"Ancora qui, in questa prigione, intrappolato in queste quattro mura di cemento maledetto!" rimuginava Dario, inginocchiato sul freddo pavimento piastrellato bianco. Il suo viso era solcato dalle lacrime che scendevano abbondanti dai suoi occhi, lacrime di rabbia. Continuò a rimuginare per qualche istante, maledì Dio e chi lo aveva messo al mondo, un luogo putrefatto dove era costretto a vivere. Si alzò asciugandosi il viso ancora contratto dalla sofferenza, camminò fino a raggiungere l'unica finestra della stanza, oscurata, come ogni mattina, si sarebbe aperta automaticamente all'ora della sveglia: le 6:30. Si avvicinò allo schermo nero, contemplò la sua lucidità. Poggiò un palmo della mano sulla superficie della finestra, e sperò, pregò, che al di là del dannato pannello di vetro traslucido oggi ci fosse qualcosa di diverso dal solito scenario. I numeri dell'orologio digitale sulla parete sembravano formati da puntini di fuoco e scandivano il tempo inesorabile, erano le 6:28. Stava ancora pregando affinché ci fosse altro lì fuori. 6:29. Non ricordava cosa desiderava, sgorgarono ineluttabili lacrime gonfie di dolore, un pianto disperato. Il buio che avviluppava la finestra svanì in un istante, Dario fissò l'esterno, deluso, ancora una volta il mondo non era cambiato per lui. Ciminiere svettavano e sbuffavano vapore denso e corposo nel cielo, il sole albeggiava, ma era solo una piccola sfera di luce chiara in balia delle nuvole nere sporche. Aveva piovuto nella notte, e l'acqua piovana aveva annaffiato gli edifici della città fumosa, tutta avvicendata, una macchina i cui ingranaggi non smettevano mai di produrre, la polvere che impregnava le pareti esterne dei palazzi si era sciolta e raggrumata dopo, consegnando agli occhi di Dario una terrificante immagine di squallore. Diede le spalle alla città frenetica, amareggiato. Fece le solite abluzioni mattutine, con più energia del normale, la visione della sporcizia cittadina aveva instillato in lui un bisogno vitale di igiene e pulizia. Sistemati capelli e barba, ebbe un minuto per fissare il suo viso. Lo specchio posto sopra il lavandino era sincero, l'immagine che rimandava non era ingannevole, Dario si fidava. Il volto che guardava dritto negli occhi era stanco e triste ma anche bello e giovanile, i tratti erano quelli di un uomo adulto oramai, i lineamenti di Dario avevano perso quell'innocenza tipica dell'adolescenza, si erano induriti, ed ora solcavano fieri il suo viso. Aprì la cabina metallica ed estrasse noiosamente la divisa da lavoro: completo blu zaffiro, pantalone e giacca, camicia bianco perla, cravatta stretta, sempre zaffiro, scarpe nere lucide. Lavorava nel Distretto amministrativo della città, le sue mansioni erano quelle di gestire l'immagine pubblica del Partito. Minuziosamente indossò ogni capo della divisa, afferrò la borsa da lavoro, l'impermeabile scuro e l'orologio da polso. Inserì il codice di sicurezza digitando con precisione i numeri sul touch-screen luminescente, la porta a scorrimento si aprì.
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La finestra sulla città fumosa
KurzgeschichtenCosa può offrire agli occhi di Dario una finestra traslucida?