UN PASSO INDIETRO: JOSHUA (REV)

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Casa di Ariel, qualche giorno prima...


Quella sera, dopo aver varcato l'uscio di casa e averla lasciata lì, nel divano, a piangere per me, e dopo aver chiuso la sua porta alle mie spalle, non riuscì a staccare la mano da quella maniglia dorata, che, con un piccolo e dolce rintocco, se avessi voluto, mi avrebbe permesso di rientrare in casa sua, prendere il suo viso tra le mani e premere le mie labbra alle sue.

Avrei potuto, se avessi voluto.

Beh, no, non è esatto. Il fatto è che io avrei potuto, se Lui avesse voluto. Perché io lo volevo.

Mi ritrovai a stringere così forte quella maniglia da farmi diventare le nocche bianche, prima di lasciarla andare e voltarmi verso la strada deserta che divideva le nostre abitazioni.

Ma, anche in quel momento, non riuscì ad allontanarmi dalla sua proprietà per tornare a casa, rimanendo con le spalle ancora incollate al legno laccato della porta d'ingresso e il capo che ondeggiava figurando una negazione alla mia stessa persona.

Fu quando la sentii correre su per le scale che mi fiondai nella strada alla ricerca di un qualcosa che mi permettesse di sfogare la mia rabbia intrisa di rimorso.

Feci qualche passo verso la mia abitazione e mi fermai e, constatando che non c'era nessuno nei dintorni, intrecciai le mani a scompigliarmi i capelli, mosso da un forte bruciore all'altezza dello stomaco che faceva accelerare i miei battiti cardiaci e respirare velocemente.

E la rividi nei ricordi: senza trucco, con quella pettinatura semplice, immersa nella sua felpa, che nascondeva quel che la pioggia di qualche ora prima mi aveva rivelato bagnando interamente la sua camicia...

Mi guardai le nocche sanguinanti con una smorfia di dolore.

Avevo colpito il palo della luce situato a pochi metri da casa, con una forza pari alle forti sensazioni che il ricordo di quella pioggia mi richiamava.

Quando entrai in casa, mi fasciai malamente con qualche strato di carta assorbente che trovai in cucina, mentre nella testa mi frullavano solo queste parole:

«Padre...

Padre...

Perché mi hai abbandonato?

Io... io non voglio, non voglio pensarla. Non voglio sognarla stanotte.

Mi stai ascoltando?

Sono qui, adesso, mi vedi? Cosa dovrei fare?

Cedere al suo profumo, alle sue labbra e cadere, sprofondare nelle mie tenebre?

Ma perché non mi ascolti?

Perché non la allontani da me?

Perché la metti sul mio cammino?

Lo so, forse sto sbagliando tutto.

Ma, dopo tutto, aspetta, forse non sono io a sbagliare tutto, forse sei Tu...

Oh Dio, perdonami...

Dico solo che forse non avresti dovuto avvicinarla a me, forse non avresti dovuto far piovere su di noi!

Tu sai che ho intrapreso il Tuo cammino !

Tu sai che non ho guardato donna per questi cinque anni!

E, adesso, perché mi fai questo? Eh?

Sono un esperimento?

Un Tuo esperimento?

Io la voglio. Mi stai sentendo?

Non ti è riuscito questo esperimento, perché io la desidero!

Sono umano!

Non sono come Te!»

Mi ritrovai ad urlare quelle ultime frasi al mio Creatore, prima di abbandonarmi a delle gelide tenebre che, da allora, mi hanno condotto al luogo in cui mi stai vedendo adesso, nel buio di questo inferno.

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