Capitolo 10

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Piccoli fasci di luce entrarono timidi nella stanza e mi svegliarono da quel sonno profondo. Aprii gli occhi e mi ci volle qualche minuto per mettere a fuoco tutto. A poco più di metro da me nel letto dove ho sempre visto i capelli arruffati di Kristen, c'era il volto sereno e rilassato di Aaron.
Il braccio tutto disegnato usciva dal piumone per poi scomparire sotto il cuscino. I morbidi ricci gli attorniavano il viso e lo rendevano di una bellezza surreale. Ne avevo visto di bei ragazzi, anche Brian e Ethan lo erano, ma nessuno era bello quanto questo sconosciuto al mio fianco.
Rimasi a guardarlo per quella che mi sembrò essere un'eternità, poi improvvisamente un rumore mi distolse da quello stato di trance dove ero finita senza neanche accorgermene.
Presi il cellulare dal comodino e guardai l'ora che segnava solo le 6.10. Ho sempre amato dormire e dopo una nottata del genere temevo che non mi sarei svegliata in tempo. Ma come un bisogno naturale, il mio corpo sembrava reagire a quella presenza nella stanza e ne fui grata. Sul display lessi un messaggio da un numero sconosciuto.

-Stai bene?-

Risposi con un semplice -Chi sei?- e posando il telefono mi alzai. La testa non girava più come prima, ma le tempie continuavano a pulsare ed in bocca sentivo ancora l'amaro retrogusto del gin. Senza fare troppo rumore, mi alzai ed uscendo socchiusi la porta alle mie spalle, lasciando quell'arrogante ragazzo riposare ancora. Al mio cuore mancò un battito quando mi ricordai della discussione di ieri. Aaron si era offerto di accompagnarmi a casa, ma forse non lo pensava davvero.
"L'ha detto solo per non doversi svegliare all'alba!" spiegai alla parte irrazionale che credeva potesse esserci altro. Confusa e perplessa riguardo a quello che avrei dovuto fare, preparai del caffè caldo e ne bevvi una tazza, lasciandone un po' da parte per quando si fosse svegliato. Andai in soggiorno e presi dalla valigia un paio di jeans ed un maglione dal color rosa cipria e pensai ad i vestiti che avevo lasciato la sera la prima alla confraternita nella stanza di Aaron. Li avrei dovuti riprendere una volta tornata.

Presi il necessario ed andai in bagno dove aspettavo con ansia che il getto d'acqua calda mi abbracciasse e mi aiutasse a stare meglio. Mentre intonavo sottovoce una canzone dei Coldplay della quale non ricordavo il titolo, sentii la porta aprirsi e d'istinto mi coprii con le mani, nonostante la tendina bianca bloccasse già la vista.
<<Chi c'è?>> dissi e spostandomi leggermente vidi Aaron in piedi. <<Che ci fai qui? Esci subito!>> urlai.
Invece di acconsentire alla mia richiesta, avanzò e posò il mio cellulare sulla mensola posta appena sotto lo specchio.
<< Il tuo merda di telefono non faceva che squillare. Mi ha svegliato>> disse visibilmente infastidito e poi continuò << Ho risposto. Vuole parlare con te. Gli ho detto di richiamare>> finì telegrafico.
<<Chi? Chi ha chiamato?>> chiesi e mentre Aaron fece per andarsene rispose <<Quel coglione>> con voce bassa e priva di qualsiasi tono.
Alzai gli occhi al cielo pensando a come il suo linguaggio potesse essere già così colorito di prima mattina. Mi strinsi in un asciugamano e mi vestii più in fretta che potessi. Mi pettinai i capelli e guardandomi allo specchio vidi come grazie al calore dell'acqua, le mie guance si dipinsero di rosa.

Uscendo dal bagno, pensai che Aaron fosse tornato a letto e mi sorpresi quando lo vidi seduto in soggiorno. Aveva la felpa nera che la sera prima mi aveva lasciato mi proteggesse dal freddo  e sorseggiava silenzioso il caffè che avevo preparato. Mi sentii a disagio, proprio lì, immersa in quel silenzio con lui.

<<Guarda che non c'era proprio un bel niente che avessi voglia di vedere in quel bagno>> disse secco senza neanche rivolgermi uno sguardo. Forse dovevo esserne sollevata, ma quelle parole glaciali mi colpirono come un pugno allo stomaco. Sapevo di non essere bella e sicuramente di non sembrare minimamente attraente, ma era dura quando qualcuno ti sbatteva la verità davanti agli occhi. Nella mia testa, mille risposte si susseguivano e bramavano di uscire e colpire minimamente quell'ego così forte che aveva appena distrutto il mio, quel poco che avevo.
<<E guarda che non c'era un bel niente che volevo tu vedessi. Siamo a posto così>> risposi secca. Avevo paura che la discussione continuasse, ma venni salvata dallo squillo del telefono. Mi girai sollevata e andai a rispondere.

<<Pronto>> risposi spostandomi e sedendomi come mia abitudine sulla sedia in cucina, proprio difronte quel ragazzo indecifrabile ed insopportabile.                <<Ehi Ail, sono Ethan>> disse titubante <<Non volevo disturbarti, ma ho visto che avevi risposto al messaggio e volevo sapere se stessi bene>> il suo tono era dolce e nonostante l'alcol, mi venne subito in mente la delusione nel suo sguardo quando dissi che sarebbe stato Aaron a portarmi a casa.
<<Ciao Ethan, grazie per la chiamata. Sto... sto bene, ho solo un po' di mal di testa. Non avrei dovuto bere in quel modo, quindi è il minimo>> dissi cercando di nascondere la rabbia e il dolore che le parole che mi aveva rivolto prima Aaron mi avevano inferto.
<<So che oggi torni a casa, ma quando torni mi piacerebbe uscire con te...>> si fermò per qualche secondo, come se stesse cercando di fare chiarezza tra i suoi pensieri e poi continuò <<Sempre se ti va e se non sei già impegnata con...>> lasciò il discorso in aria, ma capii subito a chi si riferisse, visto anche che pochi minuti prima era stato proprio lui a rispondere alla sua chiamata. Chissà cosa pensava.   <<No no>> mi affrettai ad urlare più di quanto avrei dovuto <<Non sono impegnata con nessuno. Anzi... mi farebbe piacere uscire con te!>> risposi sorridendo mentre i miei occhi scontrarono quelli arrabbiati di Aaron che mi fissava con la mascella contratta. <<Allora ci sentiamo, buon rientro a casa Ail!>> sentii che stava sorridendo.                                             <<Grazie Ethan, ciao!>> dissi riattaccando.

Sentivo ancora la sguardo di Aaron su di me e cercando di non dargli troppa importanza, mi alzai ed andai nella stanza per sistemare i letti. Non avrei detto a Kristen di quella notte, era una parentesi già chiusa.

Appena finii tornai in soggiorno. Aaron era in piedi vicino la porta. Se ne stava andando senza dire niente? Ci avrei scommesso che non era serio quando mi aveva offerto il passaggio a casa.
Poi improvvisamente interruppe i miei pensieri e distrusse quel silenzio che era stato padrone per tutta la mattinata.
<<Quando sei pronta andiamo>> disse serio.
<<Non c'è bisogno che mi accompagni. Visto che ci siamo svegliati prima posso prendere il treno>> risposi sperando che le mie emozioni non trasparissero.                                            
<<Non ti lascio prendere quel treno, fine della storia>> rispose risoluto.                                                   <<Ed io non ti lascio prendere decisioni al posto mio!>> il nervosismo che ribolliva ormai in me da un pò, uscì senza preavviso.

Non sapevo come avrebbe reagito, ma sentivo che sarebbe uscito senza dire niente e mi lasciasse lì. Ma contro ogni logica spiegazione, prese il mio cappotto e fece dei passi, annullando la distanza che c'era tra noi. Avvicinò il suo viso al mio e quando le sue dita mi toccarono il collo mettendomi il cappotto sulle spalle, venni invasa da una sensazione che mi fece venire la pelle d'oca.
<<Dai andiamo Ail, ti prego>> sussurrò implorandomi ed io non ebbi alcuna forza di sottrarmi a quella preghiera.

Come la lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora