Qualcuno dice che la stessa vita è una lunga commedia, in cui ciascuno diventa - secondo i momenti - attore, guitto, istrione, protagonista, commediante, comparsa, cabarettista, illusionista... Forse per questo, tra le prime frasi del libro che Antonio Biggio ha dedicato al Teatro e all'Amore, compare una frase di Jim Morrison che suona quasi come un monito beffardo: "Prendi la vita come vuoi: comunque vada, non ne uscirai vivo". Lo stesso termine "Teatro", nell'etimologia greca, significa guardare. La vita, con tutti i suoi sentimenti (passioni, affetti, gioie, dolori, rimpianti, illusioni, malinconie ed anche amori) non è forse un grande palcoscenico dove tutti noi siamo, allo stesso tempo, protagonisti e spettatori? Il libro di Biggio raccoglie quelli che giustamente Roberto "Freak" Antoni ha definito sfoghi di appassionata disperazione". L'amore per il teatro dell'autore di questa antologia riflessiva è qualcosa di grande, di innato e di sincero. Esternare agli altri questi sentimenti significa compiere un'operazione di sintesi, di musicalità, di passionalità che solo un uomo di teatro può riuscire a condensare. Non a caso Antonio Biggio traccia dei flash, degli appunti che vanno per immagini e sentimenti, quasi che l'opera possa rappresentare in qualche modo il canovaccio di un lavoro teatrale. Pur nell'ermetismo dei versi, gli spunti riflessivi di Biggio sono densi di pensiero, di arte e di profondità. Rappresentano quel "vissuto quotidiano" che può essere ulteriormente perfezionato dall'Autore,ma che già rende sufficientemente l'idea di ciò che è l'uomo sul grande palcoscenico della v i t a .
Marco Delpino
Prefazione
Ovvero: Aspettando sul bordo della vertigine
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Gli esperimenti poetici di Antonio (il mitico Biggio), qui raccolti sotto forma di breve antologia, sono sfoghi di appassionata disperazione, del tutto condivisibili per effetto di un riconoscimento che scatta immediato, con spontanea complicità. La tensione lirica raggiunge punte di drammatica intensità nell'implosione della quotidiana sofferenza che deflagra con delirio di parole compresse ("ragnatele come pensieri") in uno spazio che dal corpo dell'uomo/poeta rimbalza violentemente sulle pareti domestiche e si sposta dal sipario del proscenio al Dio invocato ("ti prego lavami l'anima"), dagli occhi, al cuore, al sangue, alla carne... finalmente "aspettando sul bordo della vertigine". Sono costantemente irrisolti i conflitti che si aprono ad ogni poesia ("come farò ad uscire di casa incerottato di ricordi"), anche perchè prigionieri di un contesto sociale sorvegliato da mille occhi, controllato da molti sguardi di sottintesa disapprovazione. E' un mondo in dolorosa contorsione quello che Biggio esprime ("universo senza infinità"), speculare alla sua identità di soggetto sofferente che vuole "piangere tutte le lacrime degli uomini" nel lucido tentativo di "tagliare i fili che uniscono mente e cuore". L'Autore ha sostituito i titoli con le date, ha affidato il compito di nominare ogni evento con una scansione temporale: non più parole ma cifre, segni matematici, precisione asettica di numeri, non vaghezza di frasi. La sola certezza riconosciuta nel groviglio di sentimenti ed emozioni, slanci e sconfitte di "egocentrica solitudine". Il tutto contrappuntato da parole di canzoni, citazioni usate come intervalli tra le varie poesie che, per parte loro, potrebbero essere unite alla melodia di un canto ed all'armonia della composizione, diventando anch'esse brano musicale, suono lirico. L'Autore infatti condivide la suggestione delle parole trasformate in testo musicale e ci indica alcuni tra gli interpreti pop (nell'accezione letterale di "popolare") che lo hanno fatto pensare e stimolare creativamente. Ci rivela anche, a ben vedere tra le righe, le sue passioni monomaniacali più dichiarate e radicate nel profondo della sua sensibilità: l'Amore, il Teatro e la riflessione introspettiva, proprio come il titolo, molto didascalicamente, ci espone da subito.
Il poeta mostra (impudicamente?) scampoli della propria intimità con l'urgenza e la necessità dello sfogo esistenziale non più sostenibile e con l'intenzione di catturare la partecipazione, quindi la solidarietà dell'Altro, del Lettore referente e destinatario privilegiato. Biggio subisce il fascino dell'Arte e del teatro in particolare, nell'ambito del quale lavora da decenni partendo dalla piccola città di Santa Margherita Ligure, significativo punto di osservazione di quel mondo "descritto" nelle liriche che ora ti appresti a leggere.
Roberto "Freak" Antoni
Per la mia Regina
Ci credi quando ti dico che sei la regina del mio cuore? Ti prego non m'ingannare quando ti ferisco non è proprio come sembra... Riesci a sentire il mio ronzìo amoroso?
KURT COBAIN
"Prendi la vita come vuoi: comunque vada, non ne uscirai vivo" JIM MORRISON
A Miki.
Vite gettate dalla finestra corro nella notte davanti ai miei occhi la spia rossa del carburante chissà se arrivo a casa
ho appena stretto forte la tua mano e subito a far correre la penna che impazzita sciorina ghirigori di speranza
amore teatro malinconia come fare a meno di quella polvere di quel sipario che si apre di quei compromessi che ci tengono in vita sì ma seduti
23/3/995
I rintocchi sono pochi nel silenzio doso le mosse strani odori danzano nelle narici poche regole di un basso gioco tendere muovere immagini rotonde scorrono davanti agli occhi chiusi la vittoria si esaurisce in un banale attimo e mi faccio schifo
4/6/995
Prendimi violentami t'invito da me strappami il cuore strizzalo ed esso lacrimerà luce una sola è la chiave ti prego trovala
5/9/995
E' notte fonda nei miei occhi petali di rosa sparsi sul pavimento mi circondano alabastro e argento rare le fonti i cui zampilli m'allentano il terrore e dove i neonati nuotano felici forte è il vento che violenta le fronde denso è il fumo di quella porta che chiudo lasciando l'universo fuori
5/9/995
Ho cambiato canale la notte non tace scorre l'acqua come in una fogna tessuto verde cielo viola tutto diventa aria un sogno denso e bagnato e poi via nel mondo a ridere a piangere a scopare vedere quel mare violento che m'assomiglia troppo spilli sul corpo sì ancora sfere d'acciaio nell'esofago suoni distorti e lacrime d'un passato spensierato
Papà come stai e tacere e ingoiare fino a svuotarmi dentro
23/1/996
Casa degli orrori non voglio più tornarci stravolto accendo la morte derido il mio cuore ingoio cenere di ossa in cancrena
dove sei sipario della vita
sorrisi di bestie feroci e papà paga ha diritto di urlare non ho capito non mi hanno capito scorre benzina nello stomaco veloce esco nel freddo qualcuno mi aiuti non ha senso ciò che dico