2. Eterna Oscurità

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Vetrate rosse, sguardi persi nel vuoto, ansimanti anime eterne.

Ecco cosa vedo ogni giorno. Dalla mia stanza controllo il passaggio di ogni anima, che si fa spazio tra le altre. Mi presentano il figlio migliore.

Donne anziane, mature e donne giovani si sono impegnate affinché diano alla luce il mio "figlio perfetto". Anime che io stesso ho messo incinte.

Voglio che mi diano un figlio perfetto. Voglio che mi ridiano quel pezzo di vita che mi è stato strappato.

Sono stato crudele, lo ammetto. Ho ucciso con le mie mani i figli che ritenevo "imperfetti". Li vedevo nel grembo delle loro madri, vedevo i loro dispetti, i loro calci, il loro cercar di uscire da quella gabbia di pelle cadaverica.

Mi sono impegnato ogni giorno, alla ricerca di un figlio che potesse essere degno del mio nome. Un figlio che potesse sollevare con facilitá il peso di essere un mezzo sangue.

Un semidio che rappresentasse la mia immensità di potere nel mondo greco e di certo in tutto il mondo. Ma fino ad ora non è andato nulla secondo i miei piani. Mi sono chiesto se tutta questa attesa fosse dipesa dal fatto che avessi portato troppe anime ingenue al limite. La risposta era ovvia, quasi senza bisogno di pormi la domanda. Si presentava nella mia testa, respirava le mie paure e si nutriva delle incertezze.
Gli dei non percepiscono nessuna emozione se non quella che sono destinati a provare per l'eternità, ma ho sentito voci. Mille voci diverse, umane ed emotive che costruivano le emozioni di noi dei. Su di me molte di quelle erano voci di paura, di sconforto e sfortuna. La morte, un punto di non ritorno, puniti da Cerbero e spaventati dagli occhi serpeggianti di Ade.

Vedevo nelle loro parole la veritá a cui ero destinato a diventare. Un uomo senza cuore, freddo come la neve d'inverno e crudele.
Io toglievo la vita e non potevo riportarla al mondo. Ecco cos'ero.

Ecco cosa sono.

Ogni giorno uccido nel grembo di queste donne un feto concepito per sbaglio. Li schiaccio, apro le pance e sgozzo i piccoli e viscidi colli dei miei figli. Che crudele. Che cattivo. Sono ingiustamente arrabbiato con quei piccoli tesori dell'oltretomba.

Ma li uccido come hanno ucciso me. Portandomi via quel tesoro dalla leggera peluria, i pochi capelli rossi sulla testina e quel pianto angelico che solo lei sapeva fare.

Tuttavia, Medusa mi chiama dalla stanza accanto alla mia. Strilla a più non posso e io non posso evitare di andare a vedere il motivo della sua agitazione. Entro senza bussare, nell'aria il fresco profumo di incenso mi impregna le narici.

La vedo camminare indietro ed avanti, i serpenti sulla sua testa fluttuano agitati nell'aria. Sento che dovrei allontanarmi ma non lo faccio, resto a fissarla in tutta la sua disperazione ingiustificata.

"Hai finito?"chiedo ad un certo punto. Lei si gira, i suoi occhi sono coperti da dei costosissimi occhiali giganti.

"È nato, Ade! È qui!" I miei occhi s'increspano, lasciando una stretta fessura. Sono quasi certo di aver sentito una cavolata.

"Te lo giuro. È qui!" Fa una pausa poi sospira e continua. "Porta rossa, 165A/B, è un maschio. Il sangue è di una donna. Una dea venuta qui per caso. Mi dicono che tu l'abbia scambiata come anima. Ora è svenuta." Il mio cuore cede un battito.

Se Medusa ha sentito la sua presenza vuol dir che è così. Non m'importa di chi sia. Voglio il sangue ancestrale degli dei su di lui. Ancora meglio se quella donna di cui parla Medusa è una dea. Riuscirò a riavere la vendetta che cercavo.

Mi è giunta voce che la troia sia arrivata sulla terra dal 2017, ovvero qualche anno fa e addestrerò mio figlio affinché me la porti. Già me la immagino: gli occhi scavati dalla disperazione mentre piange sangue dagli occhi, sfregiata in volto... ma la voglio viva. Voglio il privilegio della sua morte solo per me. Voglio strapparla via dalle sue radici come lei mi ha strappato via mia figlia. La mia "perfezione" e ciò che ritenevo tale.

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