il ragazzo morto e le comete 。

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c'era una volta un ragazzo morto che ogni sera guardava le comete, adesso non c'è più.
non importava se facesse caldo o freddo, piovesse o ci fosse vento, lui ogni sera era puntualmente sdraiato sul prato di quel parco, il quale veniva lasciato aperto solo per il semplice fatto che il signor dong, il padre di quello strano ragazzo, ne fosse il guardiano.
«papà, voglio rimanere ancora un po'. dà a me le chiavi e torna a casa, io tornerò più tardi.» furono le parole di sicheng - così si chiamava il ragazzo - a soli dieci anni, quando iniziò a prendere l'abitudine di voler rimanere al parco fino a tardi. chiaramente, ai tempi il guardiano non poté di certo accontentare un bambino e lasciarlo lì al parco tutto solo, come se fosse stato un vagabondo, perciò decise di rimanere con lui. rimase con lui ogni sera fino al suo quindicesimo compleanno, quando fu abbastanza grande per poter rimanere solo al parco, nonostante la signora dong non fosse molto d'accordo. «chissà quanti raffreddori si prenderà adesso!» esclamò la donna quel giorno, consapevole della testa dura del figlio - la quale era stata ereditata proprio da lei - più che sicura del fatto che neanche il peggiore dei temporali avrebbe potuto fermarlo. e, infatti, la donna non si sbagliò. da quel giorno quell'incosciente di suo figlio - così lo chiamava - si prese una marea di volte il raffreddore, l'influenza, la tosse e, addirittura, la polmonite, per non parlare di quanti vestiti inzuppati di pioggia le portava quasi ogni giorni nei periodi più freddi.
ma a sicheng non importava affatto della sua salute o del tempo, a lui importava solamente una cosa: ammirare il firmamento.
ogni sera, puntualmente, raggiungeva suo padre al parco verso le sette e mezza di sera e si faceva dare le chiavi dall'uomo, il quale tornava  poi a casa dalla moglie, la quale lo rimproverava sempre dicendogli che poteva e doveva rimanere ancora un altro po' col ragazzino, che man mano divenne letteralmente un ragazzo sempre più vicino all'età da matrimonio. le sere scorrevano in maniera piacevole per il ragazzo cinese, anche quando un diluvio si abbatteva su seoul o il giorno dopo a scuola aveva un test difficile da svolgere. quello ormai era il suo posto, anche perché non ci andava quasi più nessuno da una trentina di anni, poiché nelle vicinanze era stato aperto un nuovo parco, molto più bello e spazioso. ma al ragazzo questo non importava, era pur sempre in compagnia. con lui c'erano il cielo, la luna, le stelle e, a volte, le sue adorate comete. però, nonostante lui stesso si fosse convinto di non essere solo, c'era qualcosa dentro al suo corpo che lo faceva sentire come "morto", gli mancava qualcosa, gli mancava qualcuno. lui credeva alla leggenda del filo rosso giapponese, lui ci credeva fermamente. perché l'altra metà del filo rosso non lo raggiungeva? non le piaceva guardare il cielo, forse? se lo chiedeva sempre, si riempiva di domande a cui non sapeva mai rispondere. tutto ciò che voleva sicheng era semplicemente conoscere chi gli sarebbe stato accanto tutta la vita, chi avrebbe guardato il cielo con lui in quel parco così piccolo che ormai era totalmente pregno delle emozioni del cinese.
quella sera era il suo compleanno, prima di arrivare al parco, aveva spento ben ventuno candeline, più undici anni da quando andava al parco ogni giorno e sei anni esatti dalla sua prima volta solo. quella sera sicheng aveva pensato parecchio alla persona legata all'estremità opposta del suo filo rosso, tant'è che si sentiva il mignolo sinistro tirare. non ci diede importanza però. dopo un po', il ragazzo sentì il cancello venire aperto, segno che qualcuno fosse appena entrato al parco. una sorpresa da parte dei suoi genitori? impossibile, c'era abbastanza freddo quel giorno, nonostante fosse soltanto il ventotto ottobre. una sorpresa da parte dei suoi amici? assolutamente no, non aveva molti amici e quei pochi che aveva dicevano che il parco era posseduto perché glielo avevano raccontato i genitori quando erano ancora piccoli, ormai erano stati plagiati da quelle stupide storie che si inculcano ai bambini per farli stare buoni e non avevano alcuna intenzione di cambiare idea. probabilmente anche per pigrizia, insomma, passare ogni sera a fissare il cielo può essere stancante e noioso, anche se per dong sichen è sempre stato tutto il contrario. forse si trattava di una sorpresa del destino? può darsi.
«mh, chi è?» mormorò sicheng con pigrizia, mettendosi seduto sul prato e girandosi, ritrovandosi davanti, ma ancora un po' in lontananza, una figura maschile, all'incirca alta quanto lui. «ciao.. - sussurrò la figura, quando fu più vicina - posso?» chiese, mettendosi seduto accanto a lui soltanto dopo che il figlio del guardiano del parco gli fece cenno di sì. passarono parecchi minuti di silenzio e di timidezza, finché lo sconosciuto non decise di rompere il ghiaccio. «ti starai chiedendo che ci faccio qui, suppongo.» si limitò a dire, continuando quando il ragazzo al suo fianco annuì. «l'altro ieri era il mio compleanno, solo che non ho potuto festeggiare con i miei amici perché avevamo tutti impegni diversi, quindi stasera hanno ben pensato di organizzarmi una specie di festa a sorpresa... in uno strip club... pieno di spogliarelliste... solo che non sono il tipo adatto per queste cose, p-perché...» venne interrotto subito da sicheng, che continuò la sua frase, avendo capito immediatamente cosa volesse dire il ragazzo, a causa del suo tono imbarazzato. «...perché sei gay. ti capisco, vedi lo sono anche io... è brutto non poter fare coming out ed essere costretti ad apprezzare certe cose sotto sforzo, per non farsi scoprire...» sussurrò, portandosi le ginocchia al petto. «esattamente.» rispose l'altro. «comunque oggi è il mio compleanno, ho ventuno anni adesso!» esclamò il ragazzo cinese poco dopo, volendo provare a cambiare discorso, quello gli sembrava troppo triste e non voleva parlare di quanto fosse brutto essere un ragazzo omosessuale in un paese come la corea del sud proprio il giorno del suo compleanno. «veramente? auguri! io ne ho fatti ventitré, mi fa sentire vecchio così!» rispose il più grande. «grazie, grazie! e comunque a ventitré anni non si è vecchi, dai!» lo rimproverò il minore, con tono scherzoso. poi scoppiarono entrambi a ridere e fu così che i loro occhi si scontrano per la prima volta, al chiaro della luna. rimasero in quella posizione per molto, perdendosi uno negli occhi dell'altro, come se in quel momento il tempo si fosse fermato per sempre. soltanto per loro due.
«tu ci credi alla leggenda del filo rosso del destino?» domandò il cinese, decidendo di rompere il ghiaccio lui stavolta. «certo, sono giapponese, sai? quella leggenda me la raccontava sempre mia nonna quando andavo a trovarla da piccolo. tu comunque mi sembri... non sei coreano. mh, forse hai tratti cinesi... sì, sì... secondo me sei cinese! vero?» rispose subito, con gli occhi che gli brillavano, il nipponico. «cazzo.» fu l'unica parola - sussurrata tra l'altro - che sicheng riuscì a pronunciare in risposta. il ragazzo che in quel momento si trovava di fianco a lui gli provocava una certa sensazione, una strana sensazione che diventava sempre più profonda e forte man mano che il tempo passava. e si era anche reso conto che il mignolo non gli dava neanche più fastidio, era forse lui la parte opposta del filo? rimase un po' a pensare, con una piccola risata accennata del ragazzo di sottofondo, poi prese una decisione. l'avrebbe baciato. tanto alla fine era omosessuale, glielo aveva detto, non poteva perderci nulla. probabilmente non l'avrebbe neanche più incontrato di nuovo. anzi, con questa scusa, se ciò che gli frullava per la testa fosse stato vero, avrebbe finalmente potuto dimostrare a se stesso che il suo orientamento sessuale non era un problema, il filo rosso c'era comunque. una volta essersi deciso, il ventunenne non perse neanche un secondo e si sporse verso le labbra del ragazzo più grande, premendole contro le sue, mettendosi a cavalcioni su di lui e posizionando le mani sul suo petto. poco dopo, il bacio venne ricambiando e i suoi fianchi vennero circondanti da delle braccia muscolose. rimasero in quella posizione per tanto tempo, finché i due ragazzi non si staccarono soltanto per recuperare il respiro che stava incominciando a mancare in quel bacio. sicheng pianse, pianse tanto, di commozione però, perché lo sentiva, quel ragazzo, di cui neanche sapeva il nome e che aveva azzardato a baciare, era la sua estremità, non poteva crederci. finalmente il senso di vuoto se ne stava andando, il suo vuoto si stava riempiendo e avrebbe potuto guardare il cielo con qualcuno. altri mille pensieri attraversarono la mente fervida e fantasiosa del più piccolo dei due, fino a quando il maggiore non lo baciò di nuovo, distraendolo da tutto. «le hai mai viste le comete?» chiese, staccandosi dal bacio, sicheng, il quale, non appena gli venne risposto di no, mise un broncio da bambino e prese il viso del ragazzo senza nome, iniziando a presentarsi. «mi chiamo dong sicheng e sono undici anni che vengo in questo parco ogni sera per guardare le comete.» affermò, fiero delle sue parole e della sua passione. «nakamoto yuta.» rispose l'altro ragazzo, riflettendo sulle parole del minore. «scusa, ma le comete non ci sono tutte le sere. perché vieni qui ogni sera?» domandò, una volta elaborato il tutto. «lo so, ma intanto io non me ne perdo neanche una e nel frattempo posso ammirare le stelle brillare in santa pace. poi penso, penso e penso.» rispose senza perdere tempo sicheng, guardandolo dritto negli occhi. «mh.. e a cosa pensi, sicheng?» domandò yuta, sbagliando di poco la pronuncia del nome del più piccolo. «sicheng - lo rimproverò giocosamente - mh, prima pensavo a te, al filo rosso... pensavo a te per modo di dire, ovvio... adesso penso che non posso crederci. yuta, lo senti anche tu, vero? siamo legati dallo stesso filo, giusto?» chiese sinceramente il ragazzo coi tratti un po' più dolci, avendo paura di essere l'unico dei due a credere che fossero uniti dal destino, proprio come narra la leggenda. non ricevette alcuna risposta, solo un bacio dolce, pieno di amore, il quale venne approfondito poco dopo dai due ragazzi, nel preciso istante in cui una cometa apparve nel cielo scuro della città metropolitana di seoul.
c'era una volta un ragazzo morto che ogni sera guardava le comete, adesso non c'è più. adesso ci sono due ragazzi vivi e innamorati che ogni sera guardano le comete, mano nella mano, sotto al dolce chiaro della luna.


THE END


ci tenevo a precisare che questa è la mia prima one shot in assoluto e che il titolo è ispirato al romanzo di esordio del 1951 di goffredo parise, "il ragazzo morto e le comete", per l'appunto. tuttavia la storia non ha niente a che fare con la trama del libro, poiché il titolo mi ha colpita quando il mio libro di italiano l'ha citato e ho preferito non informarmi sulla trama, in modo da non scopiazzare in alcun modo e creare qualcosa di mio, nonostante sia semplice. tutta questa storia - abbastanza corta, onestamente - mi è venuta in mente stamattina presto, nonostante volessi scrivere questa os da ottobre, ma ciò che avevo scritto fino ad ora non mi piaceva per nulla, per ciò ho deciso di cambiare radicalmente la trama, terminando il tutto con un happy ending.
detto ciò, spero che questa storiellina abbastanza, molto semplice, ma scritta con tutto il mio cuoricino, possa piacervi. per chi legge le altre mie storie, può considerarla come un piccolo regalino, dato che domani è pasqua.
morena

il ragazzo morto e le comete Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora