Capitolo 2.

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Mi accesi una sigaretta mentre camminavo a passo svelto verso la metropolitana e, nel frattempo, continuavo a pensare a quel maledetto sogno. Decisi infine di non darci troppo peso: in fondo era solo un sogno!

Arrivai alle scale che mi avrebbero portato al treno sotterraneo, così buttai la sigaretta ormai finita e iniziai a scendere le scale, ma la musica che stavo ascoltando dal mio cellulare si interruppe di colpo e la vibrazione si fece sentire nella tasca posteriore dei miei jeans.

Era un messaggio della mia migliore, nonché unica, amica.

"Non faccio in tempo a prendere la metro, ci vediamo in classe x

Jenna"

Salii sul treno e mi immersi nella lettura di un romanzo che avevo trovato in casa la sera prima, rischiando di perdere la mia fermata. Circa mezz'ora dopo arrivai a scuola.

Ovviamente il mio radar non mi abbandonava mai: mi bastò uno sguardo, lo vidi nel giro di pochi secondi.

Era sempre li al suo posto, sulla panchina alla destra della porta di ingresso della scuola con il suo gruppetti di amici. Non riuscivo a fare a meno di guardare i suoi occhi color miele, i suoi lineamenti perfetti, le sue braccia muscolose e le sue labbra.. dio le sue labbra.

-April, sono qui!

Quella voce squillante mi fece tornare in me. Mi voltai e vidi Jenna camminare con passo deciso verso di me. Era davvero bellissima: i suoi capelli biondi le ricadevano con dei boccoli enormi sulle spalle e mettevano in risalto la sua carnagione chiara e I suoi occhi color ghiaccio.

La abbracciai e, timidamente, le chiesi se potevamo aspettare qualche minuto per entrare nella struttura.

In tutta risposta ricevetti un pizzicotto sul braccio e un "non essere stupida, April. Se continui così non ti noterà mai!", detto con tono molto stizzito.

Con la testa bassa e le guance in fiamme gli passai davanti per entrare, ma, fortunatamente, credo, non mi degnò neanche di uno sguardo.

-Visto? Ammiccò Jen,-non è stato poi così difficile!

Le sorrisi e ci dirigemmo verso la nostra classe, ma, quando arrivammo, i nostri compagni ci diedero una notizia che non sapevo se classificarla bella, brutta o catastrofica.

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