Stella

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Stella aprì gli occhi nella penombra delle pesanti tende di velluto, calda e accoccolata tra le coperte del lettone orgy size, e subito li richiuse per trattenere i resti del sogno.

Si accarezzò lievemente il collo e si stiracchiò tra i cuscini, con un mugolio felino allo scrocchiare dei muscoli che le riportarono alla mente le attività serali in virtù delle quali si sentiva pervasa da un senso di piacevole benessere.

Automaticamente allungò una mano all'altro lato del letto, e l'attimo di terrore al trovare solo cuscini accanto a sé spazzò via gli ultimi residui di oblio: ormai sveglia, Stella si rassegnò ad alzarsi per iniziare la giornata, quando uno scoppio di risa attutite, subito silenziate da un comando secco, le ricordò il clangore improvviso che l'aveva strappata al sonno del giusto, e le riportò il sorriso sulle labbra. I suoi ragazzi dovevano avere in programma qualche sorpresa, o qualche disastro...

I suoi ragazzi. Ancora le faceva strano pensare in questi termini alla relazione che aveva costruito, ma hey! ormai erano sette mesi, e, facendo gli scongiuri, il difficile periodo di assestamento iniziale pieno di liti drammatiche, piatti lanciati e fughe sembrava al termine. Per lo meno nessuno aveva mai detto "Fuck this shit I'm out", e Stella sentiva che tutti loro volevano davvero considerarsi una famiglia.

O almeno uno strano mostro di Frankenstein del quale Gabriel era il cervello, Adam le braccia, Daryl il fegato, Nicolae la spina dorsale, e lei stessa il cuore.

Erano più di due anni da quando Stella aveva lasciato i grattacieli di Manhattan per Mystery Spell, decisa a cambiare vita e ad allontanarsi il più possibile, fisicamente e mentalmente, dalla Carter Corp. Ne aveva piene le scatole dello stress, del traffico, degli orari da gold farmer coreano, persino dei taxi.

Ma soprattutto non sopportava più il clima di tensione venutosi a creare nel luogo di lavoro. Oddio, che eufemismo... l'ufficio era diventato un campo di battaglia sul quale Stella era contesa come un ambito trofeo. O forse come un osso, almeno, così si era sentita nell'assistere impotente alle liti quotidiane dei suoi ex, perché questo al tempo erano, per riconquistare le sue attenzioni.

Gabriel era stato il primo, il più intenso, il click di due metà ineluttabili che s'incastrano in modo perfetto: un capo brillante e inarrestabile quanto segretamente timoroso di cadere dal piedistallo, le cui insicurezze sfociavano troppo spesso nei deliri autocratici e noncuranti che avevano sgualcito i delicati petali di una relazione ancora in boccio, lasciando solo un infinito rimpianto.

D'altro canto, Gabriel era effettivamente il loro capo, e, per quanto le sue reazioni non fossero state sempre impeccabili, il modo in cui Matt lo provocava di continuo, per scaricargli la colpa del suo non-lieto fine, era intollerabile sul piano personale e professionale.

Per inopportuna disgrazia, il problema principale di Matt era appunto la gelosia, che aveva trasformato l'amico affidabile e sempre capace di rasserenarla, in un paranoico arrabbiato con il brutto vizio di sparire in mezzo a ogni dialogo. Stella si era fidata di lui, aveva rispettato i suoi spazi, si era innamorata anche dei suoi segreti e della sua imprevista vulnerabilità, e per un po' era stata davvero felice, prima che i crescenti sospetti di lui erodessero il suo senso di sicurezza.

Dubbi per lo più assurdi: Adam aveva un bel fisico, per carità, e surfare con lui era stato esaltante, ma aveva il cervello di un salmone sotto acidi, e una lunga strada davanti a sé per dimenticare il suo angelo nero; Colin... anche volendo trascurare tutti i campanelli d'allarme psycho che le faceva scattare, era piuttosto lei ad avere il diritto di essere perplessa del suo "rapporto" di "amicizia" con Matt stesso: arrossire e balbettare qualche scusa bugiarda non gli avevano impedito di scappare anche da quella conversazione, né di tornare poi alla carica accusandola di avere una relazione troppo intima con Lisa. Santo cielo!

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