Prologo

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San francisco, CA. 1990.

Il telefono squillò e Aiden Adams si vide costretto ad incastrare la Lucky Strikes nel posacenere. Nella redazione del San Francisco Paper vigeva una regola ferrea: mai fumare e parlare al telefono contemporaneamente. Quel connubio di azioni era sinonimo di scarsa professionalità, secondo il caporedattore Hopper.
    «San Francisco Paper, buongiorno. Sì, sono io. Certo. Oggi stesso? Okay. Mi dia l’indirizzo, prego…»
    Aiden riagganciò la cornetta e riprese a fumare la sua sigaretta, assaporando ogni tiro. Il destino gli aveva appena regalato quello che si sarebbe rivelato un reportage da prima pagina, e forse quella era la volta buona in cui Hopper si sarebbe degnato a concedergli l’aumento che agognava da mesi.
    Preparò il materiale necessario per l’intervista: blocco per gli appunti, penna e registratore portatile. Prese con sé anche un nastro di riserva; ne avrebbe avuto bisogno.
    Durante la sua esperienza lavorativa come giornalista di cronaca nera ne aveva viste di tutti i colori – perdonate il gioco di parole – e psicopatici di ogni genere, quindi il caso di Annie Burke non era nulla che non avesse già visto: giovane donna bianca, con evidenti segni di violenza carnale, gola recisa, il corpo in avanzato stato di decomposizione. Tutto nella norma. 
    Aiden aveva dedicato ad Annie Burke ben due articoli: il primo denunciava la sua scomparsa, il secondo annunciava il ritrovamento del cadavere. Un classico.
    Presto, però, avrebbe scritto il terzo.

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