi piaceva condividere una sigaretta con lei quando c'era l'occasione di farlo, senza persone intorno che potessero parlare di ciò che stavo facendo o disturbare le conversazioni, molte volte basate sul niente, ma piacevoli da assaporare.
Quella mattina persi il pullman per andare a scuola, costringendomi a entrare in ritardo. Lei non c'era. Ah si, siamo in classe insieme. Io odio entrare in ritardo e lo odia anche mia madre, con cui ebbi una lunga discussione telefonica durante le ore di lezione. Eravamo davvero pochi a scuola. Forse perchè tutti stavano partendo in quel periodo, forse per qualche influenza di stagione. Finita la giornata di scuola e tornata a casa iniziò quello che per me sarebbe stato, forse un periodo di buio tremendo. Non mi riconoscevo più. Mia madre mi parlava, incazzata per il mio comportamento a scuola, incazzata come sempre per qualcosa in cui magari io non c'entro nemmeno.
Me ne andai in soffitta, oramai diventata per me un rifugio quando non so dove andare. Faccio di tutto in quella soffitta, diventata da poco anche camera mia. Mi misi a fumare una sigaretta, accesi la cassa e ascoltai la musica fissando il muro bianco appena riverniciato da mio padre.
Non sapevo a cosa pensare, se non a lei. Ma cosa volevo davvero da lei? Probabilmente solo la sua felicità. E se quella era per lei la felicità, sapevo cosa fare, non provare più a colmare il mio vuoto con il suo pensiero, non tentare più di provarci inutilmente.

ConfusioneWhere stories live. Discover now