solo

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❝ you can talk with me ❞

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Il corvino sprecava buona parte del suo tempo libero a cercare di comprendere cosa passasse per la testa di quel ragazzino.

Era stanco.

Aveva pensato a lui tutta la notte senza chiudere occhio. Nessuno aveva mai avuto l'onore di occupare per così tanto tempo la sua mente.

Il punto era proprio che non aveva idea di cosa fare con lui.

Non sapeva come si chiamasse né quanti anni avesse, forse non era neppure maggiorenne.

Tuttavia, era cosciente che il biondo avesse ricambiato il suo gioco in quello. Nemmeno lui conosceva il suo nome, né la sua età.

E probabilmente non l'avrebbe mai conosciuta.

Sehyoon era più intenzionato a toglierselo in fretta dai piedi che a tenerlo in casa sua. Si era dannato per avercelo portato.

Chi sa quale assurda forza lo aveva condotto a pensare che portare quel ragazzino a casa sua per la notte non avrebbe causato problemi.

Adesso non sapeva più come liberarsene.

Da una parte c'era la paura che si rivolgesse alla polizia e che mandasse all'aria tutta la sua vita. Dall'altra c'era il senso di colpa per avergli fatto del male e averlo costretto a quello schifo.

Sì, perché lui lo sapeva bene che quello schifo rappresentava la rovina di tante persone. Non era quella la sua intenzione, quando era entrato in quel giro.

Conosceva così tanta gente che non riusciva a fare a meno di quello che spacciavano. La sera facevano a gara a chi riusciva ad accaparrarsene di più. Chi arrivava tardi e rimaneva senza pagava somme assurde di denaro a chi ne aveva acquistata di più, pur di averne un goccio.

Ricordava i volti di tutti. Li rivedeva tutte le sere. Giorno dopo giorno li osservava appassire.

Un collezionista di piante floreali che, invece di curare le proprie perle per renderle rigogliose, si limitava a guardarle lentamente sfiorire.

La parte più orribile, però, arrivava quando cominciava a non vederle più, quelle facce sciupate.

Il primo giorno si stupiva di quell'assenza magari.

Il secondo si preoccupava.

Il terzo si arrendeva al fatto che un altro era ormai andato.

E quando quella consapevolezza lo colpiva in faccia come uno schiaffo violento, quei volti entravano a far parte dei suoi incubi. Un meccanismo automatizzato ormai consolidato.

Non sognava da anni, da quando era uno stupido bambino probabilmente.

Nell'ultimo decennio aveva imparato a convivere solo con gli incubi tutte le notti.
Aveva imparato a convivere anche coi volti di tutti quelli a cui, involontariamente, aveva tolto la vita.

Quello era il suo lavoro: sottrarre ai deboli le ultime briciole di forza che avevano, permettendogli di vivere per un po' in un temporaneo mondo onirico, offertogli su un piatto d'argento dagli stupefacenti che assumevano.

Servivano bugie in quel covo di disperati.

Donavano false speranze a chi di speranze non ne aveva più. Speranze che si pagavano con la vita stessa.

E la maggior parte della gente che entrava in quel giro, non aveva più niente da perdere. O almeno così credevano.

Era come se firmassero un patto col diavolo affidandosi ad una dolce morte.

d r u g s | wowkwanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora