Day 1: 2,aprile 2xxx

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Ho pensato a lungo su come iniziare questo diario, che parole avrei potuto usare per esprimermi, in modo da lasciare agli altri un mezzo per capire, per camirmi.
Mi chiamo Serilda, ho 14 anni, a luglio dovrei compierne 15,ma non festeggerò. Non potrò. Perche? Ecco, a me rimane un solo mese di vita, non ho bisogno di un trapianto, non sono malata, nessuno mi minaccia, se non me stessa. Si, ho scelto io di cerchiare in rosso l'ultimo giorno di maggio. La cosa non mi preoccupa, sono i miei ultimi giorni no? Perché passarli preoccupandosi inutilmente? Non lo farò, non ho paura e non ne avrò, dedicherò questi giorni solo alla più sincera e dolce felicità, e lascerò qui i miei ultimi ricordi,saranno i migliori...
È sera, il cielo è già pieno di ogni sfumatura di rosso a sinistra e di blu a destra, il sole sta calando, e col salire delle stelle risalgono anche i miei pensieri, cosa avrei potuto fare oggi, cosa farò domani.... dopo aver fatto cena,
corro in camera mia, una camera non molto grande, ma sicuramente accogliente, il soffitto della stanzetta è ricoperto di stelle di plastica, dalle varie colorazioni e misure, che a luci spente, dalla sera alla mattina presto, ovvero col buio, s'illuminano. Una volta spente le luci mi siedo alla mia scrivania, accendo una piccola lampada da studio, e scrivo, scrivo della giornata, scrivo delle emozioni, dei pensieri e delle persone, ogni cosa intorno a me é degna di nota, anche solo un fiore, del colore dell'oro, mosso dal leggero e fresco venticello di primavera, perciò ora scriverò di oggi.

Mi sono alzata, in ritardo di almeno 10 minuti. È martedì oggi, anche oggi vado a scuola, perciò mi vesto e preparo lo zaino in tutta fretta, faccio colazione, lasciando la tavola in disordine. Saluto mamma, prendo le chiavi ed esco dalla porta di casa, scendo frettolosamente le scale e mi precipito verso il grande portone, di legno scuro, del condominio. Una volta fuori mi incammino vero la scuola. Fa fresco. Mamma aveva ragione , avrei dovuto prendere un altra giacca. Mentre affretto il passo penso proprio a lei, oggi sta male, e papà non c'è. Non c'è mai stato, o perlomeno non per lei. I 20 minuti passano rapidi tanto da sembrare 5, e sono davanti all'edificio scolastico, comincia a piovere, quindi entro dentro, e gia che ci sono, salgo le scale per raggiungere il secondo piano, quello delle medie, e mi dirigo verso la mia classe. È strano vederla vuota, eppure sono in questa classe da 3 anni, è stata la mia seconda casa. Non molto dopo entrano anche gli altri, ma degli '' altri'' non mi importa, non sono brava a socializzare, semplicemente perché non mi piace, corro al mio posto, vicino alla finestra e mi sistemo, dopodiché aspetto l'inizio della lezione, una volta iniziata aspetto che finisca, e nel mentre che l'insegnante (ora di inglese) parla, io punto il mio sguardo disinteressato fuori dalla finsetra accanto a me, si vedono le fronde dell'albero sottostante, le foglie, verdi, portano la mente all'estate calda, il cielo, azzurro chiaro, e le nuvole che appaiono fatte di panna, mi aiutano spesso a riflettere, soprattutto il cielo, che  se guardato a lungo, sembra infinitamente grande, infinitamente alto, profondo. Bello. Passano così le prime 3 ore, oggi mi sono ricordata di portarmi la merenda da casa, tiro fuori dalla tasca dello zaino malconcio il mio scarso sacchettino trasparente, con all'interno qualche biscotto, sarà anche apparentemente brutto, ma quei pochi biscotti, fatti a mano, apposta dalla madre per la figlia, sono per me motivo per cui gioire l'intero giorno, qualcuno ha pensato a me, con affetto, ha dubitato della mia inutilità, ha desiderato farmi sorridere. Stranamente, Mamma ci riesce spesso, le voglio tanto bene, ma ho un costante dubbio nella mia mente, ovvero: gli altri tengono in egual modo a me? Sebbene ci provi non riesco a concepie l'idea che qualcuno mi desideri al suo fianco, che mi voglia bene, ma poi mi sento in colpa, in confusione. Questi biscotti.... Sono così buoni...

Faccio appena im tempo a tornare al mio posto che la straziante campanella suona ancora, è gia la quinta volta e sono solo le 10:35, uno dei motivi per cui voglio uscire al più presto da questa gabbia di matti. Altre 3 ore. Prima che la scuola finisse ci vengono consegnate delle buste, all'interno delle quali ognuno ha trovato una lettera, o qualcosa di simile. Centri estivi. Non l'ho presa bene. Ero così felice, così calma e spensierata, libera da ogni peso quotidiano della coscienza, ecco. Sento i miei occhi inumidirsi e pian piano riempirsi di lacrime, stavolta non riesco a trattenermi. Digrigo i miei occhi verso la porta, ma davanti c'è qualcuno, un compagno. Immediato contatto visivo, non ci voleva. Voglio spostarmi, ma se andassi in fondo alla classe la situazione non cambierebbe, e anche se così fosse, non rieco a muovermi. Viene verso di me, lentamente, sento ad ogni suo passo una vibrazione, mi tremano le mani, ancora. Sento la paura, anzi il terrore salire pian piano, gelando il sangue nelle vene, non riesco nemmeno a spiegare dettagliamente il perché di tutto ciò, ma se di colpo, senza apparente motivo, si mettesse a ridere? Se mi spingesse? Se volesse solo mettermi in ridicolo davanti agli altri? Scorgo un sorriso strano sul suo volto. Lo so, sarò ancora una volta accasciata a terra, le dita delle mie mani, il mio viso, le braccia lacerate dal piccolo e freddo pezzo di metallo in tasca, si tingeranno del colore acceso del sangue, se sarò io lautrice del mio male o lui non cambia ormai. Sarà tutto rosso. Mi mette una mano sulla spalla, sobbalzo, tremano anche le gambe, è più alto di me e la sua ombra mi ricade addosso, sono spaventata, voglio piangere, sto male. Lui guardandomi apre il discorso:
'' Hey''

È la fine, mani e gambe sembrano non essere più controllabili, il battito sale, respiro sempre più velocemente, fino a che non si può più definire normale.

'' ti chiami serilda eh?''

Annuisco debolmente, che faccio? Cosa dire a casa stavolta?

'' è davvero un bel nome sai? ''

Cosa disse, la dolcezza con la quale mostrò preoccupazione nei miei confronti.. Gli salto addosso, e stringo le mie braccia ancora tremanti al suo collo. Piango, tanto, forte, fino a che mi viene mal di testa, ma non è mio interesse, perché lui ha ricambiato l'abbraccio.
Rimango in quella posizione strana per svariati minuti, fino a che non è arrivata l'ora di uscire da quel manicomio chiamato scuola, finalmente sono fuori da quel postaccio. E oggi ne sono uscita felice, con qualcuno accanto, qualcuno che non mi ha chiesto 'perché', qualcuno che ha mostrato interesse per una come me. Ma ho dubitato ancora, e sto male per questo, per lui, il ragazzo è gentile con me, anche se io spesso sono scontrosa o tendo a non farlo avvicinare più di tanto. Andiamo a prendere un gelato insieme, e anche se ha pochi soldi paga anche per me, oggi mi ha fatto ridere e scherzare, ho parlato con qualcuno che oltre ad aver riportato il sorriso sul mio volto per più di qualche breve minuto, ha portato pace nel mio cuore. Ha persino evitato di porre domande sull'accaduto, che sia proveniente dal cielo? Che il signore mi abbia visto soffrire? Per la prima volta qualcuno ha detto qualcosa di gentile, dolce e sincero, riferendo tali parole a me; giurando di stare al mio fianco qualsiasi cosa succeda, qualsiasi persona si avvicini o se ne vada, qualsiasi cosa patissi, per ogni giorno che respirerò. Sono commossa, davvero. Oggi ho trovato un fratello, domani lo conoscerò meglio. Tornata a casa saluto i miei più felice che mai, mangio di fretta procurandomi un forte nal di pancia che ho tutt'ora, ed ecco cosa, più o meno, è stato oggi. Non ho fatto i compiti per domani, ma ho talmente sonno da non riconoscere ciò che scrivo, perciò ciao. A domani diario.

Grazie per avere letto questo primo capitolo, spero ti sia piaciuto e che abbia suscitato qualche emozione in te, caro lettore, scusa la lunghezza del primo e se piaciuto fammi sapere, sto lavodando sul secondo! ;-)

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L'ultimo Domani IN PAUSA PER ESAMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora