TURCHESE

18 0 0
                                    

Il bambino era normalissimo. Se non si considerava la pelle. Sì, la pelle poteva essere un problema, il turchese non è un colore che si riesce a coprire con un po' di fondotinta. Decise che ci avrebbe pensato più tardi.
Pelle a parte, il bambino era assolutamente normale. O la bambina, i capelli scuri tagliati a caschetto e la logora tuta grigia che indossava rendevano difficile stabilirlo, ma questo era l'ultimo dei suoi problemi. Quello che al momento occupava il primo posto sulla lista era il tettuccio della macchina.
Le previsioni di quella mattina avevano annunciato "modesti rovesci nel pomeriggio", non "caduta libera di infanti dalle improbabili sfumature turchesi", era quindi comprensibile che l'inconveniente l'avesse trovata impreparata. Impreparata e con il tettuccio della Micra sfondato, con un Puffo appollaiato sopra, intento a fissarla con una certa ilarità nello sguardo.
Sbattè le palpebre una, due, tre volte. Il bambino era sempre lì, più turchese che mai. Senza perderlo di vista, portò lentamente la mano alla tasca sinistra della giacca, prese il cellulare e compose il numero della polizia. Turchese o non turchese, quel bambino doveva avere dei genitori (magari due distinti impiegati color acquamarina) e non poteva essere giunto fin lì volando, anche se le condizioni della sua auto sembravano suggerire che fosse piovuto dall'alto, ma non aveva alcun senso. Del resto non poteva portarselo a casa, anche se, pensandoci, si sarebbe intonato alla perfezione con il divano nuovo. In ogni caso, non voleva averci niente a che fare, la cosa iniziava e finiva con i costi di riparazione della Micra (sudava al solo pensiero) e tanti saluti.

Pazza. Le avevano dato della pazza. Non era lei ad essere fuori di testa, ma loro ad avere evidenti problemi di vista. Glielo aveva ripetuto almeno una ventina di volte: c'era davvero un bambino sulla sua auto, non era una visionaria, come potevano anche solo pensare che...
Poi si era messo a ridere. Il piccolo bastardo aveva emesso una risatina, adorabile e perfida allo stesso tempo, come solo i bambini sanno farle, e si era appollaiato più comodamente sul tetto della macchina, come a godersi meglio la scena. Bene. Benissimo. Splendido. Aveva liquidato i poliziotti prima che decidessero di chiamare il più vicino centro psichiatrico, ed era rimasta nuovamente sola con...qualunque cosa fosse.
Dunque il bastardo era perfettamente consapevole di non poter essere visto e sembrava trovare la situazione molto divertente. A questo punto si era trovata costretta a prendere una decisione drastica: ignorare il problema o provare ad affrontarlo. La scelta le era parsa quanto mai ovvia. Abbandonando la macchina sul ciglio della strada, aveva cominciato a camminare in direzione opposta, prima lentamente, poi sempre più veloce, ostinandosi nella convinzione che il bambino se ne sarebbe andato da solo, che se ne sarebbe tornato da dove era venuto. Di una cosa era certa: lei non era pazza.
Era ormai a metà della sua opera di autoconvincimento, quando si girò. Probabilmente fu quello il suo errore. Se avesse continuato dritta per la sua strada sarebbe arrivata a casa, si sarebbe fatta una bella dormita, e il mattino dopo tutto sarebbe stato assolutamente normale. La Micra intatta al suo posto e nessun bambino turchese sghignazzante.
Era dietro di lei. Non riusciva a capire come avesse fatto a raggiungerla così all'improvviso, nè si capacitava di non essersene accorta prima, ma era lì, con l'irritante sorrisetto stampato in volto. La seguiva, perfettamente a suo agio in quel mare di gente, macchine, semafori e cassonetti della spazzatura, un puntino blu in mezzo al mare grigio asfalto della città.
Accelerò il passo, cambiò strada, lei non era pazza. Non lo era.
Si girò ancora, il bambino non c'era più.
Ok, va bene, si stava solo autosuggestionando, era rimasta più scioccata di quanto credesse, doveva solo arrivare a casa e barricarcisi dentro, poi tutto si sarebbe sistemato.

Fu con enorme sollievo che girò le chiavi nella serratura e abbandonò il soprabito sul tavolino all'ingresso. Era sola come sempre, nienti bambini blu, niente poliziotti indignati. Si diresse in cucina con passo incerto, passandosi le mani tra in capelli (avrebbe dovuto lavarli), passando davanti alla camera da letto e al bagno (blu, il suo dannato bagno era blu), ignorando il salotto e il divano turchese che faceva mostra di sé esattamente al centro della stanza (avrebbe dovuto cambiarlo). Sì versò un bicchiere d'acqua e si lasciò cadere pesantemente sull'unica sedia della cucina.
Erano le sette di sera, non aveva fatto la spesa, aveva lasciato la macchina incustodita, si era dimenticata di prendere le pillole e di innaffiare la piante, probabilmente era pazza. Poteva andare peggio.
Si concesse ancora due minuti di tregua, poi si alzò e si diresse verso l'armadietto sotto il lavello per prendere l'innaffiatoio (blu, possibile che in quella cosa fosse tutto blu?).
Col senno di poi, avrebbe dovuto aspettarselo.
Lui era lì, accovacciato tra i barattoli di pelati e il detersivo per piatti. Si guardarono per un lungo istante, nessuno dei due sembrava particolarmente sorpreso. Chiuse lo sportello.
Magari prima di sarebbe versata in bicchiere di scotch.

Il bambino si era rivelato meno problematico del previsto. Non parlava, o si rifiutava di farlo, fatto sta che ogni tentativo di comunicare si era rivelato un completo fallimento. Non mangiava né beveva, ma non sembrava soffrirne.
Si era trovato subito in sintonia con il suo divano, sul quale passava la maggior parte del tempo, almeno fin quando rimaneva a casa. Ogni volta che usciva, che fosse per andare a lavoro o per fare la spesa o semplicemente per una passeggiata, scompariva per qualche minuto, per poi riapparire sotto la scrivania o dentro al banco dei surgelati.
Non faceva nulla, a parte seguirla e guardarla. Si dedicava a questa attività con incredibile solerzia, non le staccava gli occhi di dosso nemmeno per un secondo, limitandosi a produrre dei versetti divertiti ogni volta che trovava una situazione particolarmente esilarante. La seguiva, la guardava e rideva.
Nonostante all'inizio avesse tentato di trovare un rimedio a quella situazione assurda, si era infine rassegnata: non c'era luogo in cui lui non riuscisse a trovarla, né modo per seminarlo. Non poteva parlarne con nessuno, o era la volta buona che la internavano, e anche se avesse voluto non aveva qualcuno di abbastanza vicino con cui confidarsi.
Era giunta alla conclusione che la cosa giusta da fare fosse aspettare e vedere, ma orami erano passate due settimane ed erano arrivati a un punto di stallo.

Quella mattina pioveva, era lunedì e la sua voglia di lavorare aveva raggiunto i minimi storici. Si stiracchiò un paio di volte e si trascinò ciabattando in cucina, in cerca di caffè. Il bambino era seduto sul tavolo con le gambe penzoloni e sembrava meno divertito del solito.
-"Buongiorno", borbottò, allungandosi per prendere la macchinetta.
-"Dormito bene?"
Come da copione, il bambino non rispose. Mise su l'acqua e si girò verso il piccolo ospite. Forse era solo una sua impressione, ma quel giorno era meno turchese del solito e non l'aveva ancora guardata. Alzò le spalle, liquidando la faccenda, probabilmente si stava sbagliando.

Quando uscì pioveva ancora più forte e l'ombrello non bastava a ripararla dalla pioggia, che scorreva in fitti rigagnoli lungo i marciapiedi e giù dalle grondaie. Sarebbe arrivata a lavoro tutta bagnata.
Il bambino era sempre dietro di lei, camminava a testa bassa, non saltava nelle pozzanghere né si arrampicava sui lampioni come faceva di solito. No, non si era sbagliata, il turchese brillante della sua pelle aveva assunto un'inquietante sfumatura grigiastra. Non la guardava.
Una folata di vento più forte rischiò di farle volare via l'ombrello, che riuscì a prendere al volo, sporgendosi dal marciapiede e finendo dritta in una pozzanghera. Splendido, un altro paio di pantaloni da lavare.
Il bambino non aveva riso e continuava a tenere lo sguardo ostinatamente puntato a terra.
Il semaforo scattò.
Fu questione di un attimo, un lampo di luce gialla ed era a terra.
L'ombrello venne scagliato lontano, il sangue si mischiò alla pioggia.
In mezzo al capannello di gente accorsa intorno al corpo,
grigio e non visto,
un
bambino
piangeva.

FIN.

TURCHESEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora