I suoi occhi contro i miei

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I suoi occhi contro i miei, come se un sipario si fosse alzato in quell'istante tra di noi. Il suo sguardo era deciso, sicuro, mentre il mio sconcertato e dopo neanche un secondo divenne di terrore. Il tempo di fissarci, chiedermi chi fosse, mentre lui sembrava di conoscermi già, e molto bene. Quale caso della vita ci aveva messo sulla stessa strada, sullo stesso destino e nello stesso attimo. I capelli lunghi gli avvolgevano il viso, lasciando gli occhi quasi completamente liberi; gli si agitavano sopra la bocca ed il naso, sbattendo su quel viso squadrato, su quella mascella enorme, di un uomo duro e vissuto.

Quella mattina mi svegliai di soprassalto, balzai seduto nel letto che non erano neanche le sei del mattino; avevo dormito pesantemente, senza sognare nulla. La sera prima una lunga camomilla mi aveva fatto mollare completamente tutti i nervi del corpo, meglio di qualsiasi medicinale. La luce estiva cercava con forza di entrare dalle fessure della finestra, ed un caldo torrido ed afoso aveva aiutato sicuramente il mio risveglio. Il ventilatore sopra la mia testa faticava immensamente, il suo lavoro era quasi inutile; la camera da letto esposta al sole sin dall'alba era diventata bollente e insopportabile. Dopo il sussulto iniziale, come fossi risorto da un letargo, mi abbandonai nuovamente mettendo il cuscino un po' ricurvo e sollevato dietro alle spalle, così da tenermi leggermente alzato. Avevo dormito a petto nudo come ogni estate, anche se preferivo lasciare il piumino come se fosse inverno; finendo per non usarlo mai. Era una strana forma di protezione quella, il suo volume, il suo peso mi davano riparo; anche soltanto vederlo lì mi dava conforto, sentirlo e poi alla fine neanche usarlo mi rendeva immensamente sereno. La sveglia sarebbe suonata di lì a poco, in realtà l'avevo anticipata soltanto di qualche minuto. Fissavo le pale del ventilatore al soffitto che giravano sopra la mia testa, quasi mi avessero ipnotizzato. Avevano un ruotare lento e sistematico, continuo; ad ogni giro tagliavano quei perfidi raggi di sole che tentavano di entrare nella camera dalla finestra, sempre più curvi e densi nella luce. L'aria era diventata insopportabile, un caldo infernale, così decisi di alzarmi.

Scesi dal letto e andai in bagno, e dritto mi infilai nella doccia. Girai la manovella tutta sul freddo senza esitazione ed il primo e violento getto ghiacciato piombò sulla mia testa come una spada. Pochi secondi dopo ed ero immerso in quell'acqua fredda che grondava, secca come la volevo e l'avevo desiderata. Scivolava sulla fronte e giù per il naso e poi in bocca; la tenevo aperta fino a che non era stracolma per poi sputarla fuori, con forza, contro il vetro della doccia di fronte a me. Il mio pene, indurito al risveglio come ogni mattino, era diventato piccolo, rinsecchito come le sue palle sottostanti. Quell'acqua ghiacciata aveva intorpidito tutto. In sottofondo sentii il telefono squillare più volte, ripetutamente; ero in uno stato di totale grazia che non ebbi la benché minima idea di uscire per andare a vedere chi maledettamente fosse, che rompeva in maniera così ripetitiva e incessante. Trascorsero i minuti, chissà forse quasi un'ora, sotto quella cascata ghiacciata, dirompente e anche i miei pensieri sembravano si fossero congelati. Non avevo più idea di cosa stessi pensando. Tutto era fermo. Chiusi il rubinetto e aspettai qualche secondo. Il rumore dell'acqua continuava a sentirsi, ma era più leggero e fioco, era quella poca ancora rimasta sul mio corpo, che scendeva via.

Aprii la porta e uscii fuori dal box, afferrai l'accappatoio che di solito metto sul lavandino davanti e lo infilai legandolo in vita. Terminata una veloce strizzata ai capelli con il cappuccio, apparse il mio volto dentro allo specchio. Ora ero fisso lì davanti e mi guardavo, mi osservavo immobile. Chi era in realtà quell'uomo là dentro? Provai ad immaginare come se lo stessi incontrando per la prima volta, magari in strada. Ad ipotizzare la sensazione e le emozioni che avessi provato nel caso in cui lo avessi incontrato nella realtà, quello sconosciuto. Più trascorrevano i minuti e più quell'esercizio mi metteva di fronte a difetti e non a pregi; forse era solo un momento della mia vita o forse la mia solita e piena autostima e convinzione di me, per una volta vacillava. Si, forse tutta quella autostima mi aveva drogato. Invece guardandomi li dentro, come se guardassi uno sconosciuto da una finestra, ne vedevo una persona diversa, peggiore, di cui criticare e starne alla larga. Cosa mi stava accadendo e perché. In realtà non mi piacevo affatto, neanche fisicamente. Eppure quando camminavo tra la gente mi sentivo bellissimo, piacevole, mentre quell'uomo dentro lo specchio, dopo quella lunga doccia ghiacciata, era pieno di brutture e difetti. Cosa è in grado di creare la mente per sopravvivere; è lei che guida, che conduce. E se poi invece guardi la realtà, tutto sembra diverso. Forse la realtà rischia di frenare l'impeto della mente, che invece vede ciò che vuole vedere, sapere ciò che ama sentire e conoscere. E molte volte è anche in grado di cambiarla, quella maledetta realtà.

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