>> Capitolo 1.

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Novantuno giorni. Tremilaseicentoventiquattro ore.

Nemmeno una chiamata, nemmeno un messaggio, nemmeno una notizia, niente. Il nulla più totale.

Ho aspettato lui ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo e posso giurare che ogni secondo passato a pensarci durava un'eternità lacerante.

Lo cercavo in ogni cosa, anche la più piccola, anche la più sciocca. In una canzone, in una persona per strada, nella camminata di qualcun altro, nei libri, negli sguardi della gente, e faceva male, perché più cercavo di dimenticarlo più non facevo altro che ricordarlo.

E anche Dicembre è arrivato, il mio mese preferito. La neve, i maglioni, la cioccolata calda, gli abbracci che ti scaldano il cuore in tutti i sensi, le coperte pesanti, i sorrisi perché il Natale sta per arrivare, le mani nelle tasche o nei guanti caldi, le luci colorate. A chi non piace dicembre?

È sempre tutto perfetto, tutti sono felici. Tranne quest'anno, perché lui non ci sarà e non condividerà tutta questa allegria natalizia con me.

La mia vita è un po' più spenta, cupa, da quando lui se n'è andato. Non ci sono più colori nel mio cuore, è tutto in bianco e nero.

Sono nel cortile della mia scuola, non tanto distante da casa mia.

Mi trovo seduta sulla solita panchina a ripetere biologia in attesa che la campanella suoni. L'aria fredda mi accarezza la pelle e il cinguettio allegro degli uccelli mi rilassa.

Una figura da lontano, davanti a me, sventola le sue braccia come per farsi notare e più si avvicina più la metto a fuoco, è Sue.

"Ab scusa per aver fatto ritardo oggi" mi disse sedendosi sulla panchina affianco a me e stampandomi un bacio sulla guancia destra. Sorrisi a quel gesto.

"Non preoccuparti, ora entriamo" risposi alzandomi e prendendo Sue a braccetto ci dirigemmo verso l'entrata della scuola.

Sarebbe stato un giorno di scuola come tutti gli altri, solo che oggi è venerdì e quindi ultimo giorno di una lunghissima e monotona settimana scolastica.

Entrate io e Sue ci dividemmo, lei segue uno strano corso di teatro, roba che di certo non fa per me.

Io invece ho storia. Odio la storia. Perché dovremmo studiare la vita di persone che sono morte? Non è meglio vivere la nostra di vita? Insomma, dovremmo vivere il nostro presente non un passato che non ci appartiene.

"Ab" mi sorrise Shawn appena arrivata in classe. Lo salutai con un bacio sulla guancia e insieme ci dirigemmo a uno degli ultimi banchi infondo alla classe.

Mentre la professoressa spiega e cerca disperatamente l'attenzione di tutti i suoi alunni con scarsi risultati, la mia concentrazione nel seguire la lezione finì da tutte le parti tranne che appunto, sulla professoressa baffutella.

"Tu e Sue ci venite stasera?" la voce calma e roca di Shawn mi risvegliò dai miei pensieri e mi riportò nel mondo reale o in questo caso, in classe.

"Dove?" risposi arricciando il naso. Arriccio sempre il naso quando non capisco qualcosa.

"Alla festa di Cameron, ha invitato tutta la scuola" mi disse facendo un gesto strano con la mano sinistra.

"Non lo so, non mi va" gli dissi sbuffando.

"Andiamo Ab, sta-" la voce della professoressa che urla i nostri cognomi ci fece sussultare e sentivo gli schiamazzi divertiti di alcuni compagni di corso. Massa di coglioni.

"White! Mendes! In presidenza, ora!" la professoressa sembra davvero arrabbiata, quindi senza esitare prendiamo la nostra roba e sotto gli occhi tutti ci dirigiamo fuori dalla classe.

Non ci sarei andata dal preside e credo nemmeno l'amico al mio fianco, è assolutamente assurdo andare dal preside solo perché ci stavamo scambiando qualche parola.

"Allora? Ci venite?" la voce di Shawn mi risvegliò dai miei pensieri ancora una volta e un piccolo ghigno uscì dalla mia bocca.

"Si, ci veniamo ma non rompere più" alzai gli occhi al cielo come segno di arresa.

"Fantastico! Ti divertirai, vedrai" disse dandomi un bacio sulla guancia e andando verso il bagno.

Di lì a poco suonò la campanella e io andai a prendere Sue dal suo corso di teatro per poi andare insieme a trigonometria, materia che odio profondamente e che cambierò al più presto.

Abito in una piccola palazzina con 5 famiglie al massimo, e al piano sopra al mio ci vive Sue.

Come avevamo deciso oggi a mensa, Sue si presentò a casa mia alle otto con un borsone sotto il braccio.

"Ma che hai lì dentro?" Risi facendola entrare in casa e salendo al piano di sopra, dove vi era la mia camera.

"Sai come sono fatta, dobbiamo essere impeccabili" feci una smorfia a questa sua affermazione. Non amavo indossare tutti quei vestiti stretti e corti e nemmeno quelle scarpe con tacchi alti quanto un grattacielo. Io preferisco le mie amate converse, molto più comode e pratiche.

Sue è tutto il contrario di me. Io sono bassa, con capelli castani e occhi azzurri. Lei è alta, un fisico mozzafiato, capelli biondi e occhi sul castano chiaro, da cerbiatta. È bellissima e amo quel suo sorriso perennemente stampato in viso.

Lei è una di quelle a cui piacciono le feste, la musica altissima, alcool e i ragazzi.

Io sono più una ragazza da libri e coperte e non amo stare al centro dell'attenzione, mentre Sue è come se avesse il mondo ai suoi piedi.

Il vestito che si è messa le sta bene, anzi che dico, le sta davvero benissimo. È nero, lungo fino alle cosce e stretto.

Ho un paio di tacchi ma niente vestito. Ho scelto un paio di pantaloncini a vita alta con una camicia a pois bianca e nera.

Sono le 21:30 quando siamo pronte e usciamo di casa.

Aaron e Carter, amici di vecchia data, ci passano a prendere con l'auto del padre di Aaron e così, ci dirigemmo a questa benedettissima festa.

SPAZIO AUTRICE.

Heilà! Per prima cosa vorrei scusarmi per il ritardo nella pubblicazione del capitolo.

Seconda cosa: vi sta piacendo la storia? Non so, commentate, fatemi sapere..è davvero importante per me, quindi datemi un segno di vita (?) ahahahha

Alla prossima, baci💘

-Clod

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 07, 2014 ⏰

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An angel with blue eyes, Nash Grier.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora