quel che hai lasciato di te

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© somebodv 2019

È difficile accettare l'idea che qualcuno possa smettere di esistere da un giorno all'altro, così come lo è abituarsi al fatto che la vita vada avanti, indipendentemente da quanto importante sia stata quella persona. E non è assolutamente vero che il dolore si affievolisca col passare del tempo; è una delle cazzate più grandi che qualcuno in lutto possa sentirsi dire. La verità è che è proprio nelle giornate a seguire che si realizza che quel che è successo non sia stato solo un incubo: io lo capisco ogni qualvolta che rientro a casa e tu non sei in camera ad urlarmi "amore, sei tu?"; lo capisco quando vado in cucina e non c'è nessuno che balla davanti ai fornelli a friggere qualcosa che è tutto fuorché salutare; lo capisco quando non ti ritrovo stravaccato sul divano, esausto per il lavoro; lo capisco quando dal bagno non odo te, che canti a squarciagola tanto da farti sentire nell'intero condominio; lo capisco quando tra le robe da lavare non trovo i tuoi vestiti extra-large; lo capisco quando i nostri figli litigano perché non ci sei tu a giocare con loro; lo capisco quando mi sdraio per dormire e al mio fianco constato che ci sia un posto vuoto; lo capisco quando nessuno più mi fa sentire amata come hai sempre fatto tu.
E vago da stanza in stanza, mostrando un sorriso tirato quando incrocio lo sguardo del nostro unico maschietto, che quando te ne sei andato aveva solo sei anni; quello della nostra principessa che hai viziato così tanto da farla diventare scontrosa e altezzosa, o almeno fino all'età di sette; e quello della nostra primogenita che ormai è una vera e forte donna adesso. Non mi vedono piangere per il semplice motivo che, quando sei partito per quel lungo viaggio di sola andata, io mi sono imposta di essere forte per loro.

È un dolore lancinante che, nemmeno quando ho la testa altrui, riesco a reprimere né ad accantonare in un angolo per riuscire ad apprezzare la vita.
Dopotutto, la mia eri tu.

Varcare la soglia della porta di camera nostra, mi fa sempre ricordare quella volta in cui tu, per mantenere occupati le due pesti, hai usato delle scatole enormi per simulare delle casette, dove poter giocare serenamente. Eri creativo e il mio tuttofare preferito, sebbene certe volte esagerassi con il tuo persistente fai da te.
A riscaldarmi il cuore inoltre è il ricordo dei pomeriggi interi che hai trascorso con i bimbi a guardare repliche e repliche di cartoni, a cui ti appassionavi senza neppure volerlo.
Per non parlare delle giornate nel corso delle quali ti mettevi a cantare coinvolgendo l'intera famiglia a ritmo di canzoni, che ancora oggi, se ascoltate, ci riportano a te.

Tu che malgrado i tuoi difetti sei stato un marito amorevole e divertente, un padre che nonostante i pochi momenti insieme è riuscito a farci capire che quell'amore non sarebbe mai svanito, un compagno di avventure che ha reso i viaggi dall'Italia alle Filippine e viceversa sempre più piacevoli.

Penso che perderti sia l'unica cosa che non riuscirò mai ad accettare. Posso sopportare il peso di dover lavorare costantemente per mantenere la nostra piccola famiglia, così come posso sopportare tutti gli ostacoli riscontrabili lungo la mia strada. Ma non posso convincermi che tutto faccia parte di uno piano più grande di ognuno di noi, dell'uomo. Questo perché perderti è stato semplicemente doloroso.
Darei e farei qualsiasi cosa per aver anche solo un minuto per stare nuovamente con te, per abbracciarti, per dirti che ti amo, per memorizzare il tuo profumo e per risentire i nostri cuori battere all'unisono.
Tutto ancora un'ultima volta.

Ma non è possibile e pertanto mi aggrappo a quel che hai lasciato, ai ricordi, alle foto, ai regali che mi facesti, ai nostri figli e alla speranza che, alla fine, ci rincontreremo.

Ma non è possibile e pertanto mi aggrappo a quel che hai lasciato, ai ricordi, alle foto, ai regali che mi facesti, ai nostri figli e alla speranza che, alla fine, ci rincontreremo

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