Amnesia

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Guardo questo ragazzo a me apparentemente sconosciuto condurmi verso le periferie di San Diego.
Mentre guida ha lo sguardo fin troppo concentrato, le sopracciglia aggrottate e le labbra semi chiuse, su cui di tanto in tanto ci passa la lingua per inumidirle. Mi fa uno strano effetto.
Rimango lì incantata a fissarlo per un tempo indefinito, finché, probabilmente accorgendosene, gira la testa verso di me e mi mostra il suo luminoso sorriso.
Presa alla sprovvista sposto immediatamente lo sguardo verso il finestrino dell'auto e mi focalizzo sul paesaggio estivo;
Gente che passeggia col proprio cane, ragazzi e ragazze in costume che con borsoni e tavole da surf si dirigono verso la spiaggia ridendo e scherzando fra di loro e anziani seduti su panchine che si godono il sole. L'estate sembra rendere tutti più felici e spensierati.
Passano quelli che penso siano 10 minuti e la macchina imbocca in una stradina sterrata in mezzo ad un boschetto.
Mi giro verso di lui e lo guardo dubbiosa, mi sorride ancora. Mi assale l'ansia, non è che mi vuole uccidere? Infondo mi conosce, ma io non ricordo nulla di lui, potrebbe tranquillamente avermi mentito tutto questo tempo ed in realtà essere un maniaco omicida.
Vedendo la mia reazione si concede ad un risolino e scuote pacatamente la testa. Mi chiedo come sarebbe sentirlo ridere di gran gusto.
"Siamo arrivati Evie". La sua calda voce mi riporta alla realtà.
Davanti a noi si presenta un piccola casetta di legno, tutta contornata da fitti alberi. Sarebbe la location ideale per un omicidio, eppure mi trasmette uno strano senso di pace e protezione.
Scendo dalla macchina e mi dirigo verso l'ingresso, quasi automaticamente sfioro la porta con le dita. Il legno non è affatto consumato, potrebbe essere stata costruita da poco.
"Ti ricorda qualcosa?" chiede dietro di me.
Mi sforzo di ricordare, ho una sensazione così famigliare ma non mi torna a mente proprio niente. Piuttosto desolata scuoto la testa.
"Dai entriamo" mi dice con lo sguardo rivolto in basso. Mi sento quasi in colpa.
La piccola abitazione è molto graziosa; l'ingresso lascia subito spazio al salotto accompagnato dalla cucina. Al centro c'è un divano in pelle sommerso da cuscini di tutti i colori e davanti una TV munita di una decina di videogiochi. La cucina è di legno ad isola, non è troppo grande e nemmeno troppo piccola, direi che rispetta a pieno i miei gusti.
Mi sposto e mi dirigo verso le altre 2 stanze, la prima un bagno e la seconda una camera da letto abbastanza luminosa e perfettamente in ordine.
Ritorno verso il salotto e lo vedo seduto sul divano con la testa fra le mani. Mi avvicino sommessamente e gli appoggio timorosa una mano sulla spalla.
Si volta quasi stupito e noto subito che ha gli occhi umidi. L'ho fatto star male?
"Tutto okay?" gli chiedo preoccupata.
Annuisce, ma abbassa di nuovo lo sguardo.
Non sapendo come comportarmi rimango in piedi dondolandomi sui talloni. Non volevo ferirlo, ma non è colpa mia se non ricordo nulla, mi sono sforzata più volte, dovrebbe capirlo.
"Allora... Parliamo?" mi fissa.
Faccio un cenno, mi siedo vicino a lui sul divano e lo guardo. Gli sono cresciuti i capelli dalla prima, se così si può dire, volta che l'ho visto.
Quando mi sono risvegliata in ospedale ero parecchio impaurita, non riuscivo a ricordare il motivo per cui fossi finita lì. Un dottore mi disse che subii un severo trauma cranico a causa di una caduta facendo sport, ma che stavo bene e che era normale che non ricordassi l'accaduto.
Un sacco di persone erano presenti, riconobbi i miei genitori e alcuni miei amici, ma c'era un ragazzo che non riuscì ad inquadrare. Chiesi chi fosse, ma tutti pensarono che io stessi scherzando.
Lo chiesi ancora un paio di volte e i miei cominciarono a guardarmi impauriti.
"Sono James, Evie. Come fai a non ricordarti di me?" mi rispose il diretto interessato.
Niente, il vuoto totale.
Ben presto mi accorsi che non riuscivo a ricordare nemmeno cosa fosse successo nei giorni prima dell'incidente.
Amnesia retrograda, dissero i medici dopo ulteriori analisi. Avevo perso i ricordi di quasi tutto l'ultimo anno.
Ero spaventata, avevo paura di non poter più riacquistarli, ma fortunatamente mi dissero che molto probabilmente avrei recuperato tutti o gran parte dei ricordi.
Così ogni giorno la mia famiglia e i miei amici venivano a casa mia a raccontarmi episodi dell'ultimo anno o a portarmi oggetti nella speranza che io ricordi, e con loro c'era anche James.
Aspettava sempre che andassero via tutti per parlarmi.
Mi disse che ci siamo conosciuti in spiaggia, perché avevamo degli amici in comune, che gli sono sembrata sin da subito un po' misteriosa e che nei giorni seguenti non faceva altro che pensarmi.
Mi raccontò della nostra prima uscita, una semplice passeggiata per il parco, poi passò alla seconda, terza, decima uscita in cui ci fidanzammo ufficialmente fino a farmi perdere il conto.
Mi raccontò dei baci, degli abbracci, delle carezze e delle sensazioni che provavamo nel stare vicini.
Più volte tentai di ricordare, di recuperare almeno un minimo ricordo di lui, ma ogni mio tentativo si rivelava inutile. Ero arrivata al punto di chiedermi se tutto questo non fosse mai esistito e fossero tutte menzogne.
James giorno dopo giorno sorrideva sempre meno, percepivo dolore nel suo sguardo, eppure non si arrendeva mai, si presenteva sempre con nuove storie da raccontarmi.
E così dopo 2 lunghissime settimane acconsentii alla sua richiesta di seguirlo in un posto per ritrovarmi ora seduta davanti a lui aspettando di sentire una sua qualsiasi frase.
"Ho una cosa da mostrarti" mi dice con sguardo speranzoso.
Ha gli marroni, ma non di un scialbo marrone. Alla luce del sole si intravedono dei piccoli punti dorati. Quando mi guarda mi sento quasi avvampare.
"D'accordo" gli rispondo mordendomi un labbro dall'agitaziome.
Lo vedo alzarsi, andare in camera da letto per poi riapparire con dei fogli pinzati tra le mani.
"Questi sono tutti testi che ti ho scritto nell'arco di un anno". Me li allunga e io li prendo in fretta abbastanza curiosa.
Inizio a leggerli e mi accorgo subito che sono in rima. Più vado avanti e più mi perdo in quelle bellissime parole di passione e amore fino a commuovermi.
Alzo gli occhi, lo guardo e proprio in quel istante mi torna a mente la prima volta che ci vedemmo.
Balzo in piedi stupita e lui confuso fa lo stesso.
"Che succede?" e io non parlo.
"Evie, che succede?" e si avvicina.
Non rispondo e come per istinto mi fiondo sulle sue labbra.
Rimane interdetto per qualche secondo, ma poi si riprende in fretta e ricambia il bacio con foga.
Più le nostre lingue si intrecciano fra di loro e più mi riaffiorano a mente i momenti passati insieme.
Dopo interminabili minuti ci stacchiamo e lui appoggia la sua fronte alla mia guardandomi dritto negli occhi. Sembra di vederci doppio.
Gli prendo il viso tra le mani.
"Sei tu. Mi ricordo.".

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 28, 2019 ⏰

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