Quando hai un osso fratturato, questo viene fasciato e dopo un tempo di cicatrizzazione, che può essere breve o lungo a seconda dei casi, ritorna quasi nuovo, diciamo che si salda nuovamente. I pezzi si riuniscono e solidificano.
Quando un osso si rompe invece ci sono casi disparati, potrebbe trattarsi di rottura composta, scomposta o addirittura esposta.In questi casi fasciare l'osso non serve, tranne nel primo dei tre, perché negli altri due vi sono delle complicazioni su cui intervenire prima. Se l'osso non viene riallineato con il proprio asse, questo non potrà sopportare nessun carico e sarà inutilizzabile.
Figuriamoci poi se quest'osso, oltre ad uscire d'asse, perforasse la carne come se non volesse più far parte del corpo. E bene, per curarlo bisogna ingrandire ancora di più la ferita, per poter rendersi conto del danno che vi è all'interno per poi curarlo isolando il problema.Per ogni rottura vi è una colpa, e spesso questa coincide con una caduta (una perdita di equilibrio, una disattenzione...). Questa può essere un semplice scivolamento su di una strada ghiacciata o la caduta da una parete rocciosa(o una scalinata), in ciascuno dei casi ci si ritrova difronte a qualcosa di inaspettato che ci butta a terra, senza pietà.
Qualunque sia la condizione dell'osso, se non nel caso peggiore dell'amputazione (ma non siamo qui a fare un corso di medicina), esso inizia a calcificare la rottura.Passa il tempo e ci si deve riadattare a tutto perché ora non si riesce più ad utilizzare quell'arto. Si può decidere se rimanere a compiangersi, perché le cose non sono più come prima e la difficoltà momentanea di non riuscire a svolgere nemmeno alcune delle più basilari azioni ci blocca,ci facciamo prendere dallo sconforto, perdiamo motivazione, smettiamo di credere in Dio per poi arrivare a non credere più in noi stessi e nella vita. A non trovare più un senso per la nostra esistenza, facendoci trascinare dalla vertigine alla fine dei nostri giorni. In una valle di lacrime e sangue.
Sennò si può decidere di combattere e vedere comunque il lato positivo e il bello di ciò che ci è successo, dopotutto chi non vuole un gesso da far autografare?
Passano settimane, mesi, l'osso guarisce.
Viene tolto il gesso che per tenere insieme i due pezzi era stato allacciato ben stretto alla gamba.All'inizio quel gesso era pesante.
Ma dopo settimane e mesi vi si fa l'abitudine e si trova protezione in quello scudo bianco e pruriginoso, uno schermo che nasconde la crepa pulsante al suo interno. Però, al momento della rimozione del gesso, insieme ad esso cadono le barriere tra noi e l'esterno, e un po' di tristezza inconsciamente ci attraversa il pensiero... Ora non siamo più così sicuri...
La gamba ci sembra un macigno di polistirolo, è rigida ed indolenzita e quasi non ricordiamo come si faccia ad usarla.
Ci vuole ancora molta riabilitazione prima di poter di nuovo camminare.Passano mesi, anni.
Ce l'abbiamo fatta, di nuovo in piedi, ora riusciamo anche a correre e saltare!
Con più forza di prima nell'animo. Ma non in quella gamba. Rimasta ferita nel profondo e sensibile agli urti esterni.
Potrà non far più male e non dar più problemi, ma quando arriveranno le stagioni saranno esse a ricordarci l'enorme dolore ancora vivo come una fiamma appena accesa, coperta alla nostra vista dal legno, che noi stessi abbiamo buttato scelleratamente sul fuoco, cercando di affievolirlo e distoglierci dall'idea di quell'ustionante materia, la quale ci scotta l'anima lasciandoci rimpianti che squarciano in due ciò che in realtà abbiamo rotto:
il cuore.