At First

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Minseok prese un libro dallo scaffale della enorme libreria e lo soppesò con attenzione, poco prima di percorrerne la copertina di pelle con le dita. Era un volume datato e persino il titolo del romanzo si era sbiadito a causa del tempo, ma lui adorava tenere fra le mani libri con una notevole storia alle spalle, un passato che nessuno conosceva, che sarebbe per sempre restato solamente nelle memorie del libro stesso. Era incredibile il numero di segreti che gli oggetti potevano custodire silenziosamente per anni ed anni, senza mai tradire chi glieli aveva tramandati.

Alzò lo sguardò per ammirare l’alta libreria, i cui ultimi scaffali raggiungevano il soffitto ed erano tutti pieni zeppi di libri di diverse epoche, alcuni erano solamente manoscritti le cui pagine erano diventate consumate e fragili. Minseok sentì una strana sensazione crescergli nel petto, come se qualcosa che riguardava gli essere umani potesse realmente durare in eterno, come se le parole non fossero così evanescenti come si credeva.  Aveva spesso pensieri di quel tipo, quel genere di riflessioni che da un ragazzo della sua età nessuno si sarebbe aspettato, eppure per lui erano del tutto naturali, non si sentiva mai angosciato da quel che pensava.

Con il suo libro stretto tra le mani, percorse il corridoio costellato da imponenti librerie dal legno spesso, dal colore scuro, che ormai aveva perso lucidità, per raggiungere i vecchi tavoli dove gli avventori della biblioteca potevano sedersi comodamente a leggere. Scostò la sedia il cui ferrò arrugginito fece un brutto rumore, l’imbottitura sembrava consumata ma per Minseok quei particolari erano estremamente preziosi, non avrebbe rinunciato a nessuno dei difetti di quel luogo. Si accomodò ed aprì il libro, respirando l’odore delle pagine, dell’inchiostro, se ne riempì i polmoni per poi sorridere.

Si immerse nella lettura del romanzo con il fiato sospeso, si inoltrò nel mondo della storia narrata, iniziando a provare le emozioni descritte sulla sua stessa pelle. E se il protagonista era in un bosco notturno, Minseok poteva immaginare la sua agitazione, i suoi stati d’animo altalenanti. In quel modo poteva trascorrere diverse ore senza accorgersi del tempo che passava, semplicemente vivendo in una dimensione tutta sua, lontanissima e perfetta. Minseok aveva sempre preferito la vita dei romanzi alla sua che gli era sempre apparsa piatta, senza alcun tipo di significato. Pensando a se stesso non poteva che provare una certa malinconia. Era un ragazzo dedito allo studio, che stringeva difficilmente rapporti con i compagni perché era terrorizzato dai rapporti umani. Quello era stato un suo limite fin da bambino, non era mai riuscito a superarlo. Piuttosto che essere deluso era molto meglio rifugiarsi in una realtà fittizia che lo proteggesse dai reali sentimenti negativi.

Era arrivata l’ora di cena, si alzò e percorse nuovamente il corridoio per arrivare nell’ufficio del direttore, che era un caro amico della sua famiglia e che lo lasciava muovere nella biblioteca con assoluta libertà. Una volta entrato in quella stanzetta polverosa, la cui lampadina del lampadario faceva uno strano rumore simile ad un ronzio, si avvicinò alla macchinetta del caffè e se ne fece uno, in un bel bicchiere di plastica capiente. A Minseok piaceva cenare con un caffè lungo rigorosamente amaro, dall’aroma forte. I resti della cena del direttore erano ancora lasciati sulla scrivania, lasciava sempre qualcosa per il ragazzo, che però preferiva non mangiare assolutamente nulla. Osservò i piattini di plastica con all’interno dei salatini e del formaggio, c’era anche una lattina di birra a temperatura ambiente. Minseok respirò l’odore dei mozziconi di sigaretta non ancora spenti, quell’odore era il tipico che conservava suo padre sul giaccone invernale, quando rientrava dal lavoro. Il ragazzo bevve il suo caffè pensando al suo corpo da bambino stretto nel giaccone del padre che improvvisamente non aveva più fatto ritorno, per motivi che aveva preferito dimenticare.

Tornò a sedersi al suo posto e ad immergersi nel suo libro. Era arrivato al penultimo capitolo quando sentì la sedia al suo fianco venire scostata. Generalmente a quell’ora di sera la biblioteca era deserta, quindi per lui fu strano sentire quel rumore. Evitò di voltarsi, inizialmente, ma poi venne distratto dal modo nervoso di sfregarsi le mani della persona che aveva di fianco. Alzò lo sguardo e notò di essere in compagnia di un ragazzo, dai capelli tinti di biondo scuro ed il viso infantile. Si sfregava le mani e vi soffiava sopra, il suo respiro si condensava in nuvolette bianche come abbandonava le labbra.

You said it would have been ForeverDove le storie prendono vita. Scoprilo ora