Meryl passava ore ad osservare fuori dalla finestra, amava farlo principalmente di notte quando la calma prendeva il posto del caos infernale del giorno. Era in camera sua, quasi completamente al buio con soltanto il debole chiarore della luna che le illuminava il viso e rendeva i suoi capelli biondi simili ad un'aureola. Era sdraiata su un fianco sul piccolo divanetto che fungeva da davanzale sotto una montagna di coperte, si sentiva la schiena piacevolmente calda. Era ormai Dicembre inoltrato e le temperature erano davvero basse anche se la neve non si era ancora decisa a presentarsi. Il lampione posto alla fine del vialetto di casa lampeggiava continuamente, minacciava di spegnersi da un momento all'altro e le strade erano deserte. Viveva in quella casa da soli otto mesi ma le sembrava già un'eternità, si era così abituata ai traslochi che nulla più le sembrava nuovo o estraneo, si adattava semplicemente come un camaleonte ai colori delle foglie su cui passava di volta in volta, si sentiva fredda, come impossibilitata a provare ciò che ogni essere umano ha il diritto di provare, emozioni e sentimenti che dovrebbero rendere la vita più calda.
Suo padre l'aveva abbandonata quando aveva appena tre anni e sua madre, Alanis, si era sempre presa cura di lei come se fosse una gemma preziosa, un diamante unico al mondo da custodire e proteggere anche con la vita. Pian piano aveva sviluppato una sorta di ossessione compulsiva nei suoi confronti, -Perchè sei in ritardo? -Stai attenta, -Non mangiare il sushi se non sai da dove viene, -Copriti dal freddo, -Stai attenta, Stai attenta-.
Lasciò perdere la voce della mamma che le risuonava nelle orecchie e si lasciò trasportare da quanto accadeva fuori, la strada era ancora isolata, il lampione aveva smesso di lampeggiare e notò che cominciava ad innalzarsi un vento improvviso, le foglie e alcune cartacce si lasciavano trasportare da una parte all'altra del suo giardino. D'improvviso comparve una figura sul campo, non era la prima volta che lo vedeva, un uomo molto alto e magro,sulla cinquantina, completamente ricoperto da una tenuta militare e con gli scarponi neri slacciati, aveva percorso faticosamente il tratto di strada di cui Meryl aveva una buona visuale e stava per addentrarsi nelle folte erbacce che portavano al bosco di Olrie, una delle zone più isolate di tutta la città. Sembrava scosso da tremiti e camminava con le spalle basse come fosse schiacciato da un peso invisibile. Ad un tratto lo vide fermarsi, rimase per qualche secondo fermo poco prima di raggiungere l'entrata del bosco e si voltò nella sua direzione, almeno così le sembrò.
Meryl si alzò sulle ginocchia spingendo via le coperte per cercare di vedere con più attenzione, il vento soffiava ancora nella strada desolata mentre le gambe molli di quell'uomo fermo sembravano oscillare senza uno scopo come rami di un albero spoglio. Chi era quella figura spenta? Sembrava proprio la stesse fissando anche se da quella distanza non avrebbe potuto dirlo con certezza, a chi appartenevano quegli occhi? Specchio dell'anima e della devastazione? Fu scossa da un brivido e balzò in piedi, per quale motivo la stava fissando in quel modo? Passarono solo pochi secondi e l'uomo fu come scosso all'improvviso, si voltò di nuovo verso le erbacce e le aprì con le braccia entrandovi all'interno. Meryl scosse la testa, pensò fosse stata solo una sua stupida impressione, chiuse le tende e andò a letto.
L'odore della caffetteria l'aiutò a risvegliare i sensi più facilmente, da dietro al bancone vide arrivare un'orda di persone correre nella sua direzione come una valanga su una pista da sci. Gesù, sarà una lunga mattinata.
I rumori delle tazzine che tintinnavano e le voci che si accavallavano continuamente le avevano dato per i primi mesi terribili mal di testa, ma con il passare dei giorni aveva imparato a farci l'abitudine, ad isolarsi quanto bastava per lavorare bene senza lasciarsi travolgere troppo. Quella mattina era uscita mentre sua madre ancora dormiva, aveva deciso di non svegliarla anche per avere egoisticamente maggiore via libera, le voleva bene, ma alcune volte si sentiva incatenata dalla sua ossessione frenetica di proteggerla. Tutto aveva avuto inizio più o meno un paio di mesi prima, quando piangendo la mamma le aveva confessato di aver perso il lavoro, da quel giorno ogni suo pensiero era rivolto a lei, ogni sua preoccupazione era esternata in modo così esplicito che alcune volte le era sembrata veramente ridicola.
-Qualcosa non va?- Sara, la sua collega, aveva approfittato di un momento di tregua tra caffè e donuts per avvicinarsi, si era alzata sulle punte dei piedi per pronunciarle la domanda all'orecchio, la coda in cui aveva raccolto i suoi capelli castani e incredibilmente lisci le si era scompigliata lasciando svariate ciocche sciolte.
-Si.. sisi tutto ok.. ero solo pensierosa- la ragazza, poco più grande di lei le fece un sorriso alzando un sopracciglio –Problemi di cuore?- le passò dietro toccandole una spalla per andare a servire un cliente appena arrivato, la caffetteria era quasi completamente vuota, era sempre così dopo le 12:00. Meryl scosse la testa sorridendo ma evitò di risponderla. Si trovava bene con lei, dal primo momento avevano chiacchierato per imparare a conoscersi ma non l'aveva mai ritenuta un'amica, non ne aveva mai avuto da quando con sua mamma aveva cominciato ad affrontare i vari traslochi, evitava di legarsi il più possibile a chiunque.
Terminato il turno entrò in casa sbattendo la porta, sentì un profumo buonissimo venire dalla cucina, peperoni, solo in quel momento si accorse della fame che aveva. Si tolse le scarpe e si appoggiò allo stipite della porta della cucina, affondò i piedi nel tappeto soffice dell'atrio, amava quel tappeto.
-mm, che profumino- Sua mamma era girata di spalle, indossava il grembiule ed era intenta a tagliare un'arancia a rondelle.
-Perché non mi hai svegliata questa mattina? Sei andata via senza dirmi nulla- Sentì l'astio nella sua voce dalla prima sillaba che sua madre pronunciò.
-Stavi riposando.. era inutile svegliarti-
-Mi sono preoccupata quando non ti ho trovata-
-Mamma sono andata a lavoro, quello che faccio tutti i giorni-
Nel frattempo aveva abbandonato il tappeto e aveva tirato fuori una sedia da sotto al tavolo per sedersi, si versò un bicchiere d'acqua, e sentì i muscoli della gambe indolenziti per le ore passate in piedi.
-Ho bisogno di sapere sempre dove sei, cosa fai..-
-Ma lo sai mamma.. io non..-
-Hai intenzione di nascondermi qualcosa? Meryl..- Alanis si era voltata e aveva posato il coltello sul bancone, sembrava stesse tremando e gli occhi saettavano dalla figlia al tavolo così velocemente che Meryl pensò che le sarebbero saltati via dalle orbite da un momento all'altro. Sentì la rabbia salirle dal profondo e prenderle ogni parte del corpo fino alla punta dei capelli, il mondò sembrò precipitarle rovinosamente addosso senza nessuna pietà e lei si sentì troppo piccola per sostenerlo ancora, si alzò di scatto facendo rovesciare la sedia e senza dire nulla infilò le scarpe e spalancò la porta d'ingresso, uscì e corse in strada prima di poter sentire ancora la voce di sua madre. Rimase per un po in piedi accanto al vialetto con le mani sulle ginocchia e la schiena ricurva, sentiva di avere la bocca aperta perché le sembrava di non riuscire a prendere aria. Riprese a camminare solo quando percepì la gola allentare, ma la rabbia la portò di nuovo a correre, pensò a quello che ogni giorno faceva per sua mamma, ore ed ore in quel lurido posto per garantirle da mangiare, e ora s'inventava addirittura che le stava nascondendo qualcosa, non ne poteva più. Non immaginava fin dove si fosse spinta nella sua corsa, le bastava allontanarsi dalla strada selciata, lontana dalle abitazioni e dal confine del mondo.
Nel giro di pochi minuti si ritrovò di fronte al passaggio gremito di erbacce in cui aveva visto entrare l'uomo sconosciuto per tre sere di fila, il cuore le balzava in gola come una pallina impazzita. Riprese fiato e si fece spazio per entrare, non sapeva bene per quale motivo lo stesse facendo, sapeva soltanto che sentiva il bisogno di evadere, trovare un posto abbastanza lontano da casa sua e da sua madre e quella le sembrava stranamente una perfetta direzione.
Il bosco di Olrie era da sempre stato descritto come un posto terribile, ogni volta che ne aveva sentito parlare c'era una storia diversa, sempre più orrenda, che finiva con le solite raccomandazioni di non entrarvici mai.
-Molti sono andati e non si sono più visti-
-Mia cugina da piccola è entrata in quell'antro per sbaglio, l'hanno ritrovata due giorni dopo senza voce, non l'ha più riacquistata-
Tutte quelle voci le vennero alla mente assieme mentre cercava di infilarsi tra i rami scorticanti, riuscì a scacciarle via solo quando il passaggio divenne così stretto ed intricato che dovette impiegare tutta la sua forza per non restare impigliata. Era pieno giorno ma la vegetazione era così fitta da coprire quasi completamente la luce del sole, il cielo che si intravedeva tra i rami neri sopra la sua testa era ancora distinguibile ma incolore, senza sfumature di luminosità. Sentì un lieve bruciore di un graffio causato da un ramo sotto un occhio e la terra ruvida che era diventata come lava bollente sotto il ventre, stava ormai strisciando e cominciò a sentire l'aria sempre più rarefatta, le stava mancando l'ossigeno.
Ad un tratto vide i rami illuminarsi e il terriccio diventare più scuro e umido, il fiato le mancava e il cuore le balzava in gola ancora più forte, le braccia stavano per cedere e le gambe erano distrutte, immaginò il suo corpo tagliato in ogni punto per quanto le bruciasse. Indossava ancora la felpa e il pantalone leggero che normalmente usava per lavorare, ma in quel momento le sembrò di essere nuda.
Finalmente il groviglio di rami che sentiva intorno a sé sembrò allentarsi, mise la testa fuori da quello che le era sembrato un tubo di pelle di serpente stretto e soffocante. La testa le girava un po. Fece un respiro profondo e premette le mani aperte sul terreno davanti a sé, il corpo ancora intricato nel groviglio, fece un ultimo sforzo e si tirò fuori. Rimase per un po sdraiata a terra, il viso premuto sul terriccio incredibilmente fresco. Quando finalmente le fu ritornata abbastanza aria nei polmoni da permetterle di pensare provò a rialzarsi, il terreno diventava via via sempre più bagnato e spugnoso e solo dopo un rapido sguardo capì il perché, alla sua destra vide un corso d'acqua. Per un attimo pensò fosse il mare per quanto le due cose fossero simili, a riva il terreno diventava letteralmente spiaggia e il corso era così ampio da non permettere a Meryl di vederne la fine. Tutt'intorno era costellato di scogli, sembrava una striscia animata di cielo, azzurrissima e baluginante intorno alle rocce.
Provò a ripulirsi il viso per quanto possibile e liberò i capelli da terra, fogliame e ragnatele, rabbrividì quando dovette cacciare via uno strano insetto nero e lungo una ventina di centimetri che le camminava sul petto. Perpendicolarmente al corso d'acqua il sentiero continuava, risaliva ripido e si perdeva di nuovo sotto gli alberi, tutto però le sembrava molto più curato dall'altro lato, come se un giardiniere avesse tagliato e gestito alla perfezione le erbacce che le avevano graffiato tutto il corpo.
Si avvicinò all'acqua senza pensarci due volte, aveva una sete terribile ed il corpo appiccicoso per il sudore, faceva stranamente caldo in quel posto, nonostante fosse Dicembre inoltrato.
Si abbassò verso l'acqua poggiandosi sui talloni e toccò l'acqua prima pian piano come se stesse accarezzando il dorso di un animale e poi, rendendosi conto che si trattava semplicemente di acqua vi immerse entrambe le mani e si bagnò il viso, l'acqua era fresca ma non gelida, la bevve ed era stranamente buona. Pensò fosse un posto bellissimo da poter raggiungere tutte le volte che ne avrebbe sentito il bisogno, tutte le volte che avrebbe sentito la vita soffocarla senza pietà. Quel giorno però non volle andare oltre, le piaceva la sensazione che le dava quel posto, di pura serenità, l'odore dell'erba bagnata le riempiva le narici sembrandole uno dei profumi più buoni che avesse mai sentito, ma pensò anche di dover tornare a casa, il giorno dopo avrebbe potuto esplorare i luoghi intorno a quel laghetto con più calma, avrebbe inventato una scusa a lavoro e sarebbe ritornata. Si alzò in piedi e allontanandosi dall'acqua si diresse al sentiero intricato che l'aveva condotta lì. Spostò un mucchio di foglie verdi davanti al passaggio e s'immerse con la testa nell'antro buio di vegetazione. Si accorse fin da subito che qualcosa non andava, il passaggio si era stranamente ristretto, i rami sembravano più grandi, l'ossigeno ancora meno. Com'era possibile?! C'era passata solo un attimo prima!. Si sforzò di più e più volte, le braccia le facevano male e sentì il corpo così accaldato che temette sarebbe andato a fuoco da un momento all'altro. Alla fine ricadde a terra stremata, sullo stesso terriccio bagnato. Batté i pugni a terra con tutta la forza che aveva, le lacrime cominciarono a punzecchiarle gli angoli degli occhi come insetti dispettosi. Avevano tutti ragione! Le voci erano vere, resterò bloccata qui per sempre!
-Mi senti? Stai bene?- Meryl aprì gli occhi ed era notte fonda. La prima cosa che vide furono le stelle, il cielo ne era così pieno che sembrava un tappeto nero su cui era stato riversato un barile di pittura bianca luminosa. La luna era piena e bassa, sembrava quasi che le si stesse avvicinando pian piano e che da un momento all'altro le sarebbe precipitata addosso.
Scattò in piedi quando si rese conto che qualcuno le stava toccando un piede.
Le gambe le dolevano e il cuore batteva di nuovo all'impazzata, era ancora in quel posto infernale in cui era rimasta bloccata, probabilmente aveva perso i sensi quando stava provando ad andarsene. Una ragazza bionda con una strana armatura la stava fissando, sembrava completamente ricoperta di metallo, con ginocchiere e gomitiere, i capelli erano raccolti in una treccia lunga fino alla vita, in mano aveva una sorta di spiedone appuntito di ottone con rifiniture d'oro, non aveva mai visto nulla di simile.
-Dove sono?- La ragazza sembrò quasi meravigliarsi nel sentirla parlare.
-Vieni da Lichfield?-
-Si.. si vengo da lì, dove sono?- Meryl le si avvicinò forse troppo velocemente, sentire il nome della sua città le aveva dato improvvisamente speranza, la ragazza di metallo indietreggiò e le puntò la spada contro, Meryl alzò le mani.
Non ci credo, non posso credere che stia realmente accadendo tutto questo.
-Scusami.. scusami non volevo-deglutì, poi continuò -Tu.. tu sai cosa mi è successo? Dove sono?-
La ragazza le indicò la matassa di rami alle sue spalle con lo spiedone.
–Sei venuta da lì, alle nostre spalle c'è Lichfield ma la città non appartiene.. a noi.. chi viene da questa parte, non può più tornare indietro-
La ragazza si voltò e cominciò a camminare, il rumore metallico di ogni suo movimento fece stringere i denti di Meryl. -Aspetta.. cosa vuoi dire? Dove vai?.. aspettami-
Si mise a seguirla anche se sembrava troppo faticoso restarle al passo.
-Ora appartieni a questo mondo.. benvenuta ad Ethis-
Meryl si sentì le gambe cedere, nonostante la stesse ancora inseguendo.
Era uno scherzo? -Ma.. ma.. che vuol dire? Non può essere.. questo, è impossibile- fece un gesto per indicare quello che la circondava e si fermò, aveva percorso metà del vialetto e superato il corso d'acqua. Raggiunse di nuovo la ragazza che a differenza sua stava proseguendo su per la ripida salita e le prese la parte del braccio senza armatura, la tirò per farla voltare, la sua espressione le sembrò solcata nel ghiaccio.
-Non puoi andare via come se nulla fosse dopo.. dopo questo che mi hai detto. Ho bisogno di spiegazioni!- La ragazza fissava il punto esatto in cui la mano di Meryl le stringeva il polso con sguardo tetro, lei la lasciò ma non rimosse lo sguardo. Solo in quel momento poté guardarla meglio, occhi di ghiaccio, zigomi alti e viso rotondo, avrà avuto più o meno la sua età. Le ciglia erano lunghe e arricciate, la pelle liscia quasi come la porcellana, forse era una delle ragazze più belle che aveva mai visto e vestita con quella sorta di abbigliamento medievale le sembrò un angelo, un angelo di metallo.
-Devo tornare a casa.. se vuoi puoi seguirmi- Meryl si sentì impazzire, non poteva credere cosa le stesse accadendo, pensò che non aveva altra scelta. S'incamminarono verso lo stesso pendio una dietro l'altra.
Giunsero poco dopo in una sorta di castello, dall'esterno sembrava una fortezza abbandonata, una roccaforte con le pareti scrostate e i tetti spioventi, ma una volta entrate Meryl si sentì paralizzata da quello che vide. Oro e pietre preziose ricoprivano ogni angolo delle pareti, il pavimento era di marmo bianco venato di striature d'oro, sentì i suoi stessi passi diventare silenziosi una volta varcata la soglia d'ingresso, da un soffitto dipinto con un motivo rococò di frecce dorate in volo scendeva un lampadario enorme, sulla destra vide una scala a chiocciola. Torce accese disposte a distanza regolare illuminavano tutto l'atrio generando ombre scure e in movimento e calore quando Meryl vi passava accanto.
-Cos'è questo? Dove mi trovo?- Sembrava di trovarsi in una favola, nel castello della Bella e la Bestia o qualcosa di simile.
-Seguimi-.
Poco dopo si ritrovò in una stanza poco più illuminata, era quasi spoglia ed entrando sentì nelle narici l'odore di chiuso tipico di una casa abbandonata. A riempirla vi era solo una sorta di scrivania in legno scorticato che a Meryl ricordò un vecchio bancone di un bar, ricoperta di scartoffie, nell'angolo una penna poggiata su di un calamaio ricolmo di inchiostro nero. Mentre sulla destra c'era una piccola vetrina zeppa di bottigliette d'alcol.
-Siediti pure-, Meryl tirò la sedia davanti a sé e si sedette, era scombussolata e confusa, come se fosse caduta in uno strapiombo in cui non aveva ancora toccato il fondo, come se stesse ancora precipitando.
Quattro mesi dopo
La sua immagine riflessa nello specchio le bastò a rendersi conto quanto fosse cambiata in così poco tempo. Indossava un vestito di seta champagne con le spalline calanti, una cintura sottile d'oro le stringeva leggermente la vita mettendo in risalto i suoi fianchi. I capelli erano legati in parte da una treccia e dietro scendevano con leggeri boccoli sulle spalle, sembrava una fata. Sorrise mentre teneva tra le mani il ciondolo che Gwenn le aveva regalato il mese prima. Lo indossò, la pietra rossa incastonata al centro sembrava darle più luce, era straordinario come quella collana sembrava starle bene sempre. Gwenn, la ragazza di metallo, come l'aveva definita solo qualche mese prima, era diventata la persona più importante della sua vita.
Lì ad Ethis vivere non era per nulla facile, soprattutto per chi vi arrivava dal nulla e all'improvviso, come lei. Quel giorno nel suo studio, al castello, le spiegò che solo ad alcuni era concesso attraversare il portale per raggiungere il loro mondo, e che una volta attraversatolo era difficile ritornare. L'uomo in tenuta militare che aveva visto più volte era solo una visione, un modo con cui il proprio animo l'aveva guidata lì.
-Potrai fare un tentativo ogni giorno.. in quanto non sappiamo quando il portale vorrà catapultarti indietro-. Ethis era una città medievale straordinaria in cui però impiegò molto a sentirsi a suo agio nonostante gli abitanti fossero gentili ed accoglienti. Ogni giorno per i primi due mesi provò a ritornare a Lichfield, percorreva i metri che la dividevano dal portale in una totale agitazione, agitazione che sfociava poi in disperazione quando sentiva l'impossibilità di attraversarlo. Le mancava sua mamma, l' unico affetto che aveva nell'altro mondo, e per molto si sentì in colpa per averla abbandonata in quel modo. Con il passare dei giorni cominciò ad evitare il portale, saltava un giorno, poi due.. fino ad andarci soltanto un giorno alla settimana, non riusciva a sopportare la rabbia che sentiva a vedersi intrappolata lì.
Gwenn le rimase accanto in un modo commovente, le offrì ospitalità in casa sua, giorno dopo giorno le spiegava le regole e i costumi di quel mondo così estraneo, le insegnò persino ad usare le armi per difendersi. Allo specchio non si vedeva più la stessa, quei vestiti così strambi per lei ora erano diventati quasi usuali, si era abituata all'aria calda e alla vegetazione ricca di quel posto, aveva imparato i principali saluti che cambiavano a seconda se le persone a cui venivano rivolti erano ospiti oppure persone di fiducia. Ogni giorno pensava a sua mamma, alla sua città, al mondo che aveva abbandonato.. ma pensava anche che piombando lì la sua vita era totalmente cambiata, aveva ritrovato una se stessa che aveva perso tanto tempo fa, anzi che non era nemmeno sicura fosse mai esistita.
-Hey.. sei pro..- Gwenn entrò nella stanza strabuzzando gli occhi -Sei.. meravigliosa-
le si avvicinò lasciandole un leggero e dolce bacio sulle labbra, sapeva di fragole.
La circondò da dietro con le braccia e la guardò attraverso lo specchio, Meryl la guardò e nei suoi occhi vide la dolcezza e la forza di cui si era innamorata, le mani lisce s'intrecciarono alle sue.
-Ti amo.. lo sai? Ringrazio il creatore per averti trovata.. tutti i giorni- aveva cominciato a dondolare lentamente a destra e a sinistra portandola con se.
-Anch'io ti amo.. non riesco ancora a credere che tutto questo sia reale-
-Lo è.. sarò sempre con te Mery, qualsiasi cosa accadrà.. non dubitare mai di noi, di questo che ci accomuna, io sarò sempre qui- le toccò il ciondolo stringendolo nella mano e le baciò il collo.
-Ora andiamo.. ci stanno aspettando-.
Il giorno dopo
La prima cosa che sentì furono i muscoli delle gambe indolenziti, pensò alla serie di balli che la sera prima si era divertita a fare con Gwenn alla festa in onore del Principe. Si era divertita un mondo, ancora con gli occhi chiusi ripensò a quanto riusciva a stare bene con quella ragazza nonostante appartenessero a mondi diversi, sembrava quasi un'estensione del suo corpo.
Si sorprese a sorridere mentre muoveva i piedi sotto le coperte per risvegliarli dall'intorpidimento e si voltò dall'altro lato per guardarla. Aprì gli occhi ma quello che vide non fu Gwenn, non vide nemmeno il suo letto nella stanza padronale dove aveva dormito per due mesi a quella parte, era in un letto singolo. Si alzò di colpo a sedere in preda al panico e sentì l'orrore attraversale tutto il corpo, sbatteva le palpebre più volte per verificare se ciò che vedeva era la realtà. Saltò giù dal letto e rimase a piedi nudi sul parquet per qualche minuto, era completamente paralizzata. Ciò che vedeva era la sua stanza a Lichfield, la stessa che aveva lasciato quel giorno di quattro mesi fa, stesso letto in cui si era risvegliata, stessa porta e stessa finestra con il divanetto-davanzale. -Non può essere, non può essere!- ripeteva facendo su e giù in tutta la stanza. Corse in bagno e si guardò allo specchio, indossava il suo pigiama rosa e azzurro con le maniche di pile, si passò una mano tra i capelli e aprì l'acqua. Aveva sognato tutto, quattro mesi di vita ed erano stati tutto un sogno, si sentì cadere in un baratro senza fondo in cui visse dolore,rabbia,confusione e incredulità contemporaneamente. Si asciugò il viso e tutto ad un tratto un tuffo al cuore la fece sussultare, Gwenn... immaginò il suo viso, il suo sorriso sincero e gli occhi di ghiaccio.. gettò l'asciugamano a terra e tornò allo specchio, scostò il colletto del pigiama e la luce rossa del ciondolo le riempì gli occhi, sorrise e sentì le lacrime rigarle il viso.
-Sarò sempre con te Mery, qualsiasi cosa accadrà.. non dubitare mai di noi, di questo che ci accomuna, io sarò sempre qui..-