Capitolo 1.

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Un'altra immagine della fine mi si sta presentando d'avanti.

La fine, si, perché li, a terra dolorante e sul punto di morte quella sera non ho

visto solo mia madre, ho visto me, la mia personalità, la mia allegria e la mia famiglia, quel giorno tutti siamo morti con lei.

Tutti tranne lui,

è riuscito a rovinare una vita di sacrifici, e ci ha messo giusto il tempo che serve per premere un grilletto.

Poi se ne è andato.

Lasciandoci morire piano.

Non lo chiamerò mai più papà, anche se dovessi rivederlo.

Quello non è mio padre, mio padre è morto quando mamma decise di lasciarlo.

Quel giorno stesso nacque un uomo a me sconosciuto, quello che si rivelò poi, la nostra condanna a morte.

Nacque la parte malvagia e incapace di provare di quell'uomo, e questa parte prese il sopravvento, e lo catturò.

Quindi si, ora sono sola.

Sola per modo di dire, forse.

Con me ci sono le mie sorelle,

l'unica cosa che rimane di quella famiglia felice che eravamo prima di morire.

Janette e Georgia, questi sono i loro nomi, sono gemelle.

Hanno lunghi capelli biondi e vivaci occhi verdi, loro sono ancora così ingenue, ecco perché i loro occhi al contrario dei miei, vivono ancora.

Forse non hanno capito fino in fondo quello che è successo,

quando successe però, non gli dissi nessuna bugia, nessun 'mamma tornerà presto', avevano solo cinque anni ma dovevo dirglielo.

Dissi loro, semplicemente 'mamma non tornerà, è volata via'.

Non stanno soffrendo, perché non hanno ancora avuto bisogno di una presenza come quella materna, hanno ormai sette anni e tutto quello che dovrebbe fare una mamma per loro lo facciamo io e mia Zia Cloè, è con lei che viviamo da quando... insomma da quando è successo.

Con lei e con Zio Chuck, non hanno potuto avere figli, ma ora hanno noi.

E noi abbiamo loro.

Ci siamo trasferite qui nella grande America per vivere con loro, due anni fa, lasciando Manchester ma portando con noi i ricordi di quello che è stato, quelli belli... e quelli 'brutti', per quanto questa parola possa essere riduttiva.

La Zia dopo la morte di quella che infondo era sua sorella non è più la stessa, ma è forte, per noi.

So che spesso e volentieri quando le gemelle le chiedono di mamma vorrebbe piangere invece che sorridere ampiamente e rispondere.

Lo so, perché è quello che faccio io.

Loro non possono saperlo, ma solo a sentirla nominare gli occhi mi si riempiono di lacrime.

Ma non permetterò mai che mi vedano piangere.

Non devono soffrire neanche un quarto di quello che ho sofferto io.

Quando a soli quindici anni mi sono ritrovata con il mondo sulle spalle, con le mie sorellina da crescere.

Gli zii mi aiutano, ma sono spesso fuori per lavoro.

E restiamo sole.

Mi divido tra il penultimo anno di scuola e le gemelle.

E quando ho qualche minuti libero vedo qualche amico.

Non amo stare tra la gente, la gente non mi piace.

Non sono una normale adolescente e non penso che se mi esponessi la società mi accetterebbe.

Non c'è niente di 'normale' nella mia vita.

I miei pensieri vengono interrotti ma un dolore alla spalla e un calore al petto.

"Ehi ma che diamine!" urlo contro la persona che scontrandomi mi ha versato sulla maglietta il caffè che tenevo in mano.

"Mi dispiace davvero, ma anche tu potresti stare più attenta quando ti trovi su un marciapiede"

Alzo gli occhi.

E incontro un paio di iridi scure dal colore indescrivibile, è un ragazzo, un bellissimo ragazzo dai lineamenti perfetti, complimenti alla mamma, neanche Michelangelo avrebbe saputo fare di meglio.

"Ti sei bruciata la lingua con il caffè?" chiede lui davanti a una me apparentemente cretina, ferma a fissarlo da più di un minuto probabilmente.

"Spiritoso, e anche se fosse sarebbe colpa tua" acida, riesco sempre a diventare così acida.

"Touchè, posso farmi perdonare offrendotene un altro?" chiede fin troppo gentilmente.

"No, scusami ma sono di fretta" cerco di essere più gentile e faccio per andarmene ma lui mi blocca per un braccio.

"Qual'è il tuo nome, bellissima Alice nel paese delle meraviglie?"

"Madison, Madison Jane Stoner"

"É un piacere conoscerti Madison- dice prima di porgermi la mano- io sono Zayn, Zayn Javadd Malik"

Stringo la mano a Zayn e mi ricordo improvvisamente del perché fossi di fretta.

Devo andare a prendere le gemelle a scuola.

"Ora vado davvero, arrivederci Zayn"

"A presto, bellissima"

Ed ora io, la mia maglietta macchiata, e il mio corpo preso perfino da una stretta di mano ci stiamo allontanando da quel ragazzo appena conosciuto.

Torno alla realtà, e ripenso al monologo interiore di poco fa, è impressionante quanto petulantemente io pronunci la parola 'morte'.

'Spazio Autrice'

Ho preso una pausa dalle mie interviste, per questa storia.

Chiedo scusa agli autori intervistati, per non aver ancora montato le loro interviste.

È che lasciando perdere il brutto periodo che sto attraversando mi sono fatta prendere dall'idea di una storia mia, e quindi eccomi qui.

Questo dovrebbe essere il primo capitolo, cioè lo è.

E quindi niente, spero che vi piaccia.

Se avete voglia di lasciarmi un parere positivo o meno, commentate.

Accetterò, ad orecchie ben aperte tutte le critiche pur che siano costruttive, e qualsiasi tipo di parere.

Vi abbraccio.

P.S. (agli autori intervistati, nel caso che stiano leggendo)

Le interviste che mi avete rilasciato saranno pubblicate al più presto, mi scuso davvero.

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