"Per prima cosa, andiamo a toglierci i camici."
Alzo le sopracciglia. La dottoressa Leda vuole che ci spogliamo. Dunque le mie preoccupazioni erano fondate. Parlava di "ricaricarsi", un attimo fa, ed ecco, ora salta fuori che l'attività ricreativa che aveva in mente non contempla l'uso dei vestiti. Come volevasi dimostrare. Cosa faccio adesso?
"Dotteressa, ma come? E' sicura di non voler fare prima un giro dell'ospedale? Il camice ci servirà..."
"Non ci servirà, invece. Non ho assolutamente la concentrazione per lavorare oggi, non dopo il lunghissimo viaggio di questi giorni. Tu hai minimamente idea di quanto tempo ci voglia per arrivare fin qui dall'Italia? Sono stanchissima. Distrutta. Mi serve un po' di relax."
Ok. Non ho idea, per niente, di dove possa essere la sua patria, o in generale di quanto ci voglia per andare da qui alle terre di fuori o viceversa. Quello di cui invece ho un'idea ben precisa è il fatto che, se la dottoressa avesse desiderato ristorare la sua stanchezza semplicemente dormendo, la mia presenza non sarebbe stata affatto necessaria. Il che mi preoccupa.
Non so assolutamente come comportarmi perchè non voglio contraddire il nuovo capo, non voglio avere un nuovo nemico qui dentro, ma non ho nemmeno intenzione di fare sesso: non con una sconosciuta, non oggi e possibilmente nemmeno per i prossimi giorni di questo secolo, perlomeno. Troverò un modo per chiarire, prima che venga "il punto", intanto ho già anche una mezza idea sul come chiamarmi fuori da questa situazione salvando capra e cavoli. Poichè la dottoressa insiste affinché ci spogliamo, la conduco verso gli spogliatoi: là potrà denudarsi, se vuole, poi magari, visti gli incontri che spesso si fanno in quella stanza, troverà qualcuno già impegnato in attività "ricreative" e magari avrà voglia di unirsi a loro.
Voglia di unirsi ce l'ha già, a quanto pare.
Resta solo il problema di convincerla di unirsi a qualcun altro: io mi trovo bene disgiunta da chicchessia, almeno dal punto di vista carnale."Da questa parte, per gli spogliatoi. Ha già un armadietto?"
"No, il Direttore mi ha detto di sceglierlo liberamente tra quelli vuoti. Quello vicino al tuo è libero?"
"Credo che Lei dovrebbe prendere quello del precedente primario. E' giusto che lo usi il nuovo capo, è molto più grande degli altri." Ed è anche molto distante dal mio. Dettaglio assai importante, ma che è meglio non rivelare ad alta voce.
"Dunque quello vicino al tuo è occupato..."
"Ehm, sì..."
"Che peccato."
Mentre percorriamo il labirinto di corridoi bianchi, la dotteressa parla: l'Italia, il viaggio, qualcuno chiamato Albano, che non so che c'entri. Non presto abbastanza attenzione per capirci veramente qualcosa, sono abbastanza in ansia. Credo che abbia fatto una battuta, perchè è scoppiata a ridere rovesciando indietro la folta massa di capelli rossi e ricci, non ho capito bene, ma rido anche io, velocemente, per non sembrare maleducata o strana.
"Ecco, siamo arrivate", dico, finalmente, indicando la pesante porta in ebano intarsiato. Ci siamo. Afferro la maniglia, speranzosa: con ogni probabilità ci sarà almeno un'elfa intenta a ripassare l'anatomia dell'apparato riproduttivo di qualcun'altra, mediante un rielievo pratico.
Spalanco la porta, frugando nella stanza con gli occhi, insistendo particolarmente negli angoli in cui in precedenza ho assistito più spesso, mio malgrado, ad ogni tipo di attività "rilassante" espletata a tradimento in quella stanza, ma nulla: in questo momento non c'è la minima traccia di amplessi, pomiciamenti, accoppiamenti, nè di semplici effusioni; niente viene accarezzato, sfregato, leccato o introdotto in nessuna apertura; nessuna zona erogena viene stimolata, nessun capezzolo pizzicato, le unghie di nessuno affondano nelle natiche di alcun altro, e nessuno è intento a riprodurre con abbondanza di singulti, sussurri e spasimi alcuna posizione consigliata dal Lisupiel, il Libro Supremo del Piacere Elfico.
Semplicemente, la stanza è completamente e incontestabilmente vuota. Non mi era mai capitato, da quando lavoro qui: ogni giorno, ogni singolo ingresso in questa stanza è stato segnato da avvistamenti su avvistamenti di elfe guaritrici spalmate su altri elfe guaritrici. Tranne questo. Proprio adesso doveva verificarsi l'eccezione? La fortuna è cieca, si sa, ma la sfiga ci vede benissimo. Soprattutto la sfiga degli elfi: ha troppe diottrie, come tutti noi del resto.
Rassegnata, accompagno la dotteressa Leda all'armadietto del suo predecessore, esattamente all'estremità opposta della stanza rispetto al mio. Il mio piano è saltato, sono rimasta l'unica preda presente nella stanza, ma almeno tra me e la predatrice ci sono ora ben otto metri. Otto metri non sono esattamente come ottocento chilometri, la distanza da lei a cui vorrei trovarmi in questo momento, me sono già qualcosa.
"Senti, biondina, mi sembra che l'armadietto alla destra del tuo non abbia alcuna etichetta incollata sopra. Tutti gli altri ce l'hanno. Non avevi detto che era occupato?"
Ma proprio a me doveva capitare l'unica umana con la vista da elfo? Cerco di coprire come posso la mia bugia di poca fa. "Ah, no, mi scusi, intendevo dire che quello vicino, a sinistra, non era libero. Non stavamo parlando dell'armadietto a sinistra? Mi era sembrato così, scusi." Dei del folto bosco, quanto sarò sembrata patetica o stupida?
"Ti fa niente se mi trasferisco lì?"
"Ma la capienza è molto inferiore...", cerco di obiettare.
"Ma la compagnia è molto migliore. Qui non c'è nessuno, vedi? " dice, indicando col le mani il nulla attorno a sè. "Nessuno di nessuno! E specialmente nessuna biondina con lo zucchero a velo sul labbro superiore."
"Co... cosa?" esclamo, coprendomi istintivamente la bocca con una mano. Dietro lo schermo offertomi dalla mia mano, mi passo la lingua sul labbro superiore e, in effetti, sento il sapore dolce dello zucchero. Ma... sono sporca dall'ora di colazione? Ho mangiato una fetta di torta... E perchè nessuno mi ha detto niente? E perchè sempre io devo fare queste figure di merda?
"Sono ancora sporca?" chiedo, realizzando solo un attimo dopo che sto invitando la dottoressa a controllarmi le labbra. Un'attività molto pericolosa, dal mio punto di vista.
"Eh, così da lontano non vedo bene..." mente, la spudorata avvistastrice-di-etichette-mancanti-a-otto-metri-di -distanza. "Vorrà dire che sarò la tua nuova vicina di armadietto di destra e mi assumerò l'incarico di assicurarmi personalmente che tu esca dallo spogliatoio, ogni mattina, senza residui di cibo addosso"
Questa cosa suona veramente male alle mie sospettose orecchie appuntite. Come avrebbe intenzione di rimuovere eventuali resti alimentari dalla mia persona? Mentre mi passa accanto, per impadronirsi dello spogliatoio accanto al mio, immagino che una lunga lingua, a mo' di formichiere si srotoli dalla sua bocca e mi si posi sul collo per togliermi una briciola. Rabbrividisco.
"Ah! Questa postazione ha anche una luce migliore!" esclama, facendo una piccola piroetta su se stessa e rimirandosi nel minuscolo specchio a nostra disposizione: quello da primario sarebbe stato grande sette volte tanto. Poi si volta nella mia direzione, e avvicina il suo viso al mio, decisamente troppo. Mi sento invasa dalla truppe nemiche. "Luce migliore per guardarti meglio, mia cara. No, non hai più zucchero in faccia, tranquilla", mi rassicura.
Mi sento poco rassicurata, però, anche perchè quel "per guardarti meglio" mi richiama drammaticamente il "per mangiarti meglio" di una famosa favola.
Tra l'altro una favola che abbiamo preso a prestito proprio dalle Terre di Fuori. Coincidenze?
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Elf's Anatomy
FantasyAnche gli elfi piangono. Cioè piangono se hanno la bua al pancino. E quindi hanno bisogno di guaritori. E anche i guaritori fanno sesso. E' una sinossi del cavolo, ma ho sonno, terribilmente sonno, per ora accontentatevi. E, credetemi: ho detto tut...