C'era un grande elefante morto oggi nella piazza centrale di Milano Due.
La mattina la gente s'è alzata e, andando a lavorare, l'ha trovato lì.
Prima non c'era.
E adesso è là.
"Lo sappiamo signora è la quinta chiamata"
"Lo sappiamo signora abbiamo già mandato degli uomini sul posto".
C'erano gli uomini, ma di tutti i tipi ed estrazione sociale, a decine. Formiche brulicanti nella burrascosa marea di emozioni che la scena suscitava in loro. E tutti come bambini "come?", "perché?"
E i bambini i più adulti di tutti.
Immersi nel silenzio dell'incomprensione. I loro pensieri lucciole nel buio delle seghe mentali con le quali ogni adulto, in quel momento, impegnava il cervello.
Perché bisogna impegnare il cervello per sfuggire all'incomprensibile, bisogna dire la propria sempre; mentre i bambini se ne stavano zitti a guardare le orecchie grandi dell'elefante che a terra sembravano dei tappeti larghi e caldi, e forse qualcuno di loro avrebbe voluto provare ad infilarcisi sotto, per vedere se davvero si stava al caldo.
Però non si poteva perché la mamma no, e non si poteva perché lui forse non chissà, non lo sai bene se sta così perché sta male o morto morto.
E se sta così perché sta male? E se sta così perché morto morto?
Ma mamma è morto morto? Non lo so Giovanni se è morto.
Ma nessun bambino chiede perché l'elefante stamattina era nella piazza centrale di Milano Due.
E agli adulti va pure bene così, perché cosa risponderesti ad un bambino che ti chiede perché c'è un elefante stramazzato nella piazza.
Non ci credi finché non lo vedi.
Però lo vedevan tutti che era là.
Con le zanne bianche intagliate.
Intagliate?
Sì intagliate. Erano piene di disegni incisi e scavati con qualche strumento di chissà dove.
Disegni intricati, roba da maestro, intagli che il tempo aveva ingiallito regalando ombre che il bianco candido, mettetevela via, non vi darà mai.
E succede spesso che l'imperfetto faccia più scena dell'immacolato.
Che alla fine l'imperfetto piace, che se il racconto non avesse l'imperfetto non stareste neanche qua a leggerlo, ma questa è un'altra storia.
L'elefante aveva dei buchi sulla pancia.
Non erano i proiettili no, chi vuoi che si metta a sparare agli elefanti in centro a milano.
Aveva dei buchi e basta.
Tanto che quando i tre camion dei pompieri l'hanno trascinato lontano dalla piazza hanno lasciato a terra una scia di sangue, come quando spremi una noce di colore dal tubetto e, appoggiandoci il dito sopra, lasci la sgommata sul foglio, che ti fa venire i brividi dalle unghie fino alla nuca quando il colore finisce e l'attrito della pelle con la carta torna a farsi sentire.
Non era neanche una brutta striscia di sangue ma ti sembra roba da far vedere ai bambini, dicevano.
E invece i bambini guardavano. Composti e rapiti.
Che lo sanno pure loro che le cose morte c'hanno dentro il sangue.
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Elefante
RandomUno scritto che ho digitato sulle note di un telefono una notte di tanti anni fa. Lo leggo come se non fossi io ad averlo scritto. Parla di un elefante morto in centro a Milano. Il linguaggio è da bozza così come lo sono i pochi discorsi indiretti p...