Buon Viaggio

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Un imprevisto... come noi



"Avevi  ragione: questo posto è davvero stupendo"

Einar annuisce appena, sentendo Filippo sederglisi accanto ed inspirare a pieni polmoni, quasi fossero al mare, e non su una piccola spiaggia tutta sassi e pietre sul Lago di Garda. Sapeva che gli sarebbe piaciuta- a dire il vero, a Filippo sarebbe piaciuto pure quel boschetto spelacchiato dove ogni tanto andava a fare jogging, o qualsiasi altro posto in cui lo avesse portato: è piuttosto sicuro che  in ogni caso gli avrebbe detto qualcosa tipo-

"Cazzo Ein, potresti scriverci una canzone!"

Ecco. Appunto!

Einar scuote la testa divertito, poi il suo sguardo si posa su un punto indefinito sulla superficie poco increspata dell'acqua. Lascia andare un sospiro pensieroso, che forse Filippo non ha tutti i torti: questo posto è così pieno di ricordi che gli si affollano nella testa, come la melodia di una vecchia canzone che non ascolti da anni, ma che ti resta irrimediabilmente dentro.



"Quando sono arrivato qui a Brescia da bambino...l'ho odiata. Ho odiato questa città, i suoi paesini di provincia tutti uguali. Tutti silenziosi e grigi. Mi mancava mio padre, il mio nonnino, la mia gente...la mia terra."

Einar sente la mano di Filippo stringere la sua, si volta appena e trova il suo sguardo  pieno d'affetto. Non lo sta compatendo, non c'è traccia di pietismo nei suoi occhi, solo genuina comprensione; quelle dita che stanno teneramente accarezzando le sue nocche  sono lì a dirgli di lasciarsi andare, che non c'è arma migliore contro la malinconia che affrontarla insieme a qualcuno.

"I primi mesi sono stati orribili. Non conoscevo una sola parola di italiano, a scuola mi sballottavano da una classe all'altra, per farmi recuperare il programma degli altri bambini e quando suonava la campanella, ad aspettarmi c'era un vecchio pulmino giallo che mi avrebbe accompagnato ad una casa che non aveva nulla di familiare. Poi un giorno, qualcosa cambiò. A ricreazione si avvicinò un bambino e mi diede un biglietto dei Pokémon tutto colorato: mi stava invitando alla sua festa di compleanno. Così, un paio di giorni dopo, con i miei ricci ingellati,  i vestiti più nuovi che  avessi, ed un pacchetto regalo tra le mani, mi presentai a casa del festeggiato. Avevano addobbato tutto il giardino, con festoni e palloncini...e si vedeva il lago. Era la prima volta che vedevo il lago. Quel giorno quel bambino mi prese per mano e giocò con me tutto il tempo. Diventammo inseparabili."

A Filippo non sfugge il piccolo sorriso che colora le sue labbra mentre prosegue con il suo viaggio nei ricordi.

"Conoscere Joele è stato come guardarmi allo specchio. Lui mi ha capito da subito, anche se non parlavo la sua stessa lingua...anzi, non parlavo affatto. Siamo praticamente cresciuti insieme...e se oggi parlo con questo accento è solo colpa sua!"- tenta di scherzare, che lasciare quello spilungone del suo  migliore amico, in realtà gli sta spezzando il cuore. Vorrebbe dire qualcos'altro, per alleggerire l'atmosfera e non pensare a ciò che sta per lasciare ma con Filippo non ce n'è bisogno, lui sa leggergli un mondo dentro.

"Ein, se vuoi...se hai bisogno di restare ancora qui per qualche giorno con Jo...o se senti la necessità di parlare con Valentina, io...io posso aspettarti. Tutto il tempo che vuoi. Anzi, forse ti sto mettendo troppa pressione, siamo tornati solo ieri da Cuba-"

Cuba....Einar ancora fatica a crederci. Quanto è prezioso il suo Filippo, così  dolce da realizzare il suo più grande desiderio. Così meraviglioso ...e paranoico!

"Fili, io voglio andare via. Nessun ripensamento: ho chiuso con Valentina. Te l'ho già detto."





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